BERZELIUS, Jöns Jacob
Chimico, nato il 20 agosto 1779 in Väversunda presso Linköping nella Östergötland (Svezia), dove suo padre, un pastore protestante, era supremus collega scholae. Rimasto ben presto orfano di padre (1783), dovette lottare con la mancanza di mezzi pecuniarî e l'incomprensione di molti suoi maestri. Dovette così rinunziare per il momento alla chimica, per la quale aveva già una grande passione, per dedicarsi alla medicina, che esercitò per qualche tempo. Nel 1802 fu nominato assistente del prof. Sparman, e nel 1806, alla morte di questo, ebbe il titolo di professore aggiunto all'università di Stoccolma, insegnando medicina, botanica e farmacia. In tal modo le sue condizioni finanziarie migliorarono, mentre acquistavano fama i suoi lavori; nel 1807 divenne titolare della cattedra che occupava, nel 1808 membro dell'Accademia delle scienze di Stoccolma, e poi (1810) presidente di essa e (1818) segretario perpetuo con uno stipendio fisso. Nel 1815 ebbe la cattedra di chimica nel nuovo istituto chirurgico-medico. Venne elevato al grado di nobiltà, e più tardi ebbe il titolo di barone. Ritiratosi nel 1832 dall'insegnamento, si dedicò completamente ai suoi studî. Morì a Stoccolma il 7 agosto 1848.
B., oltre a essere un chimico di valore eccezionale e di una grandissima abilità, dedicò la sua attività al problema centrale della chimica di allora, legando così strettamente il suo nome alla storia di questa scienza per quasi un quarantennio. Inoltre con i suoi Jahresberichte divenne l'osservatore e il critico di tutto il complesso delle scienze chimiche a lui contemporanee.
Il primo lavoro di B., del 1800, è un'analisi di acque. Ma subito dopo egli si occupò dell'azione chimica della corrente elettrica, che da pochissimo tempo era stata scoperta dal Volta. Fra i suoi lavori è da citarsi in prima linea quello fatto insieme con Hittorf e pubblicato come Expériences galvaniques (1802-3), dove per la prima volta è dimostrato come gli acidi e le basi si separano rispettivamente al polo positivo e a quello negativo. Questi lavori lo condussero a stabilire la sua teoria elettrochimica, sorta, presso a poco nella stessa epoca dell'altra dovuta a Davy; le due teorie sono però indipendenti l'una dall'altra, e differiscono anche notevolmente fra loro. Le cariche elettriche che aderiscono ai varî elementi, concepiti come portatori delle due elettricità opposte, ma in grado diverso e particolare per ciascuno, sono, secondo B., quelle che determinano il loro carattere relativamente all'affinità che essi presentano fra loro, e li distinguono anche in elettropositivi ed elettronegativi. I gruppi di elementi, poi, presentano una carica dipendente dalla somma algebrica degli elementi che li formano, e vengono così anche ad avere un loro carattere specifico che ne determina le reazioni. Questa è la base della teoria dualistica di B., che sarà da lui ampiamente sviluppata, e che fu emessa la prima volta nel 1806-7.
B. era un analista abilissimo. Già nel 1803 aveva scoperto il cerio, e a questa scoperta seguirono più tardi quella di molti altri elementi come il bario, il calcio e lo stronzio, scoperti contemporaneamente (1808) a Davy, e inoltre la litina (1817), il selenio (1817), il silicio (1824), lo zirconio (1824), il tantalio (1825), il torio e il vanadio (1830). Questa sua qualità, che si manifestava in maniera molteplice, la teoria elettrochimica che egli aveva stabilita, e quella che quasi contemporaneamente aveva proposto Humphry Davy, la conoscenza e lo studio che egli aveva fatto della teoria degli equivalenti di Richter, e, più tardi, quella delle leggi di Dalton (proporzioni costanti e multiple) e la teoria atomica con esse connesse, decisero il giovane B. a dedicare tutto sé stesso alla risoluzione di un problema grandioso, che oltre vaste conoscenze e acume teorico, richiedeva il compimento accurato di migliaia e migliaia di analisi: la ricerca delle proporzioni esatte nelle quali gli elementi si combinano, o, in altri termini, la determinazione dei pesi atomici degli elementi e quella delle formule delle sostanze composte. Impresa temeraria quasi, ma che egli, senza poterla condurre definitivamente a termine per ragioni contingenti, poté però portare a un alto grado di perfezione.
Uno dei presupposti per condurre a termine il compito propostosi, era il perfezionamento dei metodi analitici qualitativi e quantitativi. L'opera del B., in questo senso, sebbene meno appariscente a prima vista, fu della massima importanza. Le quantità percentuali, che egli trovò, erano di una esattezza di gran lunga superiore a quelle che si avevano nelle analisi precedenti. Egli poi, si può dire, compì le sue analisi su quasi tutti i principali composti, in particolare quelli contenenti l'ossigeno che erano posti a base delle sue deduzioni teoriche.
Nell'esprimere la natura dei composti introdusse la scrittura simbolica usata ancora oggi, e che, pur essendo di natura formale, non può negarsi abbia contribuito grandemente a chiarire le idee, e così ad agevolare il progresso della scienza. Egli adottò, cioè, per esprimere ogni elemento, la prima o le prime lettere del suo nome latino, ma a questo simbolo, oltre che un significato qualitativo, ne attribuì anche uno quantitativo: quello, cioè, del peso atomico dell'elemento stesso.
È chiaro che la determinazione del peso atomico, e le conseguenti formule per i composti, formavano il fine al quale mirava l'opera di Berzelius. Ma la cosa non era facile, anche perché i criterî per giungere al detto peso erano diversi ed arbitrarî. Solo più tardi, con l'opera geniale di Cannizzaro (1858), il peso atomico potra venire determinato con precisione e univocamente. Troviamo perciò in B. varie tappe e anche varî indirizzi successivi in questa determinazione, tappe che, senza citare innumerevoli altri lavori, hanno le loro pietre miliari nel primo lavoro su questo soggetto (1810-11), Essai sur les proportions déterminées dans lesquelles se trouvent réunis les éléments de la naiure inorganique; nel famoso Essai sur la théorie des proportions chimiques (Parigi 1819) e nella tabella di pesi atomici del 1828. I criterî sui quali si basava B., ora appoggiandosi più su uno, ora su un altro, erano la legge dei volumi di Gay-Lussac (che nel 1811 aveva originato la geniale teoria di Avogadro per lungo tempo misconosciuta), e le due leggi, scoperte entrambnel 1819, dell'isomorfismo di Mitscherlich, e dei calori specifici di Dulong e Petit. Inoltre egli ricercava sempre le formule secondo le quali gli atomi si riunivano nel modo più semplice, e solo assai tardi si adattò ad ammettere formule con i rapporti 2:3 e 2:5.
Parallelamente ai suoi grandi lavori relativi alle proporzioni determinate, B. mandava avanti la preparazione del suo grande trattato di chimica (Lärbok i Kemien). Quest'opera non è, come eventualmente potrebbe farlo credere il titolo, un'opera di compilazione, che raccoglie i risultati della scienza su un dato argomento. Essa è invece uno sforzo originale per inquadrare in un organismo armonico lo sforzo di pensiero dell'autore per una visione complessiva, sperimentale e razionale, della chimica. Il trattato ha quindi la caratteristica e l'importanza del famoso Traité di Lavoisier, che fondò la nuova chimica antiflogistica, chiudendo il periodo che si può chiamare pneumatico; oppure del Lehrbuch dell'Ostwald, che diede la forma e la sostanza alla chimica fisica moderna. Nelle sue diverse edizioni il trattato mostra anche l'evoluzione delle conoscenze e del pensiero di Berzelius. La primi edizione (svedese) in tre volumi è del 1808-1818, la seconda (svedese) in 4 volumi del 1825-1831, la terza (tedesca, come le seguenti) del 1833-1835 (Lipsia), la quarta del 1835-1841, la quinta, infine, in 5 volumi, del 1843-1848. L'opera ebbe traduzioni in italiano, inglese, francese, olandese.
Nel 1821 B. iniziò un'altra impresa, che doveva fare di lui l'osservatore e il critico riconosciuto della sua scienza. In svedese, dapprima (Årberättelser om framstegen i fysik och kemi 1821-1839) poi in tedesco, egli pubblicò annualmente i suoi Berichte über die Fortschritte in der Physik und Chemie, che in alcune parti assumono valore di opera originale e di polemica. Ne uscirono 27 volumi, fino alla morte dell'autore (1848).
Dopo il 1830 la figura di B. appare come una forza eminentemente conservatrice. Se in questo senso egli combatté alcune innovazioni che poi si mostrarono veramente feconde (sono celebri le sue polemiche con Dumas, Laurent, Liebig e altri), non vi è dubbio che in molti casi impedì lo sviluppo di teorie che avrebbero portato nella chimica una confusione maggiore di quella che effettivamente vi regnò dal 1840 circa fino alla riforma cannizzariana. Il grande chimico, certo, ebbe l'amarezza, negli ultimi anni della sua vita, di assistere, oltre che allo sviluppo della chimica organica, alla quale aveva notevolmente contribuito, all'affermarsi delle teorie unitarie, che da questa prendevano origine, e contrastavano con la teoria dualistica, alla quale egli non volle mai rinunziare. Ma questo era il fato ineluttabile, dipendente dall'incessabile progresso della scienza e dalla posizione assunta dal grande svedese e dalla specie di dittatura scientifica che egli sembrava volere affermare.
Non è possibile accennare nemmeno minimamente agli altri numerosi meriti di B. Si può dire che egli abbia la sua parte, e non di secondo ordine, in ogni importante discussione o problema chimico del suo tempo. Ricorderemo la sua influenza sulla chimica organica, alla quale estese le leggi stechiometriche della chimica inorganica. Ma dove la sua opera merita una speciale menzione, per lo sviluppo nuovo che egli diede a tutta una scienza, è nella mineralogia. In questo campo non solo le sue analisi si estesero a innumerevoli minerali, ma, riprendendo l'idea perseguita dal suo compatriota Bergman, egli fondò un sistema mineralogico basato sulla composizione chimica dei minerali, sistema che determinò nella mineralogia un rivolgimento e un movimento cospicuo.
Bibl.: Su Berzelius, oltre che le lunghe trattazioni in tutte le storie della chimica, esiste una copiosa letteratura. Ricordiamo i suoi cenni autobiografici, annotati e pubblicati da Söderbaum (Sjäfbiografiska anteckningar, 1901), e le edizioni della sua copiosissima corrispondenza con Berthollet, Davy, Dulong, Liebig, Wöhler, Schönbein, e molti altri. In italiano ne scrisse I. Guareschi, J. J. Berzelius e la sua opera scientifica, in Arch. chim. scient. et industr., XXXI (1915), pp. 307-460; id., in I. Guareschi e F. Garelli, Enciclopedia di chimica, XI, Torino 1921, p. 387 segg.