FOWLES, John
Romanziere e poeta inglese, nato a Leigh-onSea (Essex) il 31 marzo 1926. Ha compiuto gli studi alla Bedford School di Londra (1940-44), all'università di Edimburgo (1944) e al New College di Oxford, dove ha conseguito la laurea in letteratura francese (1950). Dopo molti anni dedicati all'insegnamento, prima all'università di Poitiers (1950-51) e successivamente alla Anargyrios School di Spetsai in Grecia (1951-52) e al St. Godrich College di Londra (1954-63), si è dato esclusivamente alla professione di scrittore.
Il suo primo romanzo, The collector (1958; trad. it., 1964), che ha conosciuto un immediato successo di pubblico e di critica in Inghilterra e negli Stati Uniti (nel 1964 ne è stato tratto il soggetto per il film omonimo con la regia di W. Wyler), è a metà tra il romanzo di appendice e il giallo psicologico, e ha come temi di fondo l'incapacità dell'uomo di capire le sfaccettature dell'eterno femminino e l'opposizione prigionia-liberazione, quest'ultima filiata dal romance e dal romanzo gotico. La vicenda è imperniata sul rapimento di Miranda, studentessa in un istituto d'arte, da parte di Clegg, un misero impiegato, introverso, collezionista di farfalle, e sulla morte della ragazza.
Con i due romanzi successivi, F. si colloca su una linea letteraria che fonde il romance di gusto americano con la discorsività del romanzo esistenzialista francese. Il primo, The magus (1965; trad. it., 1968), ideale continuazione del romanzo precedente con innesti autobiografici ed echi delle teorie junghiane, narra di un maestro elementare, Nicholas Urfe, giunto in una immaginaria isola greca e coinvolto in una serie di eventi straordinari in bilico tra mitologia, magia e mistero. Il secondo, The French lieutenant's woman (1969; trad. it., 1970), considerato il suo romanzo migliore, è ambientato nel 1867 in un paesino inglese ed evoca sin nei minimi dettagli il mondo vittoriano del tempo con tutte le sue repressioni, specialmente a sfondo sessuale, e ipocrisie. Nelle figure centrali di Charles Smithson, un ricco paleontologo, e Sara Woodruff, una donna bella e libera − e in quanto tale emarginata dal convenzionalismo e dalla bigotteria puritani dell'epoca −, F. ha creato due personaggi dalla statura tragica ed epica. L'opera, che presenta tre possibili epiloghi, è ricchissima di allusioni storiche, artistiche, letterarie, anacronismi, parodie, contaminazioni e citazioni da Darwin, Marx, Tennyson e Arnold. Ne viene fuori un caleidoscopio letterario di rara potenza narrativa. Da questo romanzo è stato tratto l'omonimo film diretto da K. Reisz e sceneggiato da H. Pinter (1981).
Nella raccolta di novelle The ebony tower (1974; trad. it., 1975), miti antichi vengono ricreati e riproposti in chiave moderna e arricchiti con suggestioni storico-letterarie. In Daniel Martin (1977; trad. it., 1982), denso di flashbacks e di spunti autobiografici, la ricerca di una forma di atemporalità implica da parte del personaggio principale − uno sceneggiatore alla ricerca di se stesso e di un rapporto vitale − il recupero di un passato che si spinge sino alle antiche civiltà dell'Oriente. Mantissa (1982; trad. it., 1984), un distillato dell'arte di F., narra di Miles Green, uno scrittore che ha perso la memoria a causa di un incidente stradale, al quale viene raccomandata una terapia sessuale; più che un romanzo, si può considerare una farsa allegorica sull'eterna guerra dei sessi, scritta in modo elegante, erudito, spiritoso e divertente.
Ambientato nel 18° secolo, The Maggot (1985; trad. it., Maggot, la ninfa, 1988) è formato da storie raccontate da cinque viaggiatori in una locanda. Anche in questo romanzo F. ricorre a una mistura esplosiva di tecniche narrative diverse con le quali cerca di coinvolgere non solo emotivamente ma anche creativamente i lettori. Da qui il ricorrere al polifonismo e al polistilismo, alle problematiche filosofiche, alle metafore, ai simboli, alla sperimentazione sulla forma, che sono tutti mezzi espressivi privilegiati della sua personalissima narrativa e della sua Weltanschauung.
Fra gli altri suoi scritti si ricordano in particolare The aristos: a self-portrait in ideas (1965), uno zibaldone sull'arte del narrare, e le raccolte poetiche Poems (1973) e Conditional (1979). Ha inoltre adattato per il teatro testi di De Musset e J.-J. Bernard e 'rivisitato' opere di Molière.
Bibl.: M. Bradbury, Possibilities, Londra 1973; W. J. Palmer, The fiction of J. Fowles: tradition, art, and the loneliness of selfhood, Columbia 1974; B. N. Olshen, J. Fowles, New York 1978; M. Thorpe, J. Fowles, Windsor 1982; P. Conradi, J. Fowles, Londra 1982; B. Woodcock, Male mythologies: J. Fowles and masculinity, Brighton 1984; J. Fowles issue, in Modern Fiction Studies, 1985.