VONDEL, Joost van den
Poeta olandese, nato a Colonia da Joost V. e Sara Kranen il 17 novembre 1587, morto ad Amsterdam il 5 febbraio del 1679. Di famiglia originaria di Anversa, il Vondel, che trascorse quasi tutta la sua vita ad Amsterdam, può essere considerato come il maggiore poeta dei Paesi Bassi. La visione della vita che ferveva in Amsterdam, questa città liberale in cui il governo apriva le porte a tutti i profughi di qualsiasi nazionalità, religione, professione essi fossero, e dove V. giunse con i genitori dopo lungo peregrinare per varie città della Germania, contribuì alla sua formazione spirituale più che la scuola, che frequentò solo per un tempo brevissimo ad Utrecht (v. anche i ricordi della giovinezza nelle liriche Lof der zeevaert, 1622; De zeetriomf der Vrye Nederlanden, 1613 ecc.).
E in mezzo all'animazione della città fiorente di commerci si svolse anche la sua vita, da quando la madre lo associò giovanissimo all'esercizio di un negozio di seterie che il padre aveva avviato e che egli continuò più tardi alla morte della madre, validamente coadiuvato dalla moglie, Maaiken van der Wolff, sposata nel 1610. Ma al medesimo tempo, con la profonda serietà che V. poneva in qualsiasi cosa, non cessò di occuparsi della sua arte, non solo scrivendo poesie d'occasione, ma studiando pure con passione prima i francesi, specialmente G. du Bartas, e più tardi i classici latini, soprattutto Virgilio e Seneca.
Solo lentamente il V. venne invece mescolando la sua voce al clamore delle polemiche fra calvinisti, riformisti e cattolici che agitavano la città: per deciderlo bisognò che egli vedesse coinvolti i suoi migliori amici, minacciati nella libertà delle loro coscienze. Per la prima volta nella tragedia Palamedes (1625) la sua poesia è anche una battaglia politica: sotto le spoglie di personaggi greci sono raffigurati i protagonisti del grande recente dramma politico, che aveva condotto al patibolo l'avversario dello statolder Maurizio, il noto statista e influente consigliere giuridico degli Stati d'Olanda, J. van Oldenbarnevelt. Il V. fu condannato, ma la condanna e la multa anziché scoraggiarlo, gli diedero la consapevolezza di quel che potesse la sua arte nel risvegliare le coscienze; e da questo momento in poi la sua opera è soltanto comprensibile inquadrata nella storia del suo tempo. Entrato nella lotta contro riformisti e calvinisti in nome di quella libertà i cui fecondi effetti sullo sviluppo della vita intellettuale ed economica della città gli apparivano manifesti, non se ne ritirò più e dominò il suo tempo con la veemenza delle sue satire prima (Roskam, Harpoen, ecc.) e più tardi, dopo la sua conversione, con la passione ardente delle sue grandi liriche religiose (Altaergeheimenisse; Heerlyckheidt der Kerck, 1663, ecc.).
Da questa stessa epoca, a quarant'anni, ha anche in realtà inizio la sua vera maturità poetica. La comunanza con uomini quali il grande giurista Grotius, il poeta Vossius, lo storico Barleus; lo studio appassionato dei classici (Virgilio e Seneca prima, Eschilo e Sofocle poi) e della grande poesia italiana (appartiene a questi anni la sua traduzione in versi della Gerusalemme Liberata); la morte del fratello minore Willem (1628) che in seguito ad un suo viaggio in Italia lo aveva stimolato nello studio dell'italiano, di due figlioli (1632-33) e della moglie (1635) teneramente amata; tutto contribuì a maturare e approfondire in lui al medesimo tempo la coscienza dell'uomo e la forza d'intuito del poeta.
Il Gysbrecht van Aemstel rappresentato la prima volta la notte di Natale del 1637, in occasione dell'inaugurazione del nuovo Teatro dell'Accademia - data che segna in certo senso l'inizio del teatro nazionale olandese - non è più difatti, come il Palamedes, l'esplosione polemica di un'anima esasperata dalla passione di parte: l'ispirazione del Gysbrecht è invece l'amore di Vondel per la sua città adottiva, unito ad una profonda comprensione di tutti i valori schiettamente umani.
Nel Gysbrecht, come nell'altra tragedia Maeghden (1639), che narra la leggenda di S. Orsola e delle undicimila martiri di Colonia, si riscontrano anche le tappe del suo lento ritorno alla religione cattolica. Già qualche anno prima egli aveva meditato lungamente di scrivere un poema epico su Costantino, attratto dalla poesia della prima società cristiana. Spirito dogmatico, profondamente attaccato a tutto quanto è regola e tradizione, si sentiva respinto dalle continue lotte fra gomeriani ed arminiani, non meno che dalla fredda e rigida dottrina calvinista. Né più vicino al suo spirito era lo stoicismo dei suoi amici umanisti, che non solo non poteva dare sicura risposta alle sue angosciose incertezze, né consolazione alla perdita dei suoi cari, ma era anche troppo freddo per la sua natura appassionata e sensuale, facile a essere travolta e perciò tanto più bisognosa di un'autorità e di una regola cui appoggiarsi. Tuttavia la conversione fu lenta, poiché V. non era l'uomo che potesse rinnegare d'un tratto ciò in cui aveva fervidamente creduto e per cui, durante il suo diaconato nella chiesa degli anabattisti, aveva un tempo apertamente lottato con satire e canzoni (Antidotum tegen 't vergift der Geest-dryvers, 1626; Decretum horribile, 1631; Harpoen); solo col novembre 1641 la conversione fu un fatto compiuto. Ma anche il poeta vi trovò il suo rinnovamento. E Peter en Pauwels (1641) è appunto il dramma della sua conversione nel quale egli riprende - sullo sfondo di Roma questa volta - il motivo della glorificazione del martirio, ormai da tempo dominante nel suo spirito.
Gli studî teologici e la traduzione delle opere complete di Virgilio (prima in prosa, Publius Vergilius Maroos Wercken, 1646; poi in versi alessandrini, P. Vergilius Maroos Wercken in Nederduitschdicht vertaald, 1660) occuparono V. negli anni che seguirono; e precisamente la loro simultaneità è per V. significativa. Poíché V., considerando tutta la storia umana come l'allegoria di una vita superiore e l'epoca pagana come una preparazione al cristianesimo, riuscì a conciliare nel proprio spirito la sua ammirazione intellettuale per l'antichità con la sua fede religiosa e il suo mistico amore per la madre di Dio, e la consapevolezza della nullità delle cose terrene con la sua gioia di vivere e con l'adorazione della bellezza proprie dell'uomo del Rinascimento: l'uno e l'altro aspetto dell'animo di V. trovarono difatti ugualmente la loro espressione nella tragedia Maria Stuart (1646), violento attacco ai puritani, che sacrificavano la gioia e la bellezza della vita impersonate nella sventurata regina.
Dello stesso anno è inoltre non solo il dramma pastorale De Leeuwendalers rappresentato nel 1648 a festeggiare la pace di Vestfalia, ma anche la nuova grande tragedia Salomon dove, intorno alla caduta del grande sovrano, si affacciano molti fra i motivi della sua più grande poesia. Anche il saggio Aenleidinghe ter Nederduitsche Dichtkunste (1650), fu di un'importanza straordinaria per lo sviluppo della letteratura olandese. Nell'ottobre del 1653 V., in occasione delle feste di S. Luca, venne pubblicamente incoronato poeta. Tale tributo dell'ammirazione e dell'amicizia dovette essergli di non poco conforto in un'epoca della sua vita che fu piena di dolori, sia per le continue perdite dei suoi cari sia per la dissipazione del figlio Joost Jr., che finì col trascinare la famiglia al fallimento (1656). Il V. fu costretto allora a impiegarsi (1658) al Banco dei pegni, con uno stipendio di 650 fiorini annui; tuttavia bisogna ammettere che il suo impiego non gli desse troppe cure, se proprio gli anni dal '58 in poi continuarono ad essere fra i più produttivi della sua vita.
Sognando un nuovo cristianesimo universale, senza lotte e senza opposizioni, il V. creò allora una serie di grandi figure, intorno al motivo della fatalità della perdizione quando l'uomo si allontana da Dio. Già in Salomon (1648) il re caduto nei lacci della bellezza di Sidonia, si era perduto allontanandosi dalla religione degli avi; così Salmoneus (1657) anch'egli traviato da una donna, è indotto a deificarsi pazzescamente fino a ritenersi superiore allo stesso Giove; e Jephta (1659), pieno di fervore religioso, pone la propria coscienza sopra l'autorità del supremo sacerdote, e giunge così a uccidere miseramente la propria figlia. Analogamente Fetonte (Faeton, 1663), volendo condurre il carro del Sole, paga duramente la sua superbia e temerarietà. E Adamo ed Eva (Adam in Ballingschap, 1664, che per alcuni è il capolavoro di V., ed è realmente ricco di pagine di delicata poesia), non sapendo vivere nella purezza del favore divino si lasciano sedurre dal tentatore distruggendo con un atto della loro volontà la beatitudine del paradiso; i Giganti in Noah, of de Ondergang der Eerste Weerelt (1670), vivendo egoisticamente di piaceri e di lusso, incuranti nel loro freddo razionalismo delle ammonizioni e predizioni di Noè, sono sommersi dal diluvio.
Ma la creazione poetica più grande è il Lucifer, rappresentato la prima volta ad Amsterdam il 2 febbraio 1654, e poi proibito per le opposizioni dei puritani. La caduta degli angeli, la caduta del primo uomo e la redenzione dell'umanità per mezzo del Figlio di Dio, costituiscono il tema di questo dramma universale, che per la grandiosità della concezione, l'evidenza delle singole figure - specialmente di quella titanica e tragica di Lucifero - e per l'elevatezza, forza e armonia dell'espressione è forse l'opera maggiore della letteratura olandese. Mentre nelle precedenti opere i personaggi erano statici e le vicende scarsamente drammatiche, perché il V. vi si atteneva scrupolosamente ai dati tradizionali, noti sin dall'inizio a lettori e spettatori, questa volta il genio del poeta si libera totalmente creando un'opera piena di continua alta tensione drammatica.
Dopo avere rasentato ancora una volta con l'Adam in Ballingschap le altezze del Lucifer, e avere dato nel Noah la sua ultima tragedia - per non parlare del Joannes Boetghezant (1662), poema epico religioso, che risente di Virgilio, e in cui un centinaio di versi descriventi l'inferno testimoniano della conoscenza che V. aveva dell'opera dantesca - egli vivrà ancora diversi anni sempre più solo, dopoché uno dopo l'altro gli muoiono altri due nipoti e infine (1675) l'unica figlia Anna; poetando ancora di quando in quando, e sempre più di rado, e infine solo ancora leggendo e conversando con qualche superstite amico, in attesa della fine che lo raggiunse ad Amsterdam in età di 92 anni.
Ancora oggi regolarmente ogni anno la notte di S. Silvestro si dà in Amsterdam la rappresentazione del Gysbrecht van Aemstel, testimonianza della non estinta ammirazione degli Olandesi verso il loro grande poeta.
Ediz.: Prima edizione critica delle opere è quella di J. van Lennep, Amsterdam 1850-69, riedita da J. H. W. Unger, Leida 1888-93. Le più recenti sono: De werken van V. Volledige geillustreerde tekstuitgave, a cura di un comitato di filologi, voll. 10, Amsterdam 1927-37 (fondamentale); H. C. Diferee, De volledige werken van J. v. d. Vondel, voll. 7, Zeist 1928 segg..
Bibl.: Biografie: G. Brandt, Leven van V., Amsterdam 1682 (riedito da Hoeksma, ivi 1905); Baumgartner, J. v. d. V., sein Leben u. seine Werke, Friburgo 1882; G. Kalff, V. leven, Haarlem 1896; 3ª ed., 1915; P. Leendertz Jr., Het leven van V., Amsterdam 1910; J. F. M. Sterck, Het leven van J. v. d. V., Haarlem 1926; A. J. Barnouw, V. (in inglese, New York 1925; in olandese, Haarlem 1926).
Fra gli studî speciali, v. anzitutto le pubblicazioni di J. F. M. Sterck, cioè oltre alla già citata biografia, Oorkonden over V. en zyn kring, Bussum 1918; Hoofdstukken over V. en zyn kring, Amsterdam 1923; Rondom V., ivi 1927; Oud en nieuw over J. v. d. V., ivi-Mechelen 1932; V. brieven, Amsterdam 1935. Inoltre: J. J. Moolhuizen, V. Lucifer en Miltons Verloren Paradys, Utrecht 1895; G. Edmundson, Milton and V., Londra 1885; A. Hendriks, J. v. d. V. en G. de Saluste Sr. du Bartas, Leida 1892; A. Beekman, Influence de du Bartas sur la littérature néerlandaise, Poitiers 1912; C. Looten, Étude littéraire sur le poèt néerlandais V., Lilla 1889; A. Verewey, Een Inleiding tot V., Amsterdam 1892; G. Brom, V.s Bekering, Utrecht 1907; H. C. Diferee, V.s Leven en Kunstontwikkeling, Amsterdam 1912. É dedicata inoltre al poeta una rivista speciale, Vondel-Kronick, che esce sotto la direzione del Molkenboer presso la Wereldbibliothek, Amsterdam 1930 segg., ed esiste infine ad Amsterdam un museo dedicato al poeta, curato dalla Associazione Vondel Museum che pubblica ogni anno un rendiconto (il 1° è del 1902-03).