BUNYAN, John
Nato a Elstow, villaggio presso Bedford, in Inghilterra, nel 1628, era figlio di un calderaio. Dopo alcuni anni di scuola, in cui imparò poco più che a leggere e a scrivere, seguì l'arte di suo padre e all'età di sedici anni si unì all'esercito puritano. Nel 1646, sciolto l'esercito, egli tornò a casa, e prese moglie tre anni dopo. Sembra che le dottrina calvinistiche nelle quali era stato educato, operando sul suo temperamento vivacemente fantastico, abbiano influito profondamente su di lui fin dai suoi primi anni. Da bambino, era atterrito di notte da sogni spaventosi, e di giorno viveva ossessionato dal pensiero del Giudizio Universale e del fuoco dell'inferno. La moglie gli portò come unica dote due libri di pietà molto letti nelle case puritane: The Plain Man's Pathway to Heaven e The Practice of Piety; e questi ebbero su di lui qualche influenza, sì che egli divenne un cristiano protestante, ma dovette passare attraverso molte varie vicende di acuta esperienza religiosa, prima che la religione divenisse per lui il supremo interesse della vita. A questa conversione venne guidato da John Gifford, il famoso pastore battista della chiesa di St. John a Bedford, alle cui funzioni egli fu presente per la prima volta probabilmente nel 1652. Tre anni dopo egli divenne un predicatore vagante, e subito si acquistò fama di eloquenza sincera e persuasiva. Nell'anno seguente (1656) venne implicato in una controversia con la nuova setta dei Quaccheri, che mise capo alla pubblicazione del suo primo libro, Some Gospel Truths Opened, e poi, in polemica con Edward Burrough, al libro A Vindication of Gospel Truths Opened. Nel 1660, restaurato l'episcopato e imposte gravi multe ai predicatori non autorizzati, il B. fu rinchiuso nel carcere di Bedford, dove, salvo alcuni mesi nel 1666, rimase per dodici anni, non avendo mai voluto promettere di astenersi dal predicare. Varie opinioni sono state espresse sulla severità del trattamento del B. in prigione; ma certamente ebbe abbondanti occasioni di predicare ai suoi compagni di prigionia; inoltre riceveva molte visite dagli amici e da coloro che desideravano consultarlo intorno alle loro preoccupazioni d'ordine religioso. La Bibbia e il Libro dei martiri di Fox, i due volumi che si era portati in prigione, erano i suoi compagni quotidiani. Tra i suoi scritti di questo periodo il più importante è Grace Abounding to the chief of sinners (1666). Questo libro, di una assoluta sincerità, è l'unico documento che ci rimane per conoscere la storia della sua anima durante quel periodo di lotte amare e tempestose, ed è indubbiamente la più avvincente autobiografia spirituale scritta in lingua inglese. Dopo la Dichiarazione di Indulgenza (1672) il Bunyan venne liberato, e venne subito eletto pastore della chiesa battista a Bedford. Quando la Dichiarazione venne ritirata, egli ottenne un permesso per predicare. Ma nel 1675 tutti i permessi ai non-conformisti vennero annullati, e il Bunyan venne nuovamente gettato in prigione, dove rimase circa sei mesi. Nel frattempo aveva scritto la prima parte del suo celebre Pilgrim's Progress (Londra nel 1678, 2ª ediz. 1678, 3ª 1679). Allora non venne più molestato per le sue prediche e la sua fama si diffuse per tutto il paese. Quando Carlo II chiese al celebre Owen come un uomo erudito potesse stare a sentire un calderaio analfabeta, gli fu risposto: "Volentieri rinuncierei a tutta la mia scienza pur di possedere l'eloquenza di quel calderaio". Il B. morì a Londra nell'agosto 1688.
Il B. fu uno scrittore prolifico, e durante la sua vita pubblicò almeno sessanta scritti diversi, per lo più sermoni o brevi opuscoli religiosi. La sua fama però riposa interamente su quattro opere: Grace Abounding (1666), The Pilgrim's Progress (parte I, 1678, parte II, 1684), The Life and Death of Mr. Badman (1680), e The holy War (1682). Di queste, The Pilgrim's Progress è sempre stata giustamente la più popolare; 100.000 copie si vendettero, si dice, vivo ancora l'autore; e versioni ne sono state pubblicate in 108 lingue e dialetti. Né il successo è dovuto soltanto all'argomento, ma anche in parte allo stile e al modo di svolgimento del tema. The Pilgrim's Progress presenta infatti, nella forma di una vivace e trasparente allegoria, un'universale verità spirituale. Le avventure di Christian nella parte prima e di Christiania e dei suoi figli nella seconda sono una trascrizione fantastica dei dubbî e delle difficoltà che il Bunyan stesso aveva conosciuti, e già aveva narrati direttamente in Grace Abounding, e che, nel suo quotidiano lavoro di predicatore e curatore di anime, aveva osservati anche in altri. Molti di essi sono quelli che ogni uomo deve sopportare nella sua aspirazione a una vita ideale. In tutti i punti essenziali la sua concezione è vera tanto per gli aderenti alla chiesa anglicana che lo perseguitarono, quanto per quelli che dovettero come lui soffrire persecuzione: persino il cattolico, se si omette un breve attacco contro il papa, può apprezzarne molte parti; persino coloro che rifiutano la fede cristiana trovano in esso molte cose che si accordano con la loro esperienza spirituale: poiché tutti gli uomini conoscono il Pantano della Disperazione, il Colle della Difficoltà, le Valli dell'Umiliazione e dell'Ombra della Morte, la Fiera delle Vanità, così come conoscono la Bella Casa o le Montagne Dilettevoli. E lo stile è adatto al tema; non contiene nulla di artificiosamente letterario. L'unico influsso che si possa scoprire è quello della Bibbia inglese, e questa Bibbia era diventata tanta parte del Bunyan medesimo che a rigore non la si può più nemmeno dire un'influenza letteraria. Il libro è perciò il trionfo di un'arte inconscia: frutto di un'ardente intensità di vita spirituale. Il B. considerava la forma dei suoi scritti alla stessa stregua del loro contenuto: tutto, anche la forma, era per lui di ispirazione divina. Il livello generale dello stile è quello di una narrazione piana e musicale, semplice e naturale, che ammette senza alcuna violenza le frasi più casalinghe, mentre pure, a tratti, in armonia col suo argomento, si eleva a note di squisita bellezza lirica o di commovente grandiosità. Intento come era al suo messaggio, il Bunyan lo poteva presentare soltanto così, nei termini della sua vita quotidiana, e attraverso lo strumento della sua acuta osservazione del mondo che lo circondava: era perciò naturale che narrasse tutte le sue esperienze interne nei termini del più icastico e convincente realismo. E, nonostante l'evidente analogia del suo racconto con i pellegrinaggi della letteratura precedente, e specialmente col Pélerinage de la vie humaine del Degnileville e la Faerie Queene dello Spenser, non vi è particolare comune fra lui e gli altri scrittori che non si possa spiegare come una coincidenza. "La forma e la materia" egli disse giustamente "sono interamente mie". Per il meccanismo fantastico e per gl'interventi soprannaturali, per es., nella lotta con Apollyon o nelle avventure al Castello della Disperazione, egli si valse senza dubbio dei ricordi delle sue letture, nella sua gioventù colpevole, di opuscoli e romanzi popolari; per la descrizione del Paradiso e per alcuni suoi paesaggi più meravigliosi si valse della Bibbia, in particolare dell'Apocalisse; ma l'itinerario dei suoi pellegrini per lo più attraversa quella campagna dell'Inghilterra centrale che egli stesso aveva traversata fin dalla sua adolescenza; la Fiera delle Vanità è una realistica rappresentazione di una tipica fiera inglese di campagna, e gli uomini e le donne che descrive sono quelli tra i quali egli passò la sua vita. Il suo dono più alto consisteva nella sua capacità di penetrare nel carattere degli uomini e nella sua drammatica forza di espressione. Egli era noto ai contemporanei come "un eccellente conoscitore delle persone". Nessun allegorista lo ha mai sorpassato nella facoltà di dar forma concreta e vivente alle astrazioni; spesso soltanto mediante la sua vivace nomenclatura egli riesce a trasformare un'astrazione in un essere di carne e ossa. La sua potenza nel caratterizzare crebbe col passar degli anni, e la seconda parte del libro, sebbene sia stimata inferiore alla prima per intensità e concentrazione, è più ricca di umorismo e di pathos. Essa contiene, fra altro, la figura del signor Pavido (Mr. Fearing), forse il suo capolavoro in fatto di sottile penetrazione psicologica; e Christiana e Mercy sono ritratti finemente concepiti ed eseguiti dei migliori tipi di donne puritane inglesi.
In The Holy War il Bunyan rappresenta l'anima come una città popolosa che prima riposa sotto la cura del suo benigno sovrano Shaddai, poi cade in potere di Diabolus, ed è alfine salvata dal figlio di Shaddai, Emmanuel. Malgrado le eccessive lodi del Macaulay, questo libro si muove in un mondo più astratto del Progress, e sebbene contenga alcuni bei passi e sia interessante come ricordo di molte cose che il Bunyan stesso sperimentò da soldato, pure trova oggi pochi lettori. Di maggior valore è The Life and Death of Mr. Badman, una minuta e realistica biografia del piccolo negoziante in una città commerciale, che vive una vita sordida ma coronata dal successo, e muore senza pentirsi.
Nello sviluppo della letteratura inglese il Bunyan ha un posto importante. Salvo Chaucer e Shakespeare, non vi era stata alcuna analisi di caratteri umani comparabile alla sua. In un'epoca in cui il genere narrativo era sotto l'influsso dell'artificiale romanzo francese, egli mostrò la vera strada, che era verso il realismo, e fu così il precursore dei grandi maestri del romanzo nel secolo seguente. Ma egli aveva un dono spesso negato ai realisti, cioè un'intensa sensibilità per la bellezza, e un potere raro di comunicarlo; ed è stato il maestro incomparabile della prosa semplice e viva.
Ediz.: Works, ed. Ch. Doe, Londra 1892; ed. S. Wilson, Londra 1736-37; ed. G. Offor, Glasgow 1853.
Bibl.: Biografie di Southey, Londra 1930; Froude, Londra 1880; Brown J., Londra 1885; Venables, Londra 1888; e critiche di Macaulay, Essays, Londra 1831; Dowden, Puritan and Anglican, Londra 1900; B. Zumbini, Saggi critici, Milano 1876.