GREUTER, Johann Friedrich
Figlio di Matthäus, nacque a Strasburgo intorno al 1590-93, come si ricava dall'età indicata negli Stati delle anime della parrocchia romana di S. Eustachio e nell'atto di morte (Roma, Archivio storico del Vicariato).
Si trasferì a Roma con il padre nel 1603, dopo essere passato per Lione e Avignone.
Nel 1618 si sposò con Virginia di Antonio Bucci (Ibid., S. Tommaso in Parione, Matrimoni, 1576-1687, c. 54); e nel 1620 ricoprì l'importante incarico di camerlengo del Camposanto teutonico. Nel 1634-35 fu iscritto all'Accademia di S. Luca, che però non frequentò mai. Si trattò, infatti, di un importante riconoscimento vista la sua attività di incisore e non di pittore. Dagli elenchi di accademici risulta che aveva la bottega alla "guglia" di S. Macuto (Piacentini).
Si formò certamente con il padre, e la sua bravura nell'arte del bulino è ricordata da Baglione. Rispetto al padre sembra essere stato più un traduttore di disegni altrui, perché le sue stampe hanno quasi sempre il nome di un inventore, né risulta che abbia proseguito l'attività paterna di stampatore. Buona parte delle sue opere datate sono contenute nei libri, mentre sui fogli sciolti manca sovente l'indicazione dell'anno di esecuzione.
La prima incisione datata nota risale al 1619 e rappresenta il Beato Stanislao Kostka da un prototipo di Antonio Circignani, detto il Pomarancio.
Da questo artista, scomparso nel 1630 circa, incise quasi venti soggetti di svariata natura, anche se non è noto il motivo di questo rapporto privilegiato. Sempre su disegno del Pomarancio eseguì il frontespizio di un'opera di B. Giustiniani (In omnes Catholicas epistolas explanationes, Lugduni 1620).
Riprodusse opere di importanti pittori del tardo manierismo attivi all'inizio del Seicento, come A. Tempesta, G. Cesari, A. Lilio, F. Fenzoni. È noto, però, soprattutto per le stampe da prototipi dei più famosi maestri barocchi, tra i quali in particolar modo G.L. Bernini, Pietro da Cortona, G. Lanfranco, G.F. Romanelli, A. Camassei, S. Vouet, G. Stella.
Il padre lo introdusse nella sua ampia cerchia di conoscenze, e in qualche caso essi si trovarono attivi insieme in lavori illustrativi d'équipe. Così anche il G. lavorò per i Lincei modificando il frontespizio del padre per l'opera curata da N.A. Recchi, Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus di F. Hernández (Romae 1648; Guerra).
La fama del G. è affidata in particolare alla realizzazione di alcuni libri di gran lusso, spesso opere di gruppo, buona parte dei quali editi in ambito barberiniano.
Nel 1631 illustrò i Poemata di Maffeo Barberini (Urbano VIII) riproducendo David con l'arpa disegnato da G.L. Bernini. Poco dopo avrebbe inciso anche il ciborio di S. Pietro, lavoro saldato nel 1633 (De Lotto).
Famosissimo è il libro De florum cultura del gesuita G.B. Ferrari (Roma 1633), patrocinato dal cardinale Francesco Barberini - i documenti di pagamento sono del 1630-33 (Merz) - e voluto da Cassiano Dal Pozzo, in cui sono del G. sette stampe da disegni di Pietro da Cortona (quattro), G. Reni, G. Lanfranco, A. Sacchi. La sua firma è stata anche identificata sul rame della Metamorfosi di Limace e Bruco, già riferito dubitativamente a C. Bloemaert (I Giustiniani).
Con Ferrari collaborò per le Orationes XXV (Lione 1625) su prototipo del Domenichino (Domenico Zampieri) e per le Hesperides (Roma 1646) con il frontespizio e due tavole su disegno di Pietro da Cortona, Reni e Lanfranco.
Cinque incisioni del G. sono contenute nella prima edizione a stampa dei Documenti d'amore di Francesco da Barberino (Roma 1640), considerato uno dei libri illustrati più belli del Seicento: su disegni del figlio Lorenzo e di C. Massimo, noto collezionista e amateur del tempo che, tra i molti nobili romani appassionati d'arte attivi nell'opera in qualità di disegnatori, si ispirò sia a prototipi classici sia a N. Poussin, di cui era un estimatore (Vitzthum).
Poco dopo il G. collaborava a un'altra opera molto celebre (Aedes Barberinae di G. Teti, Romae 1642) incidendo, tra l'altro, il frontespizio da un disegno di A. Camassei.
A Taddeo Barberini è dedicato il testo di araldica di S. Pietrasanta (Tesserae gentilitiae, Romae 1638) per il quale il G. incise il frontespizio con una Fama su disegno di Romanelli. Altro frontespizio da Camassei si trova nel dramma musicale di M. Rossi, Erminia sul Giordano (ibid. 1637), rappresentato nel teatro di palazzo Barberini.
Ancora nel campo dell'illustrazione libraria vanno citate le cinque incisioni contenute nella Galleria Giustiniana (s.l. né d.), tre firmate e due attribuite, che risultano pagate nel 1632-33 (Gallottini). Qui lavorò accanto all'anziano padre che ebbe, però, un ruolo ben più cospicuo del suo.
Molto famose e menzionate anche da Baglione (p. 302) erano le sue "tesi" (tavole di grandi dimensioni di soggetto allegorico realizzate in occasione della laurea di personalità di spicco della società romana) tra cui si ricordano le varie realizzate su disegno del Pomarancio, particolarmente apprezzato per questa sua produzione.
Si possono citare quelle di A. Maffei, M. Saulio, J.N. von Snogulec; di notevole interesse quella del marchese A. Pallavicino su disegno di G. Stella, e quella bellissima di V. Centurione del 1633 rappresentante l'Allegoria di Marcantonio Colonna su disegno di Pietro da Cortona (Rice). Molto note sono anche le tesi realizzate su disegno di Lanfranco tra le quali Fucina di Vulcano come allegoria in onore di un cardinale Borghese e Minerva conduce un giovane guerriero a un monte allegorico del casato Barberini (Ficacci, pp. 270 s.).
Tra i ritratti molto apprezzati sono quelli raffiguranti G. Baglione e G.B. Marino, da prototipo di S. Vouet, probabilmente degli anni Venti.
Tutta la fase tarda dell'attività del G. è mal documentata. è stata avanzata l'ipotesi di un viaggio in Spagna nel 1654 (Thieme - Becker), ma la registrazione del suo nome negli Stati delle anime della parrocchia di residenza, S. Marcello, sembra escluderla.
Il G. morì il 10 marzo 1662 e nel libro dei morti di S. Marcello è detto di settantadue anni (Roma, Archivio storico del Vicariato: si vedano anche le Schede Noack della Biblioteca Hertziana, cui si rimanda per riferimenti a numerosi documenti biografici).
Dei figli del G., solo Giuseppe si dedicò all'arte paterna. Nacque il 18 marzo 1629 a Roma ove morì il 17 sett. 1652 (Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Marcello, Battesimi, 1628-34, c. 18, e S. Eustachio, Morti, 1652, c. 15v). A lui si accenna in un documento dell'Accademia di S. Luca ove si ricorda che il G. aveva un figlio incisore (Ibid., Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, vol. 69, c. 105). Le sue opere note sono state censite da Zijlma, che però non lo identificava come figlio del G., ritenendolo dubitativamente fratello del G. attivo a Roma e Venezia.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Marcello, Battesimi, 1620-24, cc. 16, 50v, 102, 128; 1624-28, cc. 50, 125v; 1628-34, cc. 18, 59; 1634-37, c. 70; Stati delle anime, 1630-36 e 1653-62; Morti, 1662, c. 52v; S. Eustachio, Stati delle anime, 1637-52; Ibid., Arch. stor. dell'Accademia di S. Luca, vol. 42a, c. 25; vol. 69, cc. 100, 104, 296, 303; G. Baglione, Le vite de' pittori scultori et architetti, Roma 1642, p. 398; M. Piacentini, Documenti per l'arte barocca. Gli artisti in Roma nel 1634, in Archivi, VI (1939), pp. 160, 162; W. Vitzthum, Poussin illustrateur des Documenti d'amore, in Art de France, II (1962), p. 262; A. Sutherland Harris, A contribution to Andrea Camassei studies, in Art Bulletin, LII (1970), pp. 56, 58; B. Kerber, Kupferstiche nach Gianfrancesco Romanelli, in Giessener Beiträge zur Kunstgeschichte, II (1973), pp. 133, 142, 146, 154; M.T. De Lotto, in Bernini in Vaticano (catal.), Roma 1981, p. 102 n. 79; R. Zijlma, in F.W.H. Hollstein, German engravings, etchings and woodcuts, XII, Amsterdam 1983, pp. 45-98 (con bibl.), 99-106 (per Giuseppe, con bibl.); E. Schleir, Disegni di Giovanni Lanfranco (catal.), Firenze 1983, pp. 102, 113; F. Petrucci Nardelli, Il cardinale Francesco Barberini senior e la stampa a Roma, in Arch. della Soc. romana di storia patria, CVIII (1985), p. 141; M. Venier, Cungi, Camillo, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXI, Roma 1985, p. 367; F. Guerra, La leyenda del tesoro messicano, in Convegno celebrativo del IV centenario della nascita di Federico Cesi, Atti dei Convegni Lincei 78, Roma 1986, p. 312; Federico Cesi e i primi Lincei (catal.), a cura di G. Morello, Roma 1986, pp. 81, 87 s., 90, 93; L. Ficacci, Claude Mellan, gli anni romani. Un incisore tra Vouet e Bernini (catal.), Roma 1989, pp. 266, 270 s., 324-327; J.M. Merz, Pietro da Cortona, Tübingen 1991, pp. 224, 326-328; A.M. Capecchi, in L'Accademia dei Lincei e la cultura europea nel XVII secolo (catal.), Roma 1992, p. 123; F. Barberini, Francesco Barberini e l'editoria seicentesca dei "Documenti d'amore", in Xenia antiqua, II (1993), p. 125; A. Grelle Iusco, Indice delle stampe De Rossi. Contributo alla storia di una stamperia romana, Roma 1996, pp. 64, 456; S. De Cavi, Le incisioni di Matthäus Greuter per le Epistole heroiche di Antonio Bruni (1627-28), in Annali dell'Istituto per gli studi storici, XV (1998), pp. 163-165, 214; A. Gallottini, La Galleria Giustiniana. Nascita e formazione, in Rendiconti dell'Accademia nazionale dei Lincei, classe di scienze morali, s. 9, IX (1998), p. 245; E. Leuschner, The papal printing privilege, in Print Quarterly, XI (1998), p. 360; L. Rice, Pietro da Cortona and the Roman Baroque thesis print, in Pietro da Cortona. Atti del Convegno internazionale, Roma-Firenze, … 1997, a cura di C.L. Frommel - S. Schütze, Milano 1998, p. 196 fig. 7; M. Ceresa, Una stamperia nella Roma del primo Seicento, Roma 2000, p. 50; A. Grelle Iusco, Matrici calcografiche in Italia, Roma 2000, pp. 36, 102; I Giustiniani e l'antico (catal.), a cura di G. Fusconi, Roma 2001, p. 492; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 6 s.