RÜCKERT, Johann Michael Friedrich
Poeta e orientalista, nato a Schweinfurt il 16 maggio 1788, morto a Neusess presso Coburgo il 31 gennaio 1866. Studiò a Würzburg e a Heidelberg, nel pieno fervore del movimento romantico, di cui subì l'influsso, ma dal quale presto si staccò per orientarsi verso una considerazione più oggettiva e più storica del mondo spirituale. Vero maestro del R., nella vita e nell'arte, fu il Goethe. Il primo suo scritto, il De idea philologiae, che gli valse la libera docenza presso l'università di Jena, riprende e svolge, estendendola all'universalità delle lingue, l'idea herderiana del linguaggio veste e corpo del pensiero, vivente organismo in perenne divenire, e celebra con Federico Schlegel l'Oriente come la culla di ogni vita ideale. Alla riscossa nazionale il R. diede il suo contributo coi Deutsche Gedichte (1814), pubblicati sotto lo pseudonimo di Freimund Raimar. Nel ciclo dei Geharnischte Sonette, che fa parte di questa prima raccolta, già si rivela chiaramente, coi suoi pregi e coi suoi difetti, la sua personalità lirica. L'innata fierezza del carattere e la salda tempra morale del poeta si rispecchiano, con sincerità di accenti, là dove per sua bocca parla la coscienza della stirpe e dell'umanità conculcata; ma alla sua esuberante vena manca e mancherà anche in seguito la disciplina della forma.
Il suo mondo interiore meglio si esprime nelle graziose finzioni fiabesche dei Fünf Märlein zum Einschläfern für mein Schwesterlein (1813) e nell'idillio Rodach (1815), che nella pacata visione d'una vita operosa e serena nella quiete dei campi già prelude alla parte più viva della sua poesia.
In Italia, ove dimorò dall'autunno del 1817 all'autunno del 1818 soffermandosi più a lungo a Roma e a Napoli, il R., pur restando romanticamente memore della sua verde Franconia - e canti di nostalgia sono le più belle liriche scritte durante il soggiorno italiano - fu intento a cogliere, nel canto, l'anima del nostro popolo, sforzandosi di rendere nei due cicli delle Sizilianen (1820) e dei Ritornelli (1822), nello spirito e nelle forme, la spontanea freschezza della nostra poesia popolare.
Ritornato dall'Italia, attese per alcun tempo a Vienna, sotto la guida del Hammer-Purgstall, allo studio delle lingue orientali, studio che proseguì poi per tutta la vita. Insegnò letterature orientali prima nell'università di Erlangen (1826-41) e quindi in quella di Berlino (1841-48), pubblicando, oltre alle molte traduzioni, una serie di importanti lavori nei Berliner Jahrbücher für wissenschaftliche Kritik e nella zeitschrift für die Kunde des Morgenlandes. Amareggiato per non aver ottenuto nella capitale prussiana il riconoscimento ch'egli s'attendeva, si ritirò nel marzo del 1848 nel suo podere di Neusess, dove trascorse gli ultimi anni, lontano dalle competizioni politiche e letterarie, fedele al suo evangelo del quieto e indefesso operare.
Natura riflessiva, scarsamente dotata di facoltà creative, il R. ebbe, come nessun altro poeta tedesco dell'Ottocento, il pieno e sicuro dominio della lingua, che piegò a tutte le forme e a tutti gli stili, traduttore e rifacitore impareggiabile di ogni poesia. Dagl'idillî di Teocrito ai Veda, dai canti ferventi di mistico ardore del poeta persiano Gialāl ad-Dīn Rūmī, coi quali introdusse in Germania il genere nuovo del ghazal (Ghaselen, 1821; Freimundghaselen, 1822) alle variazioni anacreontiche delle ostliche Rosen (1822), riecheggianti, sulle orme del Goethe, la poesia di Ḥāfiẓ, tutto egli tentò e tutto fece suo. Ma le opere che recano più viva l'impronta del suo spirito, sono, oltre ai brevi racconti attinti alle fonti orientali, due rielaborazioni di episodî dell'epopea indiana, Nal und Damajanti (1828) e Sawitri (1839), nei quali due figure di donne, umili e grandi nella loro dedizione allo sposo e nel forte soffrire, sono elevate a modelli di vita esemplare.
Ed è pur questo il centro ideale della sua opera lirica. Come nel ciclo giovanile del Liebesfrühling (1823-25) aveva cantato, con umile aderenza alla realtà quotidiana, ma con calore d'affetto, una tenue vicenda d'amore, così restò anche in seguito il poeta dell'intimità familiare. E lo stesso senso d'un quieto e sicuro possesso egli seppe trasfondere anche nella natura. Nei Kindextotenlieder, pubblicati postumi, l'amore paterno, nella chiaroveggenza del dolore, gli dettò alcune pagine che per la toccante verità onde è seguita l'agonia di un bimbo, già preludono ai grandi artisti del realismo. E iniziazione al mistero della vita e della morte vuol essere, nella sua sostanza lirica, il poema Die Weisheit des Brahmanen, in 12 libri (1836-39), opera che, fallita nel complesso, resta tuttavia, specie per gli ultimi libri, documento non trascurabile del lento e graduale trapasso, che caratterizza lo spirito religioso del primo Ottocento, dal panteismo romantico a un nuovo teismo, fondato nel senso vivo e profondo della paternità divina.
Il R. come orientalista. - Prescindendo qui dalla parte della sua produzione in cui il suo genio artistico reinterpretò liberamente elaborandoli materiali di provenienza orientale, ricordiamo solo le principali fra le numerose traduzioni, nelle quali il R., con solida conoscenza filologica dei testi e con la sua eccezionale padronanza della lingua tedesca, riuscì in genere felicissimo; dall'arabo tradusse in prosa rimata tedesca parte delle Maqāmāt di al-Ḥarirī, col titolo Die Verwandlungen des Abu Seid von Serug, Stoccarda 1826 (ed. definitiva, 1837); metricamente una scelta del divano di Imru'ul-Qais, Amrilkais der Dichter und König, Stoccarda 1843 (2ª ed. a cura di H. Kreyenborg, Hannover 1924) e la nota antologia poetica di Abū Tammām, al-Ḥamāsah (voll. 2, Stoccarda 1846); dal persiano, oltre alle versioni e adattamenti da Ḥāfiẓ e da Rūmī, inseriti in varie raccolte, con cui diede voga all'imitazione tedesca della forma metrica del ghazal, tradusse larghe parti dello Shāhnāmeh di Firdūsī (raccolte postume, col titolo Firdosi's Königsbuch, da A. Bayer, Berlino 1890-95, voll. 3; del 1838 è la più nota versione, o meglio quasi rielaborazione, dell'episodio Firdusiano di Rustem und Sohrāb). Da ricordare anche le versioni dirette dall'ebraico (Die hebräischen Propheten, übersetzt und erläutert, Lipsia 1831), mentre quella dello Shi-King (1833) non è certo dal cinese, ma da una traduzione latina. Accanto a tale imponente e in genere egregia opera di traduttore, le recensioni e osservazioni filologiche sparse dal R. in varî periodici orientalistici (p. es. quelle al 1° vol. della edizione e versione del Libro dei re, fatta dal Mohl, in Zeitschrift d. deutschen morgenl. Gesells., VIII-X) attestano il felice coesistere in lui di vere attitudini filologiche accanto a quelle, certo prevalenti, di poeta e abilissimo letterato.
Ediz.: Gesammelte poetische Werke, a cura di H. Rückert e D. Sauerländer, voll. 12, Francoforte 1867-69. - Altre ediz.: a cura di L. Laistner, Stoccarda 1896; di C. Beyer, Lipsia 1896; di G. Ellinger, Lipsia 1897 (voll. 2); di E. Gross ed E. Hertzer, Berlino 1910 (voll. 2). Recentemente furono pubblicate o ripubblicate sui manoscritti varie sue traduzioni: Atharwaveda, a cura di H. Kreyenborg, Hagen (Vestfalia) 1923; Amarusataka, a cura di J. Nobel, Hannover 1925; Hellenis, Sagen und Geschichten aus der griechischen Kaisergeschichte, a cura di H. Kreyenborg, ivi 1927. Inoltre: Rückert-Nachlese, a cura di H. Hirschberg, Weimar 1910-11 (2 volumi).
Bibl.: C. Beyer, Fr. R., ein biographisches Denkmal, Francoforte 1868; R. Boxberger, R. Studien, Gotha 1878; F. Muncker, Fr. R., Bamberga 1890; G. Voigt, R.s Gedankenlyrik, Annaberg 1881; R. Foà, Dalla "Primavera d'amore" di F.R., in Studi di lett. tedesca, Firenze 1895, p. 390 segg.; H. Tschersig, Das Gasel in der deutschen Dichtung, Breslavia 1907; L. Magon, Der junge Fr. R., Halle 1914; H.W. Church, Fr. R. als Lyriker der Befreiungskriege, New York 1916; Ambros, R. als Dramatiker, Vienna 1922; Fr. Krämer, R.s Bearbeitungen altdeutscher Dichtungen, Giessen 1923; H. Wiedemann, R.s Liebersfrühling, in Euphorion, XXV (1924).