Filosofo inglese (Londra 1866 - ivi 1925), uno dei maggiori esponenti del neohegelismo inglese. La sua opera teorica principale è The nature of experience (1º vol. 1921; 2º, post., 1927, a cura di C. D. Broad), in cui, con un procedimento di tipo deduttivo, s'indagano le caratteristiche che qualunque esistente deve, in quanto tale, possedere. L'universo appare a M. come un insieme di sostanze, legate tra loro da un particolare tipo di relazione, detta "corrispondenza determinante". Questa relazione è del tipo di quella che s'istituisce nella percezione di un altro da parte di un io (percezione contemporaneamente di sé stesso e dell'altro, percezione di queste percezioni, ecc.). La natura dell'universo è per M. una natura puramente spirituale, al di fuori dello spazio e del tempo (celebre la sua argomentazione sull'inesistenza della temporalità). Particolarmente attento all'individuo, piuttosto che alla totalità, M. giunse a negare, come incompatibile con l'immortalità dei singoli, l'assunto dell'esistenza di una divinità. Notevoli i suoi studî su Hegel, specie quelli riguardanti la dialettica, di cui ha tentato un'approfondita esegesi, mettendo in luce le difficoltà e le aporie del metodo e della deduzione categoriale hegeliana (Studies in the hegelian dialectic, 1896). Tra le altre sue opere: Studies in the hegelian cosmology (1901); Some dogmas of religion (1906); A commentary on Hegel's logic (1910); Philosophical studies (post., 1934).