BODMER, Johann Jacob
Scrittore svizzero, nato il 19 luglio 1698 a Greifensee, morto a Zurigo il 2 gennaio 1783. Mandato dal padre in Francia e in Italia perché s'impratichisse nella lavorazione della seta (1718), s'occupò invece di più ameni studî, e, al ritorno, fondò, nella primavera del 1720, un circolo letterario (la Gesellschaft der Mahlern), dal quale uscì il 3 maggio 1721 il primo numero dei celebri Discourse der Mahlern, prima imitazione tedesca dello Spectator dell'Addison, dove a discettazioni sulla morale e sul costume s'intramezzavano discussioni letterarie, le quali contengono già in germe (nella polemica contro i marinisti della seconda scuola slesiana, nell'affermazione dell'identità delle arti) i concetti che gli "Svizzeri" dovevano poi svolgere largamente. Trovarono difficoltà nella censura, pochi lettori e pochi e poco zelanti collaboratori (i 94 numeri dei Discourse furono scritti quasi interamente dal B. e dal Breitinger, da allora in poi compagni di studî e amici strettissimi per tutta la vita), sicché alla fine del gennaio 1723 la loro pubblicazione cessò; ma i Discourse erano appena morti che una fungaia di consimili periodici spuntò in ogni angolo di terra tedesca, dal Leipziger Spectateur (1723) e dal Patriot (1724) di Amburgo alle Vernünftige Tadlerinnen (1725-26) di Lipsia, nelle quali pontificava il maggiore rappresentante del razionalismo letterario in Germania, il Gottsched.
Nel 1725 il B. era frattanto divenuto professore di storia patria nel Carolinum; e della sua operosità innovatrice anche in questo campo testimoniano il Verzeichnis aller zur eidgenössischen Historie dienenden Schriften, ch'egli promosse; la fondazione (1727) della Helvetische Gesellschaft, la quale attese a pubblicare importanti fonti svizzere e la Helvetische Bibliothek (1735-41), un periodico storico-politico in cui il B. ebbe grandissima parte; l'edizione, da lui curata, della Beschreibung helvetischer Geschichte del Lauffer e i 4 voll. degli Historische und critische Beiträge zu der Historie der Eidgenossen (1739). Di pari passo continuarono anche gli studî letterarî ed estetici. L'Addison aveva fatto conoscere al B. il Milton, e la scoperta del Paradiso Perduto fu un avvenimento addirittura decisivo nella sua vita. Il razionalismo del B. era molto più largo che non quello del Gottsched, e tutt'altro che inconciliabile con ciò che uscisse fuori dalle "regole"; la poesia del Milton fu esaltata come la "poesia per eccellenza", e in sua difesa il B. e il Breitinger elaborarono la teoria del "maraviglioso" ossia del "verosimile mascherato", il concetto che la poesia è "imitazione della creazione e della natura non solo nel reale ma anche nel possibile".
I concetti di "fantasia" e di naturalezza ebbero nuovo sviluppo in questa loro estetica, anche, e soprattutto, per l'influenza dello studio dei trattatisti italiani e della corrispondenza, durata oltre un trentennio (1728-62), del B. col conte Pietro Calepio (del cui Paragone della poesia tragica d'Italia con quella di Francia curò il B. stesso la stampa a Zurigo, 1732): un semplice estratto di essa è il Briefwechsel von der Natur des poetischen Geschmackes, dazu kommt eine Untersuchung wie ferne das Erhabene im Trauerspiele Statt und Platz haben könne; wie auch von der poetischen Gerechtigkeit (Zurigo 1736). Il gusto è per il B. (ma non per il Calepio) una facoltà dell'intelletto la quale serve a distinguere fra il vero e il falso, il perfetto e l'imperfetto; e per conseguenza può esistere un solo gusto vero, presso ogni popolo e in ogni tempo: un gusto basato sul sentimento è necessariamente falso. Al B. il Calepio aveva suggerito la lettura di trattatisti italiani, quali lo Sforza Pallavicino, il Gravina e il Muratori; e dalle loro opere, e specialmente dalla Perfetta Poesia, non poco derivarono gli "Svizzeri", soprattutto rispetto ai concetti di fantasia e di entusiasmo i quali permettevano di intendere più adeguatamente Omero, di apprezzare meglio Dante (del quale più tardi, nel 1763, il B. scrisse nel settimanale Freymüthige Nachrichten, una bella difesa, recentemente tradotta in italiano dal Croce, Critica, XVIII, pp. 306-311) e servivano d'altronde benissimo a giustificare la poesia miltoniana, al cui aperto servigio apparve nel 1740 la Critische Abhandlung von dem Wunderbaren in der Poesie und dessen Verbindung mit dem Wahrscheinlichen, in einer Vertheidigung des Gedichtes Joh. Miltons von dem Verlornen Paradiese, seguita nel 1741 dalle Critische Betrachtungen über die poetischen Gemälde der Dichter. Questi scritti, i quali, appoggiandosi alle dottrine degl'Italiani, ampliavano assai, col principio del maraviglioso, le possibilità del contenuto e facevano perdere alle regole il loro illimitato valore giustificando un'opera letteraria concepita fuori di esse (il B. mostrerà poi anche l'antistoricismo delle "regole"), dovevano inevitabilmente condurre alla lotta con l'intolleranza formalistica del Gottsched: lotta che, iniziatasi con una recensione di questi, durò a lungo vivacissima e divise addirittura, per qualche anno, la Germania letteraria in due opposti campi: Lipsia e Zurigo. Dapprincipio isolati, gli "Svizzeri" guadagnarono presto non pochi consensi; mentre all'ormai anziano B. non poteva poi toccare soddisfazione più grande di quella che di lì a qualche anno ebbe la ventura di avere leggendo i primi canti del Messias dell'allora giovanissimo Klopstock. Il binomio Milton-Klopstock racchiude - si può dire - il gusto e la poetica del B., il quale ebbe appena, al di là del Milton, un vago presentimento dello Shakespeare, e, all'infuori del Klopstock e del Wieland, disconobbe completamente la nuova grande letteratura tedesca di Lessing, di Herder, del giovine Goethe.
Una posizione analoga a quella assunta in fatto di letteratura e di gusto prese il B. di fronte al Gottsched nella questione della lingua. Secondo il Gottsched, tutta la Germania doveva scrivere e parlare esclusivamente secondo regole fisse, modellate sulla lingua di Lutero e, più ancora, dell'Opitz. Il B. non negò che l'alto-sassone, la lingua di Meissen, dovesse essere la base del tedesco letterario; ma, come non rinunciò sempre sentimentalmente attaccato al suo alto-alemannico e non senza giustezza osservava, contro il forzato e poco storico, anche se praticamente efficace, livellamento dei grammatici e razionalisti, che non vedeva ragioni per cui la lingua comune non dovesse derivare da altri dialetti parole ed espressioni mancanti all'alto-sassone.
Non va infine trascurato il merito non piccolo che il B. s'acquistò con le cure da lui rivolte alla letteratura medio-tedesca. Ben al di là dell'Opitz, pur da lui entusiasticamente ammirato (delle sue poesie iniziò anche, col Breitinger, nel 1745, un'edizione critica rimasta interrotta al primo volume), egli cominciò a intravvedere, aiutato sia dalla sua passione erudita, sia, più ancora, dalle sue dottrine estetiche, la grandezza della letteratura tedesca medievale. Già nel 1743, polemizzando col Gottsched, e ancora ignaro di medio-tedesco, aveva scritto Von den günstigen Umständen für die Poesie unter den Kaisern aus dem schwäbischen Hause; e in seguito, dopo un primo saggio passato inosservato (1748), pubblicò, nel 1758-59, dalla cosiddetta raccolta manessiana, la Sammlung von Minnesingern, mentre nel 1757 aveva edito, oltre alle Fabeln aus den Zeiten der Minnesingern, la Chriemhilden Rache und die Klage... samt Fragmenten aus dem Gedichte von den Nibelungen und aus dem Josaphat. Gli ultimi mesi della sua tarda eppur sempre operosa vecchiaia (nel 1778 apparve la sua versione in esametri dei poemi omerici che non dispiacque al Herder, e che fu gettata nell'ombra solo da quella, del resto poco posteriore, del Voss) furono rallegrati dal vedere stampata di sulle sue trascrizioni, per opera del suo conterraneo Ch. H. Müller, una grande raccolta della poesia tedesca dei secoli XII-XIV che i tempi erano, ormai, meglio disposti ad intendere.
Opere: Oltre gli scritti sopra citati ricordiamo qui soltanto il frammento di un'opera progettata in 5 voll.: Von dem Einfluss und Gebrauche der Einbildungskrafft, 1727, e la Sammlung critischer, poetischer und anderer geistvollen Schriften..., 12 Stücke, 1841-44. Gli altri scritti sono di carattere polemico, contro gli anacreontici, contro Lessing, contro i traduttori d'Omero, ecc., oppure parodie (dell'Ugolino del Gerstenberg, dell'Emilia Galotti di Lessing), oppure composizioni poetiche varie, tutte di scarso o di nessun valore. V. la scelta del Crüger nella Deutsche National-Litteratur del Kürschner XLII (1884); e le ristampe di Bächtold e Seuffert nei Deutsche Literatur-Denkmäler des 18. u. 19. Jahrhunderts, IX e XII. Una nuova scelta è annunziata dal Brüggemann per la serie Deutsche Dichtung.
Bibl.: Mörikofer, Die schweizerische Litteratur des 18. Jahrhunderts, Lipsia 1861, pp. 72-247; F. Braitmaier, Geschichte der poetischen Theorie und Kritik von den Diskursen der Maler bis auf Lessing, Frauenfeld 1888-89, parte 1ª, pagine 23-85, 152-245. Fondamentale è il volume di varî in collaborazione, J. J. B., Denkschrift zum CC. Geburtstag, Zurigo 1900, con il noto studio di L. Donati su J. J. B. und die italienische Litteratur; E. Meissner, B. als Parodist, Naumburg 1904; B. Croce, L'efficacia dell'estetica italiana sulle origini dell'estetica tedesca, in Problemi di estetica, Bari 1910, pp. 271-80; F. Budde, Bodmer und Wieland, in Palaestra, LXXXI, Berlino 1910; F. Gundolf, Shakespeare und der deutsche Geist, 3ª ed., Berlino 1920, pp. 95-102; H. Quigley, Italy and the Rise of a New School of Criticism in the XVIIIch Century, Perth 1921, pp. 121-23; sulle relazioni fra il B. e il Calepio, dei quali pubblica anche, non senza errori, varie lettere; infine, gl'importanti Studies in the Genesis of Romantic Theory in the Eighteenth Century di J. G. Robertson, Cambridge 1923, capitolo XII, che illustrano largamente il significato dell'estetica italiana del Settecento e la sua influenza sull'estetica tedesca di quel secolo.