RICHTER, Johann Paul Friedrich
Romanziere tedesco (pseudonimo: Jean Paul), nato a Wunsiedel il 21 marzo 1763, morto a Bayreuth il 14 novembre 1825. Schiller lo paragonò a "un uomo caduto dalla luna", Goethe lo raffigurò spassosamente sotto le spoglie di "Der Chinese in Rom", Nietzsche lo definì "ein Verhängnis im Schlafrock". Egli era il rappresentante di un mondo che, nella sua riluttanza a ogni rigore formale, costituiva la diretta antitesi dell'apollinea purità di stile cara allo spirito classico. "Libertino della vita interiore", com'egli stesso si designò, "cavaliere della metafora sopra la terra" e "acchiappamosche nei cieli dell'ideale", etereo e materiale, mistico e borghese, ingenuo e smaliziato, umoristico e sentimentale, informe e squisito, egli fu, in maniera esemplare, l'incarnazione di quel "deutsches Gemüt", che - al disotto di tutti gli slanci verso l'assoluto - costituisce forse il vero tono medio della spiritualità germanica.
Spirito a struttura non logica né plastica, ma musicale, ebbe una formazione lenta e difficile. Figlio di un pastore protestante estroso e carico di famiglia, che morì quando egli aveva appena sedici anni; cresciuto in sperduti ambienti di provincia - a Joditz (1765-76), a Schwarzenbach (1776-1779), e poi per due anni, al ginnasio, a Hof (1779-81) - accanto a una madre che era una buona donna, senza risorse, e accanto a fratelli, ugualmente senza pregi, dei quali uno fu barbiere, uno finì ubbriacone e uno suicida; portato dalla sua natura sensitiva e avida a esaltarsi in letture che solo il caso o la moda dei tempi gli suggerivano; indotto da un'oscura coscienza di sé a porsi mete che "sentiva alte ma non vedeva", incontrò nella stessa complessità delle sue attitudini un impaccio al suo sviluppo. E non soltanto non riuscì, dal punto di vista pratico, a crearsi un suo posto nel mondo, cosicché, dopo avere studiato teologia a Lipsia (1781-84), alla fine si trovò ridotto a dover cercare di nuovo asilo a Hof, presso sua madre, che quasi non aveva pane nemmeno per sé, e anche in seguito continuò ancora a stentar la vita senza posizione sicura, prima istitutore a Töpen (1787-89), poi maestro a Schwarzenbach (1790-94) e a Hof (1794-96); ma anche internamente disperse le sue forze prima di giungere a consapevole chiarezza su di sé.
Negato alla speculazione, così che per tutta la vita gli restò precluso ogni accesso alla comprensione della nuova filosofia, e invece, al tempo stesso, aperto alla curiosità e al bisogno della "vita delle idee", si accanì a stendere saggi filosofici, religiosi, moralistici, che hanno valore, per lo più come lo Andachtsbüchlein (1784), solo per lui stesso. Facile a commuoversi davanti a ogni blandizie di sogni o estasi di sentimento, specchiò il lirismo della Nouvelle Héloïse nella patetica corrispondenza di amorosi sensi di Abelard und Heloise (1781). Sensibile al lato comico della vita, riprese in un Lob der Dummheit (1781) il vecchio motivo erasmiano e, soprattutto, sulle orme di L. Sterne e di Th. G. Hippel, si scapricciò in bizzarre uscite satiriche che investivano un po' tutto e tutti (Grönländische Prozesse, 1783; Auswahl aus des Teufels Papieren, 1787). In realtà, il suo tono personale non era in nessuno di questi singoli orientamenti; ma in una disposizione di spirito crepuscolare e composita che tutti li comprendeva in sé articolandoli in un instabile multivago giuoco d'immaginazione. Spontaneamente gli si formarono così nella fantasia i suoi primi tipici personaggi ingenui e bizzarri, banali e poetici, ridicoli e commoventi: Freudel (Des Amtsvogts Josuah Freudel Klaglibell gegen seinen verfluchten Dämon, 1790; red. definitiva 1796), Fälbel (Des Rektors Florian Fälbels und seiner Primaner Reise nach dem Fichtelberg, 1790, ed. def. 1796), e specialmente Wuz, il bonario (Leben des vergnügten Schulmeisterleins Maria Wuz in Auenthal, 1790; ed. def. 1793), finché con la Unsichtbare Loge (1793, col Wuz in appendice) la sua ispirazione fantasiosa, straripando fuori del limite dei piccoli idillî umoristici, riuscì a dare vita anche a una forma di romanzo che era adeguata alle sue esigenze. Era, in fondo, la forma stessa del romanzo educativo cara a tanta letteratura del secolo; ma con una composizione ancora più sciolta, tale che il processo di formazione spirituale dell'eroe impernia su di sé, non soltanto un succedersi di situazioni e avventure, ma tutto uno svariare continuo di mutevoli Stimmungen, quali si vengono via via alternando, ora in tono umoristico ora in tono lirico, nell'anima del poeta. E, in questa forma, nel giro di pochi anni, si susseguirono le nuove opere: Hesperus oder 45 Hundsposttage (1795); Leben des Quintus Fixlein, aus fünfzehn Zettelkästen gezogen, neben einem Mussteil und einigen Jus de tablette (1796); Blumen- Frucht- und Dornenstücke, oder Ehestand, Tod und Hochzeit des Armenadvokaten F. St. Siebenkäs im Reichsmarktflecken Kuhschnappel (1796-97).
Lo Hesperus riprende con più spirituale delicatezza di toni e varietà di effetti il motivo della Unsichtbare Loge. Il Quintus Fixlein ritorna con più inventiva psicologia e più colorita tavolozza al mondo umoristico-idillico del Wuz, descrivendo tutta una quieta felicità di vita provinciale. Il Siebenkäs discende, ancora una volta, nel medesimo mondo di provincia, e indugia con delizia di particolari nell'analisi di un borghese scombussolato idillio.
C'è, nell'insieme dei quattro romanzi - dalla Loge al Siebenkäs - tutta una folla di borghesi, "macchiette" che si muovono, si agitano, vivono; ma è, al tempo stesso, dappertutto, come se Johann Paul tenga quel suo mondo costantemente sommerso in un'atmosfera di sogno e di nostalgia, che non soltanto si espande in effusioni liriche e suscita al disopra delle reali vicende della vita un iridato inseguirsi di fate morgane, ma tende a imbevere di sé la stessa realtà, facendola apparire tutta venata e arabescata di romantica poesia. Anzi, soprattutto sotto quest'ultimo aspetto, l'arte di Jean Paul è riuscita veramente creatrice: da Amandus a Emmanuel, da Beata a Nathalie, i puri "personaggi di sogno" sono inconsistenti, evanescenti; e lo Hesperus, nel suo "traboccar di sentimento", è spesso convenzionalmente sentimentale. Tuttavia, proprio questo traboccare di sentimento, era ciò che l'epoca chiedeva.
Jean Paul era ancora ragazzo e già regalava "manate di mandorle e prugne" a una Augustine, che custodiva le mucche. Poi, è un lungo susseguirsi di numerosi rapidi amori; finché nel 1800 egli si fidanzò con Karoline Mayer.
Furono anni di grande dispersione, nei quali poco tempo rimase per la letteratura (Der Jubelsenior, 1797; Das Kampaner Tal, 1797; Palingenesien, 1798; Jean Pauls Briefe und bevorstehender Lebenslauf, 1799); ma furono anche, per Jean Paul, anni d'importanza essenziale, perché gli crearono intorno quel clima d'incandescente esaltazione sensuale-sentimentale, di cui le sue forze avevano bisogno. Per una parte, nelle relazioni personali, se non cordiali, con Goethe e con Schiller, nella consuetudine di amicizia con Jacobi e con i coniugi Herder, nel contatto immediato e continuo con le maggiori correnti di arte e di pensiero dell'epoca, si alzò il tono della sua esistenza spirituale. Per l'altra parte, nella morbida e, per lui, eccitante atmosfera di quella vita d'avventure in un mondo di raffinatezza e di lusso, di cui egli s'inebriava, la sua immaginazione si accese, i suoi sogni e le sue fantasie si fecero più corposi, la sua tavolozza più calda, ricca e varia di sfumature. Fu come una tarda giovinezza, vissuta alla vigilia dei quarant'anni. E tutto ciò che c'era in lui di latente, proruppe in piena manifestazione. Le stesse opere di pensiero di maggiore impegno sorsero nella scia di questo turbinoso momento della sua vita: la Clavh Fichtiana seu Leibgeberiana (1800), la quale dimostra la sua assoluta incapacità a uscire dal dualismo empirico dei suoi sentimentali "colloquî col proprio Io", ma pur non è qua e là senza accortezze nella sua "patetica malizia"; la Vorschule der Åsthetik (1804), vera Summa di tutto ciò che un'anima borghese, come la sua, poteva assimilare dal vitalismo dello Sturm und Drang, dall'umanesimo dei classici, dal misticismo estetico dei romantici - e perciò appunto storicamente importante come preludio al tono sempre più decisamente borghese che la letteratura in seguito doveva assumere - e anche in sé e per sé interessante, per l'esperienza letteraria che ci si sente dentro; la Levana oder Erziehlehre (1807), forse il più vivo documento dell'evoluzione che, sul volgere del secolo, l'ideale educativo di Rousseau e il pensiero didattico di Pestalozzi vennero necessariamente a subire entro l'atmosfera spirituale della nuova humanitas classica e romantica - tale che, per l'amore all'infanzia che vi spira e per l'immediatezza di intuizioni di cui è materiata, Goethe stesso vi si compiacque. Universalmente accolta è anche oggi l'idea centrale dell'opera, che l'educatore deve bensì muovere sempre, come vuole Rousseau, dalla natura stessa del fanciullo e guardarsi dal farle violenza; ma deve anche coltivare i germi di bene che essa contiene. E viva è rimasta anche la delicata, commossa, immaginosa poesia che aleggia in molte pagine: vi è, in toni più semplici e chiari, la stessa calda interiorità, da cui sono scaturiti i contemporanei due grandi romanzi: il Titan (1800-1803) e i Flegeljahre (1804-1805).
Il Titan, incominciato nel 1799 e terminato nel 1803 a Meiningen, è per lo più in una tonalità accesa e intensa; i Flegeljahre, incominciati nel 1800 e terminati nel 1804, durante il soggiorno di Jean Paul e della sua famiglia a Coburgo, sono invece tenuti in toni più smorzati. Ma, come cronologicamente, così dal punto di vista dell'arte, sono vicini e in certo modo s'integrano. Il Titan presenta, ancora una volta, la storia della formazione spirituale di un giovane nell'esperienza della realtà; ma, mentre il mondo di questa esperienza si è ampliato ed elevato, al tempo stesso ha preso una più concreta consistenza. E, per converso, i Flegeljahre, con una storia di clausole testamentarie, che regge tutta la narrazione, sono trasportati entro un'atmosfera più mossa e aerata. Nell'uno e nell'altro romanzo, la fusione fra il sentimento della realtà e il bisogno di sempre fantasticare e sognare, s'è fatta più profonda e continua. E nuove e più complesse figure - verso di cui l'arte di Jean Paul aveva teso sempre senza poterle raggiungere - sono nate; così, nel Titan, Roquairol, il "titano decaduto" romantico e cinico, sensitivo e brutale, che da ogni impeto d'anima è ciecamente travolto nell'ebbrezza del peccato; e così nei Flegeljahre, Vult, l'"uomo della strada", che ha gli occhi snebbiati e asciutti, e guarda al sodo, eppure dentro di sé resta estroso come il più estroso poeta.
La composizione del romanzo, pur sfrondandosi, è rimasta girovaga e sbandata; ma è tutto un continuo improvviso succedersi di momenti di alta poesia. La stessa "arguzia", che è, per così dire, la marca di fabbrica dello stile di Jean Paul, è diventata più succosa, più lunga di risonanze, sotto il velo della sorridente ironia. E il linguaggio è così impressionisticamente ricco di "luci impensate, melodie nascoste, occulte pulsazioni", che Stefan George, dopo cent'anni, ha potuto riconoscervi "l'alba di una nuova arte della parola".
Gli ultimi vent'anni della vita furono trascorsi da Jean Paul a Bayreuth, dove giunse con la famiglia nell'agosto del 1804. E furono dapprima anni di famigliare idillio e di tranquillo lavoro. Poi i rapporti fra i coniugi incominciarono a guastarsi; e un'ultima avventura con Sophie Paulus - poi seconda moglie, presto divisa, di A. W. Schlegel - minacciò nel 1818 di guastarli del tutto. L'osteria di Dorothea Rollvaenzel, una piccola osteria fuori mano sul viale che conduce all'Eremitage, divenne così, a poco a poco, sempre più il "luogo di delizie" del poeta del Titan: la Rollwenzel teneva per lui riservata una piccola stanzetta disadorna, con la vista aperta sulla campagna; e lì, con un boccale di birra davanti e il fedele cane accucciato ai piedi, egli scrisse la più gran parte delle sue ultime opere: Des Feldpredigers Schmelzle Reise nach Flätz mit fortgehenden Noten (1809), il grottesco caro al Carlyle che lo tradusse; Dr. Katzenbergers Badereise (1809), racconto comico-satirico con varie appendici, fra cui Die Kunst einzuschlafen e Das Glück auf dem linken Ohre taub zu zein; Das Leben Fibels, des Verfassers der bienrodischen Fibel (1812), umoristico idillio con accenti qualche volta tragicomici; Der Komet oder Nikolaus Markgraf (1820-22), trascrizione dei motivi del Titan in linee di caricatura alla Don Quijote. Poi incominciò il definitivo declino. Nel 1821 la perdita dell'unico figlio maschio, Max, ancora giovanissimo, lo abbatté; e se ne sente l'eco nelle meditazioni religiose a cui si volse, specialmente in Selina oder über die Unsterblichkeit der Seele, uscita postuma, incompiuta. Dal 1823 in poi anche le forze fisiche avevano incominciato infatti a venire meno. Quando morì, era diventato completamente cieco.
Opere: Sämmtliche Werke, voll. 60, Berlino 1826-28, con l'aggiunta del Literarischer Nachlass, voll. 61-65, ivi 1836-38, e Sämmtliche Werke, ed. R. Gottschall, voll. 60, ivi 1879. Ediz. critica: Gesammelte Werke, ed. E. Berend, voll. 30 (in corso di pubblicazione), Weimar 1927 e segg. Edizioni parziali: Ausgefvählte Werke, ed. P. Nerrlich, voll. 5, Stoccarda 1884; ed. P. Steiner, voll. 8, ivi 1898; ed. R. Wustmann, voll. 4, Lipsia 1908; ed. E. Berend e C. Freye, Berlino 1908-10; ed. E. Berend, voll. 4, ivi 1923; ed. R. Benz, voll. 3, Monaco 1924; ed. J. Müller, voll. 4, Lipsia 1925. Epistolario: Jean Pauls Briefe, ed. E. Berend, voll. 4, Monaco 1921-1926; e, fra gli epistolarî singoli, v. quelli con F. Jacobi, Berlino 1828; con H. Voss e A. Voss, Heidelberg 1833; con Ch. Otto, Berlino 1829-33; con Renate Otto, ed. J. Fr. Täglichswerk, Breslavia 1858; con Charlotte von Kalb, ed. P. Nerrlich, Berlino 1882; con la moglie, ed. P. Nerrlich, ivi 1902. Scritti autobiografici e documentarî: Wahrheit aus Jean Pauls Leben, ed. O. e E. Förster, Breslavia 1826-33; Denkwürdigkeiten aus dem Leben von J. P. R., ed. E. Förster, Monaco 1863.
Bibl.: Fra le biografie più antiche: H. Doring, J. P.s Leben und Charakteristik, Lipsia 1830-32; e, specialmente, O. Spazier, J. P. R., ein biographischer Kommentar zu seinen Werken, voll. 5, ivi 1833; K. Ch. Planck, Jean Pauls Dichtung im Lichte unsere rationalen Entwicklung, Berlino 1867; P. Nerrlich, J. P. und seine Zeitgenossen, ivi 1876, e id., J. P., sein Leben und seine Werke, ivi 1889. Cfr., inoltre, J. Firmery, Étude sur la vie et les øuvres de J. P., Parigi 1886; E. Berend, Jean Pauls Persönlichkeit, Monaco 1913; J. Müller, J. P. und seine Bedeutung für die Gegenwart, 2ª ed., Lipsia 1923; W. Harich, J. P., J. P., ivi 1925; J. Alt, J. P., Monaco 1925; W. Meier, J. P., Zurigo 1926; F. Bac, L'Allemagne romantique, J.-P. et l'amour universel, Parigi 1927; M. Kommerell, J. P., Francoforte 1934. Fra le indagini su problemi singoli, v.: F. Schneider, J. P.s Altersdichtung, Berlino 1901, e id., J. P.s Jugend, ivi 1905; K. Freye, J. P.s Titan, ivi 1907; R. Rohde, J. P.s Titan, ivi 1920; W. Münch, J. P. der Verfasser der Levana, ivi 1907; H. Bach, J. P.s Hesperus, ivi 1929; E. Berend, J. P.s Aesthetik, ivi 1909; R. Henz, Die Landschaftsddarstellung bei J. P., Vienna 1924; W. Rasch, Die Freundschaft bei J. P., Breslavia 1929; W. Schreiber, J. P. und die Musik, Lipsia 1929; W. Glock, J. P. als Freigeist, Heidelberg 1927; V. Kolatschewsky, Die Lebensanschauung J. P.s und ihr dichterischer Ausdruck, Berna 1922; M. Kommerell, J. P.s Verhältnis zu Rousseau, Marburgo 1927; J. Petersen, J. P. und die weimarer Klassiker, in Aus der Goethezeit, Lipsia 1932. Di particolare importanza è stato, per la critica posteriore, il breve saggio di St. George, premesso all'antologia di J. P. curata da lui e dal Wolfeskehl: J. P. (Ein Stundenbuch), Berlino 1900: v. ora il saggio riprodotto anche in Sämtliche Schriften, XVIII, ivi 1934. Notevole è, anche dopo la pubblicazione della recente monografia dello stesso autore, il saggio di M. Kommerell, in Der Dichter als Führer in der deutschen Klassik, Francoforte 1928. Per ulteriori ricerche bibliografiche, v.: E. Berend, J. P. - Bibliographie, Berlino 1925; il Jean Paul-Jahrbuch, ed. E. Berend, ivi 1925 segg.; e i Jean Paul-Blätter, editi a Bayreuth dalla Jean Paul-Gesellschaft, 1926 segg.