HERBART, Johann Friedrich
Filosofo e pedagogista tedesco, nato a Oldenburgo il 4 maggio 1776, morto a Gottinga il 14 agosto 1841. Dai 12 ai 18 anni fu alunno della Schola latina, trasformata allora in Gymnasium, sotto l'influsso del neo-umanesimo. Nel 1794 s'iscrisse all'università di Jena, allora celebre per gl'insegnamenti del Reinhold, kantiano, dello Schiller e del Fichte. Fichte lo conquistò alla filosofia, ma non alla sua filosofia. H. si mantenne indipendente anche da Kant, quando il kantismo trionfava in quasi tutte le università tedesche. Come Kant, Fichte e molti altri celebri pensatori tedeschi, si guadagnò il primo pane come educatore privato, in casa von Steiger a Berna e a Interlaken (marzo 1797-dicembre 1799). Le relazioni di H. al padre sono documenti importanti, nei quali sono delineati i caratteri fondamentali della sua pedagogia. A Berna H. scoprì la sua vocazione per la filosofia e l'insegnamento. Vi studiò le opere di Kant, Schelling, Fichte. Prese posizione ferma contro l'idealismo romantico e contro il naturalismo pedagogico di Rousseau. A Berna egli scrive: "Io confesso di non avere idea alcuna di educazione senza istruzione; come viceversa non riconosco nessuna vera istruzione che non sia educativa". Da Berna, in una relazione del 1797, espose la sua teoria dell'interesse multilaterale. A Berna pose i fondamenti del suo realismo: 1. L'io è un prodotto delle rappresentazioni. 2. Le rappresentazioni sono forze che, pure scomparendo, cioè ritirandosi sotto la soglia della coscienza, si trasformano in tendenze. 3. Ai fatti psichici, che sono forze, si deve poter applicare il calcolo matematico. Si vede qui il principio di una statica e di una dinamica della realtà psichica: le matematiche si applicano alla psicologia elevata al grado di scienza esatta. Nel 1797 H. s'incontrò con Pestalozzi a Zurigo: due anni dopo lo visitò nella sua scuola popolare a Burgdorf, riportandone viva impressione. Egli raccontò tutto quanto udì e vide nella visita alla scuola del Pestalozzi. Tornò in Germania pestalozziano. A Halle conobbe il Niemeyer, autore del trattato di pedagogia allora più studiato e stimato da H. Andò a Brema, dove rimase due anni presso l'amico Smidt, insegnando privatamente e studiando. Nel 1802 s'iscrisse all'università di Gottinga, seguendo le lezioni sulle Pandette, su Pindaro e sulla meccanica superiore: il 22 ottobre fu proclamato Doctor philosophiae e il giorno seguente ottenne la libera docenza. Prima libero docente, poi professore ufficiale, insegnò a Gottinga dal 1802 al 1809; a Königsberg, sulla cattedra di Kant, dal 1809 al 1833; poi di nuovo a Gottinga, dal 1833 al 1841. La mancata chiamata a Berlino per succedere a Hegel fu per H. causa di tristezza (1831). La sua vita trascorse operosa, serena e quieta, tutta dedita all'investigazione della verità, fra casa e università, fra studio, lezioni e pubblicazioni. Ma nel 1837 un incidente politico venne a turbare la sua pace: Carlo Augusto, re di Hannover, ritirò improvvisamente la costituzione liberale largita nel 1833 e invitò a prestare giuramento di fedeltà al nuovo governo tutti gl'impiegati dello stato. Sette professori dell'università di Gottinga non giurarono. H., con altri, pur disapprovando l'atto del sovrano, non si associò alla protesta dei sette. Questi furono privati della cattedra e tre espulsi dal regno: H. continuò l'insegnamento, ma gli studenti, pur a lui affezionatissimi, per qualche tempo disertarono la sua aula. Fu per lui un grande dolore, che contristò i suoi ultimi anni.
Nel 1806 pubblicò La pedagogia generale derivata dal fine dell'educazione, che non ebbe subito fortuna, perché dominava l'idealismo e per il numero grande di trattati pedagogici pubblicati in Germania in quel torno d'anni: 1803, Pedagogia di Kant; 1805, di Schwarz, Niemeyer, Wolke, Arndt; 1807, di Stephani, Pölitz, G. P. Richter; 1808, di Suabedissen, Niethammer, oltre ai libri pestalozziani che arrivavano dalla Svizzera. È il periodo trionfale, non più superato, della filosofia e pedagogia tedesca. La Prussia riforma la scuola classica, sottraendola alla chiesa; il teologo, come tale, non è più professore; si costituisce il corpo speciale dei professori medî. Si riconosce la necessità d'una pedagogia e d'una tecnica dell'istruzione. G. di Humholdt si vale di H., ritenuto pestalozziano, per istituire a Königsberg un seminario pedagogico con scuola di tirocinio: lo nominó presidente della "Commissione scientifica per l'istruzione" con l'incarico di vigilare sui metodi. riformare programmi, libri di testo, ispezionare scuole, vigilare sugli esami di maturità. Il successo pedagogico di H. nella pietista Prussia orientale fu grande.
La filosofia per H. è l'elab0razione dei concetti, che stanno a fondamento delle scienze. Si fonda sull'esperienza. vi sono tre metodi di elaborazione: 1° logico; 2° metafisico; 3° estetico.
1. Logica: i concetti si rendono chiari e distinti (filosofia formale). È la propedeutica di tutte le scienze, ma non è strumento d'indagine per la scoperta del nuovo. Serve a far conoscere errori, non a scoprire nuovi veri. 2. Metafisica: trasforma i concetti per togliere le contraddizioni (1° psicologia; 2° filosofia della natura; 3° teologia naturale). 3. Estetica: considera i concetti non rispetto alla realtà, ma al giudizio di approva-. zione o disapprovazione, al gusto e al disgusto. Onde le scienze pratiche (musica, poesia, architettura, ecc.), che ci lasciano liberi di occuparci dei loro oggetti mentre l'etica ce ne fa obbligo. Le due applicazioni principali dell'etica, fatte con l'aiuto della psicologia e dell'esperienza, sono la politica, che riguarda lo stato, e la pedagogia che riguarda l'individuo.
I concetti elaborati dalla metafisica sono sperimentali. L'esperienza offre solo fenomeni, che sono subbiettivi, ma si riferiscono a un quid non percepito, che è il reale. Il presupposto di ogni fenomeno è il reale, che H. chiama monade (G. Bruno, Leibniz). Le monadi sono semplici, senza forma e parti, mentre gli atomi sono estesi e posseggono una forma. Gli atomi sono impenetrabili; le monadi si penetrano. L'anima è una monade, ed è la sede di tutti i fatti psichici, ma di essa ignoriamo l'essenza. Le monadi s'incontrano nello spazio, agendo e reagendo nelle due forme di perturbazione e autoconservazione, onde derivano tutte le forme del mondo, tutte le forze e le leggi.
Tra le scienze filosofiche classificate da H. quelle che fondano la pedagogia sono l'etica e la psicologia. Quella è parte dell'estetica, cioè della scienza dell'ideale, e presenta nell'educazione cinque idee esemplari: la libertà, la perfezione, la benevolenza, la giustizia e l'equità. La pratica universale di queste cinque idee genera la società animata e costituisce il fine cui deve tendere ogni educazione. La psicologia, cioè lo studio sperimentale dell'anima del fanciullo, indica i mezzi che si devono usare per conseguire il fine etico, che è poi la formazione del carattere. Al foco della coscienza morale dell'individuo sta l'umanità. Bisogna educare l'umanità. La nazione non è l'idea centrale dell'educazione, né per Kant, né per H.
La pedagogia si divide in tre parti: governo, istruzione, educazione.
Il governo si esercita sui fanciulli con una vigilanza illuminata, né gravosa, né troppo lunga; coi comandi e coi divieti, con le punizioni ragionevoli, ma soprattutto giova l'occupazione, che è fattore principale della disciplina. Il padre si serve più dell'autorità; la madre più dell'affetto, ma l'uno e l'altra devono ottenere l'obbidienza volontaria, non quella cieca; persuadere, non sottomettere. ll governo non fa parte dell'attività educatrice.
L'istruzione è la parte più importante della pedagogia di H. Per la prima volta la teorica dell'istruzione è concepita da un punto di vista scientifico. Se gli sforzi attuali per fondare una dottrina dell'organizzazione scientifica di tutto il lavoro umano, e quindi anche di quello didattico, avrà successo, la storia di questo sforzo si dovrà iniziare da H.
La psicologia di H., che è solido fondamento alla sua pedagogia, si riassume nei seguenti príncipî: H. non parla affatto di eredità psichica; delle facoltà tradizionali si nega l'esistenza; le percezioni o rappresentazioni sono autoconservazioni e primi germi di ciò che si dice vita; lo spirito è un tessuto infinito di rappresentazioni in continuo movimento ed è come una fiumana che cambia sempre direzione, forza, massa. Le rappresentazioni agiscono le une sulle altre: si fondono, si premono; segue una lotta; ogni rappresentazione resiste, perché è una forza. Alla lotta non segue annientamento, sì bene trasformazione: le rappresentazioni più deboli cadono sotto la soglia della coscienza, trasformandosi in tendenze a percepire; ricompaiono, quando la pressione è tolta (obliare e ricordare). Tutte le specie e i generi nascono da rappresentazioni che si ripetono e sono le fusioni dei caratteri costanti. I sentimenti e i voleri non esistono accanto alle percezioni, né fuori di esse, ma sono condizioni variabili delle percezioni, nelle quali hanno la loro sede. Le rappresentazioni che si aiutano recano piacere; quelle che si contrastano dolore. Il desiderio è soddisfatto quando la rappresentazione, vinti gli ostacoli, raggiunge la massima chiarezza e diventa azione. Il successo rinvigorisce la volontà, la quale è sempre il risultato della lotta delle rappresentazioni. È naturale che con una tale teoria psicologica le esortazioni, gli avvertimenti, le prediche, i premî e le punizioni, quando non siano compresi dal fanciullo, non costituiscono alcun progresso educativo, il quale dipende interamente dalla sfera delle idee, organica, compatta, chiara. Educare è istruire; e istruire è educare.
La teorica dell'istruzione di H. svolge i concetti d'interesse, attenzione, appercezione e memoria; sviluppa la multilateralità e l'equilibrio dell'interesse ed espone i quattro gradi dell'istruzione (1° chiarificare o isolare; 2° associare o confrontare; 3° sistemare o inquadrare; 4° metodo o applicazione).
L'interesse è l'idea base dell'istruzione secondo H. L'interesse pedagogico è un'estrinsecazione di tutto il nostro interesse per il mondo e l'umanità. L'interesse è conoscitivo (empirico, speculativo, estetico) o partecipante (simpatetico, sociale, religioso). Onde due tipi d'istruzione: 1° scientifico; 2° storico (umanistico). L'insegnante educatore coltiva tutte le sei specie d'interesse; combatte ogni forma di esclusivismo; completa il risultato dell'esperienza della natura e della convivenza sociale mediante l'esposizione estetica del mondo, il reale con l'ideale. L'osservazione della natura, la convivenza sociale e l'istruzione formano insieme l'esposizione estetica del mondo.
Le sei specie d'interesse si devono coltivare simultaneamente; invece i gradi formali indicano la successione e costituiscono l'articolazione dell'insegnamento. Nella fanciullezza predomina il primo grado, cioè la chiarezza; nell'adolescenza la comparazione; nella giovinezza il sistema; nella virilità l'applicazione. H. già da giovinetto filosofava; altri non filosofano in nessuna età.
L'istruzione riguarda cose, forme e segni. L'insegnamento delle cose e delle forme muove sempre dalla sensazione. Si abbandoni, come antieducativo, ogni insegnamento di lingua antica o moderna che non provochi l'attività intellettuale, ossia l'interesse dell'alunno.
La maniera d'istruire dipende dall'individualità del maestro; sia sempre naturale e sarà sempre efficace. Il metodo invece dipende dalle leggi della logica. I metodi sono tre: 1° descrittivo, che trasporta l'alunno in tempi e luoghi lontani con la lettura, con le immagini, con la vivezza della parola (viva vox docet); regola è farsi intendere fin dalla prima lezione; 2° analitico, che scompone le masse rappresentative, purifica le idee; esso si attua nelle due operazioni scolastiche della ripetizione e della correzione dei lavori scritti; nell'esporre e nell'interrogare; 3° sintetico, che va dall'a b c alle produzioni più alte e originali dello spirito; s'inizia con la matematica e si continua con le scienze e con la religione; muove dall'osservazione e sale alla speculazione.
L'istruzione religiosa appartiene alla famiglia e alla chiesa, non allo stato; la scuola non deve porvi ostacoli. La scuola deve educare alla solidarietà umana. L'individuo è cellula che vive dell'organismo sociale. L'istruzione sintetica della simpatia è compito precipuo della scuola. Inutile la precettistica; bisogna rendere la simpatia umana un abito del pensiero, e ciò si ottiene precipuamente seguendo le varie fasi della storia civile. La scuola deve creare, principalmente con la storia, il patriottismo europeo, ma non in giorni e ore fisse. Le cognizioni da insegnare debbono essere scelte accuratamente. La scienza segue nel suo sviluppo una via diversa da quella dell'anima del fanciullo; e assume, a sviluppo compiuto, una forma che non può essere appropriata al fine educativo morale. La logica didattica non può quindi identificarsi con la logica scientifica.
Di qui anche la concentrazione dell'istruzione, la quale impone un coordinamento delle materie. L'insegnamento per classe è più pedagogico dell'insegnamento per materia. Senza concentrazione intellettuale non esiste coscienza morale.
La teorica dell'istruzione è intitolata da H. "multilateralità dell'interesse"; la teorica dell'educazione "energia del carattere morale". L'una e l'altra si risolvono in un intellettualismo, che ci fa ricordare Socrate.
Il carattere è la forma della volontà e ha una parte obbiettiva, che preesiste all'educazione (temperamento, inclinazioni, desiderî, passioni, natura); e una subbiettiva, che è una nuova volontà che si forma con l'autoosservazione, col ragionamento, con l'autodominio, con le massime e i principî. Le due parti possono più o meno accordarsi o contrastarsi, ma una volontà non doma mai interamente l'altra. Il carattere obbiettivo ha quattro elementi che sono momenti psichici:
1. Memoria della volontà (abituare il fanciullo a volere le stesse cose; occupazioni giornaliere fisse e costanti, semplici e chiare).
2. Scelta tra i varî desiderî che avviene spontaneamente quando domina la memoria di volontà.
3. Principî; interviene lo spirito come intelligenza e innalza a principî le tendenze buone, sottomettendo quelli inferiori ai superiori.
4. La lotta tra i principî e l'azione, fra l'ideale e la vita non si sopprime mai del tutto. L'educazione può attenuarla, ma carattere obbiettivo e carattere subbiettivo saranno sempre in lotta. È la vita. La vita psichica è meccanismo complicatissimo messo in azione dall'esperienza. Appetito e ragione sono masse opposte di rappresentazioni. Trionfa la più forte. La libertà è il trionfo della ragione. I.'uomo libero è quello che si decide in forza di concetti e massime.
L'educazione deve ottenere questo: che l'educando diventi padrone di sé e ritrovi sé in ogni circostanza della vita.
La potenza dell'educazione non è onnipotenza. Vi sono limiti nel corpo, nell'individualità, nel sesso, nel temperamento, nell'ambiente sociale (clima, suolo, razza, nutrizione, storia nazionale, famiglia, compagni, cose e uomini).
L'educatore deve possedere la psicologia, che non rende inutile la osservazione dei singoli alunni; sentimento vivo; convinzioni morali chiare e profonde; gusto dell'educare, amore dell'infanzia, affetto, giovinezza, giocondità. La perfezione educativa si raggiunge in pochi anni come l'allenamento alpino: l'educare è soprattutto opera di gioventù.
Tra i filosofi che svolsero i principî herbartiani sono in prima linea M. G. Drobisch, H. Hartenstein, M. Lazarus, L. Strümpell e W. Rein.
La pedagogia di H. ebbe grande applicazione prima nelle scuole elementari insieme con quella di E. Pestalozzi: poi anche nelle secondarie. Essa ebbe larghi e pratici sviluppi per opera della scuola di C. V. Stoy in Jena e di T. Ziller in Lipsia: per quello la formazione dei maestri è più importante che la tecnica dell'istruzione: questi invece svolse una prassi didattica nei più minuti particolari. Fondò nel 1868 "l'associazione di pedagogia scientifica", che influì molto sugli ordinamenti scolastici prussiani fino al 1912. Grande fu pure l'azione di W. Rein (morto nel 1929). In Francia allo studio di H. contribuirono molto A. Pinloche, E. Roerich, G. Dereux, M. Mauxion: in Italia, F. Bonatelli, A. Labriola, B. Croce, G. Allievo, N. Fornelli e L. Credaro, nonché le buone traduzioni di G. Marpillero e G. Tarozzi; anche in Ungheria, Svizzera, Olanda, Belgio, Inghilterra, America e Giappone, la pedagogia di H. ha tuttora molti valorosi e autorevoli seguaci.
Scritti: Opere complete edite da G. Hartenstein, voll. 12, Lipsia 1840-1850; 2a ed., 1883-93; Opere complete in ordine cronologico edite da K. Kehrbach e O. Flüggel, Langensalza 1889 segg.
Bibl.: L. Strümpell, Das System der Päd. Herbarts, Lipsia 1892; P. Natorp, H. Pestalozzi u. die heutigen Aufgaben der Erziehungslehre, Stoccarda 1889; W. Kinkel, J. F. H., sein Leben u. seine Philosophie, Giessen 1903; O. Flügel, Herbarts Lehren u. Leben, 3a ed., Langensalza 1907, 1912; R. Lehmann, H., in Grosse Denker, 1911; 2a ed., 1923; L. Credaro, La Pedagogia di G. F. H., Torino 1900; 4a ed., 1915 (traduzione tedesca, Wittenberg 1913). Buoni studî sintetici sulla filosofia e sulla pedagogia herbartiane sono premessi alla traduzione di G. Marpillero, Pedagogia generale (Palermo 1915) e Disegno di lezioni di pedagogia e altri scritti (ivi 1913) e di G. Tarozzi, La pedagogia generale, Bologna 1931.