WALLIS, John
Matematico inglese, nato ad Ashford (Kent) il 23 novembre 1616, morto a Oxford il 28 ottobre 1703. Studiò nell'Emmanuel College a Cambridge e prese gli ordini religiosi nel 1640. Nel 1649 fu nominato professore Saviliano di matematica e astronomia nell'università di Oxford. Nel 1654 conseguì il dottorato in teologia e nel 1661 divenne cappellano di corte. Nel 1642 (come già Vieta) decifrò un'importante corrispondenza diplomatica intercettata. Fu in attiva corrispondenza con i maggiori studiosi del suo tempo, e contribuì a quell'attivo movimento di ricerca che, partendo da Galileo, Keplero e B. Cavatieri, condusse alla creazione del calcolo infinitesimale.
La sua Arithmetica Infinitorum, Londra 1656 (il titolo corrisponde alla Geometria degli indivisibili di Cavalieri) contiene risultati nuovi e importanti. Partendo dai valori razionali degli integrali:
dove n = 0, 1, 2, 3, . . ., che sapeva calcolare con i metodi di Cavalieri, cioè 1, 1/6, 1/30, 1/140, . . ., riesce con un procedimento che egli chiama, di interpolazione - ma che è effettivamente lo stesso metodo che oggi adoperiamo, nascosto soltanto da una nomenclatura complicata - a calcolare il valore di quegli integrali per i valori n = ½, 3/2, 5/2, . . ., che riduce a un prodotto infinito. Dal valore per n = ½ egli ricava:
Il suo amico W. Brounker, ammirando questa notevole espressione aritmetica, riuscì a trasformarla in frazione continua, con un ragionamento assai complicato, conservatoci dal W. Il Commercium Epistolicum, Oxford 1658, tra il W. e i suoi corrispondenti, contiene 47 lettere assai interessanti: alla sfida di Fermat di dimostrare qualcuno dei suoi difficili teoremi della teoria dei numeri, W. risponde chiedendo di calcolare, sviluppandola in un prodotto infinito, l'area dell'iperbole, cioè di calcolare
Fermat non vi riusci. Dalla meditazione di queste scoperte del W. il Newton trasse poi il suo famoso teorema binomiale.
Il Tractatus de cycloide, Oxford 1659, contiene risposte parziali alla sfida proposta dal Pascal. Sebbene incomplete, esse contengono risultati nuovi, tra cui la rettificazione della cicloide, dovuta a C. Wren. La Mechanica, sive de Motu, tractatus geometricus, Londra 1670, espone e raccoglie gli studî del W. i quali preannunciano le imminenti scoperte del Newton. La gravità è già considerata come una qualità innata dei corpi, della quale allo studioso di meccanica basta sapere che essa è una forza che sollecita i corpi verso punti determinati.
L'edizione curata dal W. delle opere astronomiche di Geremia Horrox (Jeremiae Horroccii Opera posthuma, Londra 1672) rivelò un genio matematico che indicava le vie che Newton doveva seguire.
La collaborazione costante ai lavori della società reale di Londra dal 1665 in poi, i cui frutti sono raccolti nelle Philosophical Transactions, contribuì a stimolare l'ardore dei matematici inglesi. La sua Algebra, Londra 1673 e 1685, è una viva esposizione storica dello sviluppo di questa scienza.
Egli ebbe il meritato onore di ricevere l'incarico dall'università di Oxford di curare l'edizione completa delle sue opere (Opera mathematica, Oxford 1695-1699). In essa pubblicò per la prima volta le famose lettere scambiate nel 1676 tra Newton e Leibniz.