JUNG-STILLING, Johann Heinrich
Scrittore religioso, nato a Grund (Nassau) il 12 settembre 1740, morto a Karlsruhe il 2 aprile 1817. Fino dai primi anni contrasse quell'abito quietistico di passiva attesa dei cenni divini che lo accompagnò per tutta la vita. Nel 1770 riuscì a liberarsi dalla schiavitù del mestiere di sarto cui il padre, un maestro di villaggio, l'aveva destinato; dal 1770 al 1772 frequentò i corsi di medicina dell'università di Strasburgo. Qui la consuetudine con Goethe e con Herder gli rivelò la sua disposizione all'attività letteraria. Conseguita la laurea e stabilitosi a Elberfeld, scrisse la prima parte della sua autobiografia, che il Goethe a sua insaputa pubblicò nel 1777 col titolo di Heinrich Stillings Jugend, derivando lo pseudonimo di Stilling dalla denominazione che volgarmente si dava ai pietisti, di Stillen im Lande (i "Tranquilli"). Alla prima parte fecero seguito, tra il 1778 e il 1817, via via le altre, e la narrazione fu condotta dall'autore fino all'anno 1804. Nel frattempo J. si era venuto acquistando fama di valente oculista e per un'operazione di cateratta fu nel 1775 a Francoforte, ospite di Goethe. In seguito J. si strinse di più forte amicizia e in comunanza di propositi con F. H. Jacobi e con Lavater, mentre invece i suoi rapporti con Goethe si allentarono. Nel 1778 gli fu affidata la cattedra di scienze camerali nell'Accademia di Kaiserslautern, donde passò nel 1784 a Heidelberg e tre anni dopo all'università di Marburgo. È questo il periodo della sua più intensa attività letteraria, volta a combattere in nome della fede i principî del razionalismo e del materialismo. Videro la luce in questi anni le Szenen aus dem Geisterreiche (3 voll., 1797-1801) e i romanzi Florentin von Fahlendorn, Theodore von der Linden, Theobald oder die Schwärmer, Das Heimweh (pubbl. nel 1794). Il veicolo principale della sua propaganda religiosa fu la rivista Der graue Mann. Nel 1803 il granduca Carlo Federico di Baden gli affidò il compito di promuovere nei suoi dominî la rinascita morale e religiosa del popolo, e a questa missione J. attese fino alla morte con zelo instancabile, tenendo un vastissimo carteggio con persone d'ogni fede e d'ogni ceto, e dando forma sistematica alla sua fede religiosa nella Theorie der Geisterkunde (1808), che al suo apparire destò le ire dei luterani ortodossi per la concezione swedenborghiana d'un regno degli spiriti che può comunicare con le anime dei viventi, mentre i romantici, con Arnim, vi salutavano con entusiasmo la fonte d'una nuova mitologia.
Poco originale e poco profondo come pensatore religioso, J. ha tuttavia il merito d'aver portato per primo, insieme con Lavater, i germi fecondi del pietismo fuori dalla chiusa cerchia delle conventicole, nel mondo della cultura e dell'arte. Come scrittore, l'intimo dissidio che non gli dava tregua, fra i principî deterministici del suo secolo e la sua fede di credente, troppo spesso lo spinse ad accentuare eccessivamente il suo atteggiamento quietistico, per cui l'esperienza religiosa, costretta e mortificata entro gli schemi della prassi salvifica del tardo pietismo, si risolve in un'arida casistica d'interventi provvidenziali. Ne viene un'esposizione tutta esteriore in uno stile scialbo e pedestre. Una sola opera di J. regge al giudizio estetico e vive e dura: la prima. Essa invera l'esigenza più profonda del suo spirito: quella di specchiare sé stesso, con lirica aderenza ai più fuggevoli moti dell'anima, in un mondo di umili, in cui ogni atto della vita sembri conformarsi in una musica interiore, obbedendo a un'unica legge: la costante fiduciosa ascesa verso il regno di Dio.
Ediz.: Sämtliche Werke, a cura di J. N. Grolmann (voll. 12), Stoccarda 1841-42; Lebensgeschichte, a cura di H. Holzhauer, voll. 2, Berlino s. a.; Briefe J. St.s an seine Freunde, a cura di A. Vömel, Berlino 1905.
Bibl.: Goethe, Dichtung und Wahrheit, l. 9°, 10°, 14°, 16°, passim; G. Stecher, J. St. als Schrifsteller, in Palaestra, CXX, Berlino 1913; R. Morax, Le docteur H. St., Parigi 1914; H. R. G. Günther, J. St. Ein Beitrag zur Psychologie des deutschen Pietismus, Monaco 1928; G. Necco, Lo spirito filisteo. Storia del pietismo germanico fino al romanticismo, Roma 1929, p. 180 segg.