RODBERTUS, Johann Karl
Economista e uomo politico tedesco, nato a Greifswald il 12 agosto 1805, morto a Jagetzow il 6 dicembre 1875. Figlio di un professore di diritto romano e nipote di J. A. Schlettwein, principale esponente della fisiocrazia tedesca, studiò diritto a Gottinga e a Berlino ed entrò subito dopo a far parte dell'amministrazione della giustizia della Prussia (1827-1832); riprese quindi gli studî a Heidelberg, visitò la Francia, la Svizzera, l'Olanda e, acquistata (1836) in Pomerania la grande proprietà di Jagetzow (per cui è spesso detto Rodbertus-Jagetzow), vi fissò la sua residenza. Prese attiva parte all'amministrazione locale fu quindi membro, nel 1848, dell'assemblea nazionale prussiana, e nel 1849 della seconda camera; nel 1848 fu anche per breve tempo ministro dei Culti e dell'Istruzione pubblica. Fu capo del centro sinistro e sostenne sempre in politica la monarchia costituzionale e l'unità nazionale. Dopo il 1849 si ritirò dalla vita pubblica per dedicarsi esclusivamente allo studio dei problemi sociali.
Il suo pensiero si ricollega a quello del primo socialismo francese intellettualistico, cui egli dà però una logica e una sistematica nuova. Partendo dalla premessa che la società sia un organismo creato dalla divisione del lavoro, e quindi basato sulla solidarietà degl'individui, la cui vita dipende dal buon andamento di tre funzioni: 1. adattamento della produzione ai bisogni; 2. piena utilizzazione dei mezzi di produzione esistenti; 3. giusta ripartizione del prodotto, egli vede nella situazione economica determinata dalla libera concorrenza, la produzione rimessa, invece, all'arbitrio del capitalista-proprietario e da questo guidata tenendo conto della domanda anziché degli effettivi bisogni. Constata soprattutto come al lavoro, unica fonte del prodotto, non sia, nell'attuale sistema di distribuzione, attribuita che una piccola parte del prodotto stesso e come questa partecipazione dei lavoratori sia anzi condannata ad essere sempre relativamente minore (rimanendo costante la quantità assoluta di prodotti ad essi riservata, nonostante il continuo aumento della produttività del lavoro: cosiddetta legge ferrea dei salarî). In conseguenza il pensiero del R. dovrebbe logicamente sboccare nel collettivismo assoluto. Egli aborre però, per natura, dai mutamenti rivoluzionarî e si tiene lontano dalle agitazioni di partito, nonostante le ripetute rimostranze di F. Lassalle. Teme la mancanza di preparazione delle masse, si preoccupa di non distruggere insieme con la proprietà "ingiusta" quella originata dal lavoro e di non ostacolare l'arte e la scienza. Non incline a transazioni nel campo dottrinale e ostile ai socialisti della cattedra, politicamente ripiega sulla via del compromesso e, rimandando a un lontano futuro l'abolizione della proprietà privata, si limita a proporre un piano di riforme tendenti in complesso ad annullare la libertà di contrattazione e ad assicurare l'automatica partecipazione dei lavoratori al progresso dell'industria, onde eliminare in definitiva pauperismo e crisi di sovraproduzione. Tra le riforme parziali proposte dal R. ricordiamo inoltre quelle circa il credito fondiario, ehe egli vuol trasformare nel senso di sostituire il pagamento di una rendita all'obbligo di restituire il capitale.
Negando valore all'individualismo e alla libertà economica e ispirandosi, d'altra parte, alla teoria organica dello stato di Hegel e Schelling, il R. affida appunto allo stato l'attuazione delle sue riforme, senza rendersi conto delle difficoltà pratiche del progetto. Lo stato dovrebbe stabilire la quota del prodotto totale dell'industria che spetta al lavoro; fissare e rivedere periodicamente prezzi e salarî, in base alla quantità di lavoro incorporata nei prodotti e alla durata della giornata lavorativa, ed emettere dei "buoni di lavoro" con cui gl'imprenditori possano pagare gli operai e questi alla lor volta acquistare dai magazzini pubblici i prodotti ceduti dagl'imprenditori allo stato in cambio dei buoni stessi. Il numero dei buoni, e quindi dei prodotti, a disposizione dei lavoratori, dovrebbe crescere col crescere della produzione totale.
Benché dal punto di vista della pura teoria possa ritenersi con Marx e K. G. Winkelblech uno dei principali rappresentanti del collettivismo integrale, il R. venne a trovarsi a capo di quel movimento che mirava alla soluzione delle questioni sociali per vie legali, al difuori da ogni azione politica, e fu, insieme con il Lassalle, ispiratore del socialismo di stato, che ebbe poi in A. Wagner il più autorevole esponente.
Le opere del R. passarono per lungo tempo quasi inosservate (alcune furono anche edite solo dopo la sua morte). Fu il Lassalle che, giudicandolo il maggior economista tedesco, attirò l'attenzione su di lui, e furono soprattutto il Wagner (che lo proclamò il Ricardo del socialismo) e R. Meyer a diffonderne le teorie. Varie critiche furono rivolte sia alla sua dottrina (specie alla presunta legge di decrescenza del salario proporzionale, al troppo vago concetto di bisogno sociale, alla teoria della rendita fondiaria, ecc.), sia all'utilità e alla possibile realizzazione delle riforme da lui proposte. Molto si è discusso anche circa la sua effettiva originalità; è indubbio infatti che la legge ferrea dei salarî si trova già in Ricardo, come la nozione del plusvalore in W. Thompson e che proposte circa la sostituzione della moneta con buoni di lavoro erano già state avanzate, e in parte attuate, da R. Owen e da P.-J. Proudhon. Particolarmente viva è stata poi la disputa circa l'influenza del R. su Marx.
I suoi principî fondamentali possono già trovarsi in Die Forderungen der arbeitenden Klassen del 1837 (a cura di A. Wagner e Th. Kozak, Berlino 1885), e ben poche mutazioni subirono nelle successive formulazioni. Molta importanza hanno i Soziale Briefe an v. Kirchmann, I-III, Berlino 1850-51 (rist. col titolo Zur Beleuchtung der sozialen Frage, 1875; 2ª ed., Berlino 1890); Das Kapital. Vierter sozialer Brief an von Kirchmann (a cura di A. Wagner e Th. Kozak, Berlino 1884). Ricordiamo inoltre Zur Erkenntniss unserer staatswirtschaftlichen Zustände (Neubrandenburg 1842); Zur Erklärung und Abhilfe der heutigen Kreditnot des Grundbesitzes (Jena 1868-69; 2ª ed., Berlino 1893); Briefe (a R. Meyer) und sozialpolitische Aufsätze (voll. 2, Berlino 1882); Neue Briefe über Grundrente, Rentenprinzip und soziale Frage an Schumacher (a cura di R. Michels, I, Karlsruhe 1926). Tracciò anche, a più riprese in varie monografie sulle istituzioni economiche del mondo antico e specie di Roma (pubblicate in Hildebr. Jarhb.), una sua propria filosofia della storia economica (v. l'op. cit. Zur Beleuchtung, ecc., parte 2ª). Una raccolta di parte degli scritti del R. in 4 volumi fu pubblicata a Berlino nel 1899.
Bibl.: Oltre alle principali storie dell'economia: A. Wagner, Einiges von und über R. J., in Zeitschr. für die gesammte Staatswissenschaft, 1878; Th. Kozak, R. J.'s sozialökonomische Ansichten, Jena 1882; M. Wirth, Bismarck, Wagner, R, Lipsia 1883; G. Adler, R. der Begründer des wissensch. Sozialismus, Lpsia 1884; H. Dietzel, K.R., voll. 2, Jena 1886-88; E. G. Jentsch, R., Stoccarda 1899; E. C. K. Gonner, The social philosophy of R., Londra 1899; E. Thier, R., Lassalle, Wagner, Jena 1930.