ADAMS, John Quincy
Figlio di John A., nacque l'11 luglio 1767, a Braintree, poi Quincy. Giovinetto, accompagnò suo padre in Europa e lo assistette nelle missioni che questi ebbe. Nel 1784 fu inviato ministro degli Stati Uniti all'Aja; e nel 1797, a Berlino, dove negoziò la revisione del trattato di commercio con la Prussia (1799) e dove rimase fino al 1801.
Entrato nella politica attiva del suo paese, prima come federalista, poi come repubblicano, fu inviato nel 1809 dal presidente Madison ministro a Pietroburgo, sede allora assai interessante per gli Stati Uniti, perché, essendo la Russia il solo paese d'Europa che avesse respinto le ordinanze di Napoleone, era anche il solo sbocco commerciale europeo degli Stati Uniti. A Pietroburgo egli rimase sino al 1815, quando, dopo aver preso parte attivissima come delegato americano ai negoziati di pace con l'Inghilterra che condussero al trattato di Gand (1814), fu nominato ministro a Londra. Lasciò Londra, il 1817, per assumere l'ufficio di segretario di stato nel gabinetto del presidente Monroe. Forse nessuno dei contemporanei aveva la preparazione tecnica di A. per questo ufficio, e nessuno la sua chiara visione dei fini della politica estera americana, e la sua determinatezza e tenacia. Gli otto anni ch'egli fu segretario di stato ebbero un'importanza decisiva per le direttive della politica estera americana, che si aprì allora per la prima volta ai grandi problemi delle relazioni tra le potenze d'Europa e gli stati del continente americano, e culminò nella dichiarazione del 2 dicembre 1823, passata alla storia sotto il nome di "dottrina di Monroe". La politica estera degli Stati Uniti era un intrico di gravi controversie, quando A. assunse il suo ufficio. Egli stesso aveva scritto del trattato di Gand che esso era una tregua più che una pace, e aveva lasciate insolute tutte le controversie che esistevano tra i due paesi prima della guerra. Ora egli aveva davanti a sé la controversia territoriale per i confini del nord e per il possesso dell'Oregon, e quella commerciale per l'esclusione delle navi americane dal traffico delle Indie Occidentali; la controversia per i confini della Luisiana e per l'esecuzione del trattato del 1795, complicata dagli avvenimenti della Florida e dall'occupazione di Pensacola e di San Marco, effettuata da Jackson; il problema generale dei rapporti con l'Impero britannico e quello dei rapporti con la Spagna, per gli interessi territoriali degli Stati Uniti e per i loro interessi politici di fronte alla rivoluzione dell'America del sud. Da questo intrico, A. trasse il trattato di cessione della Florida, firmato il 22 febbraio 1819, e la dichiarazione del presidente Monroe, del 2 dicembre 1823: i due punti precisi di arrivo della sua politica, che riaffermava, nelle linee della tradizione rivoluzionaria, il programma dell'eliminazione degli stati europei dal continente nord-americano. Il trattato del 22 febbraio 1819 fu negoziato personalmente da lui con don Luis de Oñis, ministro di Spagna a Washington. Egli avrebbe voluto che la Spagna cedesse tutte le sue pretese territoriali sui paesi a oriente del Mississippi e sul territorio costiero a nord d-lla California, in cambio della rinunzia da parte degli Stati Uniti alle pretese sul Texas; e solo sotto la pressione di Monroe venne con de Oñis a un compromesso sul quale poi il trattato del 1819 fu fondato. Gli Stati Uniti acquistarono la Florida. Come l'influenza francese nel 1803, così ora, in conformità con quello che l'A. voleva, l'influenza spagnola era eliminata dalla vita continentale degli Stati Uniti; la politica americana di fronte alla Spagna si faceva più libera, i suoi orizzonti si slargavano.
Si poneva allora agli Stati Uniti, nettamente, il problema dei rapporti con le colonie spagnole in rivolta. A. aveva pochissima fiducia nell'avvenire dei giovani stati latini che sarebbero sorti dalle rivoluzioni e sul valore dei rapporti che gli Stati Uniti avrebbero avuto con essi. Egli però pensava che la loro indipendenza sarebbe stata una nuova forza sostenitrice del sistema politico americano, che nella sua mente doveva mantenersi separato e distinto da quello europeo. Riteneva che gli Stati Uniti dovevano restare neutrali nel conflitto tra la Spagna e le sue colonie, per essere fedeli al loro principio generale di neutralità in tutte le guerre; ma, a parte l'ostilità all'idea di un intervento della Santa Alleanza contro le colonie ribelli, riconosceva nettamente l'interesse americano alla fine del dominio spagnolo in America. Niente autorizza ad andare più oltre e a credere che egli pensasse a una solidarietà pan-americana nello stesso sistema di idee di Blaine o di Olney; ma egli era più deciso di Monroe nel riconoscere l'importanza che l'indipendenza delle colonie spagnole poteva avere per la politica estera degli Stati Uniti e nella convinzione di poter difendere questo interesse americano su linee più avanzate. Questo è dimostrato dal fatto che, appena il congresso di Aquisgrana ebbe rivelato che l'Inghilterra era in conflitto con gli stati continentali della Santa Alleanza, egli notificò subito a Castlereagh che gli Stati Uniti avrebbero riconosciuto l'indipendenza della Repubblica Argentina; e nel marzo del 1822, indusse Monroe a riconoscere senz'altro l'indipendenza dei nuovi governi di La Plata, del Cile, del Perù, della Colombia e del Messico. Questo atto spinse l'Inghilterra - intimidita dall'idea di una solidarietà repubblicana di tutti gli stati transatlantici e desiderosa di sbarrare alla Francia le vie dell'America del Sud - a quelle proposte di una intesa anglo-americana nelle quali si ricercano generalmente le origini della dottrina di Monroe. A. elaborò ed impose al suo presidente, che si ritirava prudentemente davanti all'idea di affrontare la Santa Alleanza e credeva, con Calhoun, Madison e Jefferson, la guerra imminente e il pericolo grandissimo, la teoria che Monroe doveva poi esporre nel suo Messaggio, logico corollario delle idee di A. sul destino dell'America indipendente da quello dell'Europa, e piena attuazione dell'isolamento americano.
Dall'opera di A., con tutte le asprezze del suo nazionalismo intransigente e aggressivo, la politica estera degli Stati Uniti uscì più definita e più solida. Egli assicurò al suo paese una serie di vantaggi determinati - come l'acquisto della Florida (1819), l'ammissione delle navi americane nei porti delle Indie Occidentali (1822), un confine favorevole con i territori russi sulla costa nordoccidentale (1824) - che non possono essere né dimenticati né trascurati; ma, soprattutto, precisò con fermezza gli interessi internazionali degli Stati Uniti e mostrò con quale vigore essi si potevano definire e affermare.
Nel 1824 fu eletto all'ufficio di presidente e vi rimase quattro anni, in mezzo a competizioni assai aspre che portarono alla scissione del partito repubblicano e alla formazione di un gruppo di repubblicani nazionali, che furono più tardi noti col nome di Whigs. Egli tentò di sviluppare come presidente, la politica estera che aveva definita come segretario di stato; ma la violenta opposizione che si determinò nel senato fin dall'inizio del suo governo, quando egli comunicò di aver accettato l'invito di partecipare al congresso di Panama (1825), ridusse la sua libertà di azione e troncò il suo programma che, nel sistema generale dell'isolamento, era quello di sviluppare i rapporti con le giovani repubbliche americane, facilitare la volontaria unione di Cuba e del Texas agli Stati Uniti e impegnare tutti gli stati americani all'adozione di principî di diritto connessi alla teoria della cosiddetta libertà dei mari. Battuto nelle elezioni del 1828 da Jackson, si ritirò, l'anno dopo, a vita privata, in Quincy, e ivi rimase fino al 1831, quando fu eletto membro della Camera dei rappresentanti. Tra il 1831 e la sua morte, egli prese parte attivissima ai lavori parlamentari. Questo ultimo periodo della sua vita è particolarmente interessante per la lunga battaglia che egli combatté in favore dell'esercizio integrale del diritto di petizione, che i rappresentanti degli stati schiavisti, per impedire che il congresso si occupasse delle petizioni abolizioniste, cercavano con ogni mezzo di limitare. Dal 1836, quando la prima delle regole limitatrici (gag rules) fu approvata, fino al I844 quando tutte furono dal Congresso annullate e A. ebbe vinto la sua battaglia, egli non interruppe mai la lotta, condotta con quel coraggio e quella tenacia che aveva messo in tutte le iniziative della sua vita. Il 21 febbraio del 1848 cadde per un colpo apoplettico nell'aula della Camera e due giorni dopo morì.
Bibl.: W. H. Seward, Life and public services of John Q. Adams, Auburn 1849; J. Quincy, Memoir of the Life of John Q. Adams, Boston 1858; J. T. Morse, John Q. Adams, Boston 1883, nuova ed. 1899.