BURCKARD, Johannes
Nacque con tutta probabilità nel 1450 a Haslach in Alsazia, nella diocesi di Strasburgo ("Argentinensis" si qualificò il B. per tutta la vita), da genitori di modesta condizione sociale. Entrò in giovane età nella collegiata di S. Fiorenzo della sua città natale, dove ricevette la prima istruzione che tuttavia non dovette oltrepassare le nozioni più elementari. Impedito dalla scarsezza dei suoi mezzi a proseguire gli studi, entrò al servizio di Johannes Wegeraufft, canonico di S. Tommaso e vicario "in spiritualibus" del vescovo di Strasburgo Ruprecht von Simmern, pare con funzioni di scrivano. Ma da questo posto fu cacciato assai presto per avere confezionato (e probabilmente anche venduto) dei formulari in bianco di dispense dalle pubblicazioni matrimoniali munite del sigillo del suo protettore e per avere rubato un fiorino e una spada, come egli stesso fu costretto a confessare più tardi. Scacciato dal posto e rimasto in conseguenza privo di ogni appoggio, al B. non restò che abbandonare Strasburgo: si mise in viaggio per Roma, dove giunse nell'ottobre del 1467, non ancora diciottenne, alla ricerca di miglior fortuna.
Non tardò molto a inserirsi nell'ambiente romano, anche se dei primi anni trascorsi nella città non si hanno notizie precise. Certo è che ottenne già da Paolo II (prima cioè del 26 luglio 1471) l'aspettativa di un beneficio (la cappellania perpetua dell'altare di S. Eligio nella chiesa di Strasburgo). Il 1º genn. 1472 viene ricordato al seguito del cardinale Marco Barbo, penultimo dei suoi ottanta familiari e commensali. Alla stessa data Sisto IV gli concesse due altre aspettative, e precisamente di un canonicato nel capitolo di S. Tommaso a Strasburgo e di un altro canonicato e cantoria nel capitolo di S. Fiorenzo in Haslach, nel cui possesso poté entrare però solo parecchi anni più tardi. Intanto nel 1473 entrò nella famiglia del cardinale Giovanni Arcimboldi che gli procurò nello stesso anno il titolo di familiare e commensale continuo del pontefice stesso, privilegio che comportava la precedenza nelle aspettative dei benefici rispetto agli altri concorrenti. Nel 1475 risulta al servizio di Tommaso Vincenzi, vescovo di Pesaro e tesoriere generale pontificio, che gli aprì le porte del palazzo vaticano.
L'unico punto oscuro in questa fortunata carriera beneficiale era costituito dai suoi peccati giovanili. In effetti già per la prima aspettativa concessagli da Paolo II erano sorti contrasti con Johann Gosein e Heinrich Kirchberos che reclamavano il beneficio per sé. La lite fu portata davanti alla Sacra Rota che la decise in favore del Burckard. Ma la sentenza non fu eseguita a Strasburgo, dove non era ancora spento il ricordo delle censure canoniche nelle quali il B. era incorso per il falso e il furto commessi in gioventù. In conseguenza egli si decise a chiedere al papa l'assoluzione dai peccati giovanili: prima da quello di falso, che ottenne il 2 ott. 1473, e poi, visto che i due concorrenti non si dettero per vinti, anche dal furto, confessato e perdonato nel 1475. Forte dei due decreti di assoluzione che rimuovevano ogni impedimento canonico, nel 1477 il B. si recò trionfante a Strasburgo, dove ottenne anche la cittadinanza, che gli dovette facilitare l'accesso al benefici.
Da allora nessun ostacolo si frappose più al perseguimento di una caccia sistematica al beneficio che ha del prodigioso. Il B., che nel frattempo si era preoccupato di completare la sua modesta istruzione (compì studi teologici e giuridici, senza conseguire mai tuttavia alcun titolo accademico, anche se una volta nel 1478 èricordato con la qualifica di "magister"), continuò infatti ad accumulare benefici ad un ritmo vertiginoso: l'11 apr. 1478 fu nominato accolito e cappellano pontificio, il 7 luglio dello stesso anno abbreviatore delle lettere apostoliche, il 2 febbr. 1481 protonotario apostolico e il 29 novembre infine cerimoniere della cappella pontificia al posto di Agostino Patrizi, elevato alla dignità di vescovo di Pienza e Montalcino. Quest'ultima carica, che ottenne dietro l'esborso della cospicua somma di quattrocentocinquanta ducati, lo doveva impegnare intensamente per tutta la vita.
Preposito di S. Fiorenzo in Haslach dal 3 sett. 1485 e decano del capitolo di S. Tommaso, quello stesso dal quale era stato scacciato per le sue malefatte giovanili, dal 1488, divenne il 30 marzo dello stesso anno anche maestro del registro delle suppliche. Il 19 nov. 1503 infine Giulio II lo nominò vescovo di Orte e Civita Castellana, anche se il B. avrebbe personalmente preferito la sede di Nepi, dotata di entrate assai più cospicue. In questi anni il B. cominciò a soffrire di gotta, dalla quale cercò invano sollievo, nei bagni di Viterbo. Morì il 16 maggio 1506 nella sua casa romana "satis lamentabiliter", come annotò il suo segretario Michael Sander, e fu sepolto il giorno seguente nella chiesa di S. Maria del Popolo, nella cappella del cardinale di Salerno Giovanni Vera. L'orazione funebre fu recitata dall'agostiniano Raffaello Lippo Brandolini.
Sebbene il B. si fosse trasferito in Italia già in giovane età, non perdette mai il contatto con la sua terra di origine, dove ritornò varie volte nel corso della sua vita, senza temere i disagi del lungo viaggio. Tenne stretti rapporti anche con i suoi connazionali di Roma e fu accolto nella confraternita tedesca di S. Maria della Anima il 1º nov. 1489. Si occupò in seguito con zelo degli interessi della confraternita, nella quale ricoprì per molti anni la carica di provveditore che contemplava anche l'amministrazione del suo patrimonio. Ottenne da Alessandro VI nel 1499 il permesso di costruire una nuova chiesa e fu incaricato il 25 settembre dello stesso anno, insieme con alcuni confratelli, di sovrintendere ai lavori. Probabilmente proprio per il fatto di essere tedesco fu scelto nell'estate del 1496 per accompagnare il cardinal legato Bernardino Carvajal nell'Italia settentrionale per incontrare il re dei Romani Massimiliano I.
Del forte attaccamento al suo paese di origine resta ancora ampia testimonianza nella splendida casa che il B. si fece costruire a Roma nell'attuale via del Sudario, con tutta probabilità da artigiani venuti appositamente dall'Alsazia. La casa con gli esterni in schietto stile gotico (la torre sulla quale il B. fece riportare la parola "Argentinensis" dette il nome all'attuale via di Torre Argentina) fu affrescata con pitture di stile rinascimentale e completata verso il 1500. Individuata all'inizio di questo secolo dallo Gnoli, fu restaurata nel 1931.
Il B., che sin dall'adolescenza aveva dimostrato un interesse spiccato per tutto ciò che riguardava il cerimoniale ecclesiastico, lasciò varie opere di carattere liturgico, composte in parte da solo, in parte in collaborazione con altri. La più importante di esse è certamente il famoso Liber notarum, il diario della sua attività di maestro delle cerimonie, che il B. cominciò il giorno del suo ingresso in carica e condusse fino alla sua morte. Il diario, iniziato per ovviare alle necessità pratiche di raccogliere materiali utili all'esercizio delle sue funzioni (contiene infatti descrizioni minuziose di cerimonie sacre celebrate in occasione di concistori, conclavi, canonizzazioni ecc. e dell'etichetta della corte pontificia osservata nelle varie circostanze come l'accoglienza di principi, ambasciatori e altri dignitari laici ed ecclesiastici), assume particolare importanza per l'inserzione di notizie su avvenimenti contemporanei e sulla vita romana del tempo che fanno di esso, anche per la spregiudicatezza con cui sono riferite, una fonte preziosa e sicura per la storia dei pontificati di Innocenzo VIII, Alessandro VI in particolare, Pio III e Giulio II.
Il diario del quale fu assai presto riconosciuto il grande interesse storico fu usato ampiamente dal Raynaldi per i suoi Annales ecclesiastici ed ebbe una larga fortuna editoriale. Le prime edizioni parziali si ebbero già nel secolo XVII. Il Godefroy ne pubblicò alcuni brani riguardanti il Savonarola sotto il titolo Extrait du journal d'un maître des cérémonies de la cour de Rome in appendice a una edizione dei Mémoires del Commynes (Paris 1649), mentre il Leibniz, che si servì di un manoscritto conservato a Wolfenbüttel, stampò un ampio estratto con il titolo Specimen historiae arcanae sive anecdotae de vita Alexandri VI papae seu excerpta ex diario Iohannis Burchardi (1697). Seguirono tra il Sette e l'Ottocento altre edizioni, sempre parziali, a cura dell'Eccard, del Foncemagne, del De Bréquigny, del Cimber e del Gennarelli. Fu il Thuasne che pubblicò per primo il testo integrale (Iohannis Burckardi Argentinensis... capellae pontificiae sacrorum rituum magistri Diarium sive rerum urbanarum commentarius, Paris 1883-1885), basandosi però su manoscritti scarsamente attendibili e alquanto lacunosi. E. Celani riuscì infine a ricostruire il testo in modo abbastanza soddisfacente e ne curò l'edizione critica per i Rerum Italicarum Scriptores (Iohannis Burckardi Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII usque ad annum MDVI, 2 ed., XXXII, 1). Dell'autografo del B., di scrittura minuta e pressoché illegibile ("credo ipsum habuisse diabolum pro copista", osservò Paride Grassi successore del B. nella carica di maestro cerimoniere e primo possessore del suo manoscritto), resta infatti solo una piccola parte riguardante gli anni dal 1503 al 1506, che si conserva nell'Archivio Segreto Vaticano (Arm. XII, vol.13). Ma il Celani riuscì a identificare anche una copia, relativa agli anni 1492-1496, eseguita sotto il diretto controllo del B. (Biblioteca Apost. Vaticana, Vat. lat. 5632) e alcune copie complete eseguite dal Panvinio sull'originale verso la metà del secolo XVI. Di recente è stato identificato un nuovo manoscritto dei più antichi che apporta ulteriori elementi alla storia della tradizione del testo.
Insieme con Agostino Patrizi suo predecessore, il B., del quale ormai era universalmente riconosciuta la rara competenza nel campo delle cerimonie (la sua autorità in questo campo gli valse l'invito a Napoli nel 1494 per organizzare quelle dell'incoronazione di Alfonso II, e poco dopo quelle del matrimonio di Goffredo Borgia, duca di Gandia con Sancia d'Aragona), curò la rielaborazione del Liber pontificalis che fu presentata a papa Innocenzo VIII il 20 dic. 1485 nell'edizione a stampa curata da Stefano Planck e che, dopo una nuova revisione eseguita in collaborazione con Giacomo de Lutiis, vescovo di Caiazzo, fu ristampata nel 1497 a Roma con il titolo di Liber pontificalis editus diligentia Augustini Patricii de Piccolominibus episcopi Pientini et Iohannis Burckardi. Ebbe altre edizioni nel 1511 (Lione e Venezia) e nel 1520 (Venezia). Quest'ultima fu riprodotta quasi integralmente nella prima edizione ufficiale del Pontificale sotto Clemente VIII, a Roma nel 1598.
Sempre in collaborazione con il Patrizi e su incarico di Innocenzo VIII il B. curò anche la revisione del cerimoniale romano che fu completata nel 1488 e presentata al pontefice il 29 febbraio di quell'anno. Ebbe la sua prima edizione con il titolo di Rituum ecclesiasticorum sive sacrarum caeremoniarum S. S. romanae ecclesiae libri tres nel 1516 a Venezia e fu ristampata nel 1557 a Colonia e nel 1582 ancora a Venezia.
Il B. è autore anche di un Ordomissae secundum consuetudinem Sanctae Romanae ecclesiae, un piccolo manuale pratico di liturgia ad uso dei sacerdoti che ebbe grande diffusione e fu stampato da Stefano Planck a Roma nel 1498.
Sono stati ritrovati recentemente da F. Wasner nel codice Vat. lat. 8416 altri scritti liturgici del B.: si tratta di cinque "ordines", e precisamente di quelli relativi all'ordinazione sacerdotale e episcopale di Pio III che al momento della sua elezione (22 sett. 1503) era in possesso dei soli ordini minori (il cerimoniale da stabilire presentava qualche difficoltà anche per la circostanza che il papa, sofferente, non poteva stare in piedi); di due altri per l'ordinazione sacerdotale dei cardinali Galeotto Della Rovere e Raffaele Riario, ed infine di quello, molto elaborato, per l'ordinazione episcopale del B. stesso, avvenuta il 9 apr. 1504, per mano del papa Giulio II nella cappella Sistina.
Di proprietà del B. erano anche gli attuali codici Vat. lat. 5633, 12343 e 12348 della Bibl. Apost. Vaticana, che dopo la sua morte passarono ai suoi successori nell'ufficio di maestro delle cerimonie. Più che di scritti originali si tratta di materiale liturgico che il B. raccolse per le sue opere. Di particolare importanza si è rivelato il codice Vat. lat. 12348, contenente opere liturgiche quattrocentesche (la prima è un cerimoniale proveniente dalla cancelleria dell'antipapa Benedetto XIII) ereditate con tutta probabilità dai predecessori e dal B. fatte copiare, senza che si siano conservati gli originali.
Fonti e Bibl.: Liber confraternitatis B. Mariae de Anima Teutonicorum de Urbe, Romae 1875, p. 85; Mittheilungen aus dem Archiv des deutschen Nationalhospizes S. Maria dell'Anima in Rom, a cura di F. Nagl e A. Lang, Rom 1899, nn. 88, 94, 96, 106, 108, Appendice 6 e 7; A. Piever, Das Original des Diarium Burchardi, in Römische Quartalschrift, VII (1893), pp. 387-403; Id., Ein unediertes Stück aus dem Tagebuche Burckards,ibid., VIII (1894), pp. 187-196; C. Constant, Deux manuscripts de Burchard, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XXII (1903), pp. 209-250; J. Schmidlin, Geschichte der deutschen Nationalkirche in Rom Santa Maria dell'Anima, Freiburg i. B.-Wien 1906, ad Indicem; D.Gnoli, La torre Argentina in Roma, in Nuova antologia, maggio-giugno 1908, pp. 496 ss.; J. Lesellier, Les méfaits du cérémonier Jean Burckard, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XLIV (1927), pp. 11-31; P. Paschini, A proposito di Giovanni Burckardo cerimoniere pontificio, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LI (1928), pp. 33-59; A. Petrignani, Il restauro della casa del Burcardo in via del Sudario in Roma, in Capitolium, IX (1933), pp. 191-200; L. Oliger, Der päpstliches Zeremonienmeister Johannes Burckard von Strassburg 1450-1506, in Archiv für elsässische Kirchengeschichte, IX (1934), pp. 199-232; G. Soranzo, Studi intorno a papa Alessandro VI (Borgia), Milano 1950, pp. 34-75; G. B. Picotti, Nuovi studi e documenti intorno a Papa Alessandro VI, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, V (1951), pp. 173-180; C. Vogel, Introduction aux sources de l'histoire du culte chrétien, in Studi medievali, IV (1963), 2, pp. 440, 500, 545 ss., 559; F. Wasner, Eine unbekannte Handschrift des Diarium Burckardi, in Historisches Jahrbuch, LXXXIII (1964), pp. 300-331; Id., Ein unbekannter liturgischer "libellus" des päpstlichen Zeremonienmeisters J. B., in Ephemerides Liturgicae, LXXX (1966), pp. 294-308; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., X, coll. 1249-1251; Neue deutsche Biographie, III, p. 34; L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, n. 4102; IV, n. 13285; Repertorium fontium historiae medii aevi, II, pp. 611 s.