Erudito, giurista e uomo politico (Salvington, Sussex, 1584 - Londra 1654). Giudice nel 1604, dedicò i suoi primi studî alla storia giuridica inglese (Titles of honour, 1614; History of tythes, 1618, opera nella quale si negava che le decime fossero di diritto divino, tesi che poi S. dovette ritrattare); ma nel frattempo già pubblicava i primi lavori di storia orientale ed ebraica, che lo rendevano famoso in Europa (Treatise on the Jews in England, 1617; De Diis syris syntagmata, 1617, di grande importanza). Entrato presto in politica, divenne il capo morale del partito legalitario, che intendeva promuovere le libertà inglesi e l'autorità del parlamento in base alle leggi esistenti, senza innovazioni, ma per via di sola interpretazione. Dopo essere stato deputato sotto Giacomo I (1623), lo fu con Carlo I (1626), e partecipò all'opposizione al duca di Buckingham: la sua lotta legalitaria per l'attuazione dell'Habeas Corpus Act (1628) portò al suo arresto (1629), presto tramutato in libertà condizionata, che divenne assoluta solo nel 1635. Membro del Parlamento lungo, sembrò poi inclinare dalla parte regia. Nel 1649 si ritirò dalla politica attiva. Durante tutti questi anni aveva continuato la sua attività di erudito (ma uno scritto politico-giuridico importante è il Mare clausum, del 1635, che riaffermava, contro il Mare liberum di H. van Groot, i diritti esclusivi inglesi alla pesca nei mari settentrionali). I suoi studî ebraici, specie di diritto, sono di grande interesse, sia per la dottrina sia per la novità (Uxor hebraica, ecc.; De iure naturali et gentium iuxta disciplina Hebraeorum), e così pure i suoi scritti archeologici e cronografici (Marmora Arundeliana, 1624). Celebri le sue confidenze conviviali (Table talk, post., 1689).