BERGSOE, Jorgen Vilhelm
Poeta danese, nato a Copenaghen l'8 febbraio 1835. Incominciò come studioso di scienze naturali, specialmente d'entomologia; ma un mal d'occhi, che per un certo tempo parve minacciarlo di cecità, gl'impedì di continuare. Invece, al ritorno da un lungo viaggio di riposo e di svago in Italia, a Roma, a Napoli, in Sicilia (1861-63), si rivelò improvvisamente poeta. Nel romanzo Fra Piazza del Popolo, Livsbillede samlede i Rom (Da Piazza del Popolo, scene di vita romana, 1866), la sua arte si presenta già infatti con i suoi caratteri definitivi: molte cose vi appaiono oggi invecchiate: le avventure di banditi nella campagna romana indulgono a un convenzionale amor del pittoresco, e anche nell'insieme si sente quell'unione d'ispirazione romantica e di gusto formale accademico, che è propria delle oleografie dell'epoca; ma le scene di vita popolare, più ancora, le scene di vita degli artisti stranieri a Roma sono fresche e vive; la descrizione del colera del 1863 è potente; e sempre il racconto fluisce con schietta vena, con quella "Lust zu fabulieren" che è il segno vero del poeta narrativo. E tale la sua arte è rimasta anche in seguito, perché non aveva slancio per rinnovarsi. Nell'aderenza al gusto del tempo il B. trovò infatti, simile in questo a Paul Heyse, la sua spontaneità e il suo limite. I titoli stessi delle sue opere sembrano trasportarci indietro di tre quarti di secolo: Fra de gamle Fabrik (Dalla vecchia fabbrica, 1869), I Sabbiner Bjergene (Nelle montagne della Sabina, 1871), Bruden fra Rørvig (La sposa di Rorvig, 1871), Gjengangerfortellinger (Racconti di spettri, 1871), Italienske Noveller (Novelle italiane, 1874), I Skumringen (Nel crepuscolo, 1876), Hvem var han (Chi egli era, 1878), Fra gamle Dage (Da antichi tempi, 1885), Fra sollyse Strande (Dai paesi del sole, 1886). Ed ecco anche i titoli delle raccolte di liriche: Hiemve (Nostalgie, 1872), Blomstervignetter (Vignette floreali, 1873). È il buon vecchio tempo, prima che giungessero i furori di realtà del verismo e le voluttuose raffinatezze dell'estetismo, quando il poeta era un uomo di romantici sentimenti, ma anche un uomo di garbo, e se non disdegnava qualche storia di spettri e qualche brivido alla Radclife o alla Hoffmann, amava soprattutto ciò che è suggestivo e mette in dolce moto l'immaginazione e il cuore e piace all'occhio e fa sognare.
Spesso il soggetto è romano; e la Roma, che sempre vi compare come la grande incantatrice, è quella del Caffè greco, della passeggiata al Corso, degli studî d'artisti intorno a piazza di Spagna, delle modelle a via Sistina e a Trinità dei Monti, o è quella del popolino festaiolo e chiassoso, delle trasteverine innamorate, delle gioconde ottobrate fuori porta, del dolce vivere e del dolce far nulla, con il fasto della corte papale nello sfondo: la Roma di Pio IX: quella che piaceva tanto a Ibsen, il quale, quando la nuova Italia vi giunse, corrucciatamente ne emigrò: quella che il B. rievocò anche in un ampio saggio storico: Rom under Pius den niende, Skizzer og Skildringer (Roma sotto Pio IX, Schizzi e descrizioni, 1877), ricco di aneddoti e di particolari curiosi che, se non colgono la sostanza profonda della vita, tuttavia ne rendono bene, con pittoresca leggerezza di colori, l'atmosfera.
Né è diversa la poesia di argomento danese: muta la materia: alle calde luci del Sud si sostituiscono i verdi paesaggi del Nord; all'idillio del popolino sempre in strada succede l'idillio della piccola gente affaccendata nelle quiete case severe: ai soleggiati "studî" di via Margutta succede la vecchia fabbrica di porcellana dove il padre del B. era stato direttore e il B. passò la sua infanzia; ma la poesia che ne nasce, porta sempre l'impronta dello stesso "sensibile e tenero cuore": è sempre "graziosa vignetta in gusto tardo romantico".
Si comprende perciò come, quando i tempi mutarono anche in Danimarca, non solo il B. non li potesse seguire, ma vi dovesse guardare come a un'incomprensibile follia. Contro di essi lanciò infatti indignato il suo "dramma moderno" Sandhedens Mand (L'uomo della verità, 1894), in cui la vendetta della Nemesi raggiunge gli "uomini nuovi" non più soltanto sotto forma di "assalti di banditi", ma anche, modernamente, di disastri ferroviari; e rincalzò più tardi, ancora, la sua polemica con il romanzo Falsk Mønteren (Il falso monetario, 1900).
Però gli uomini che hanno un loro proprio, sia pur modesto, mondo interiore, hanno anche sempre un loro rifugio di salvezza, che nessun mutare di tempi può far precipitare; e il B., ritrattosi in sé, trovò nel riandare i giorni lontani della giovinezza la sua pace, e, insieme, nuovamente la fresca vena della sua semplice poesia. I tre volumi di memorie: De forbistrede Drenge (I ragazzi amareggiati 1898), Krigen og Koleraen (La guerra e il colera, 1900), Studenterleben og Studieliv (Vita di studente e vita di studio, 1903) contengono pagine colorite e commosse che sembrano dire alla nuova gioventù: "Quella, sì, era giovinezza davvero!". E anche i volumi che seguirono: Eventyr i Utlandet (Avventura all'estero, 1905), Under Palmer og Pinier (Sotto le palme e i pini, 1905), Ibsen paa Ischia; Fra Piazza del Popolo, Erindringer fra Aarene 1863-68 (Ibsen a Ischia; Da Piazza del Popolo, Ricordi degli anni 1863-69,1907) hanno lo stesso tono: nella tenue e velata malinconia del ricordo, il passato sembra acquistare, risorgendo, una dolcezza nuova.
Il B. trascorse così, sereni, gli ultimi anni, tornando anche ai suoi studî di scienze naturali (fin dal 1881 li aveva ripresi in Fra Mark og Skov, Dai campi e dai boschi, 2ª ed., 1917). E serenamente si spense, a settantasei anni, il 26 giugno 1911.
Bibl.: Manca ancora una monografia esauriente: cfr. gli studi cit. in V. Andersen, Dansk Litteraturhistorie, Copenaghen 1924-28.