BOJER, Johan
Romanziere norvegese, nato a Orkedalen, nel 1872. Dopo una giovinezza amareggiata dagli stenti, viaggiò l'Europa e l'America, esercitando varî mestieri. La prima opera che gli assicurò fama mondiale, fu il romanzo Troens Magt (La potenza della fede, 1903), nel quale descrisse come una bugia possa diventare realtà nel cervello d'un uomo. Nel 1908 scrisse un altro romanzo Vort Rige (Il nostro regno), nel quale afferma l'inanità delle aspirazioni idealistiche, quando vi si accompagna la coscienza della colpa. Nel 1913 pubblicò Fangen som sang (Il prigioniero che canta); nel 1916 Den store Hunger (La grande fame), nel quale il protagonista, dopo una vita avventurosa, trova nell'amore per il nemico il modo migliore per soddisfare la sua aspirazione al sublime Seguirono poi Verdens Ansigt (Il volto della terra, 1917), e Dyrendal (1919). Den sidste Viking (L'ultimo dei Vichinghi) è la pittura ricca e commovente della vita dei pescatori norvegesi, come era ancora al principio di questo secolo. Maternità, insieme con La potenza della Fede e L'ultimo dei Vichinghi, è il romanzo più forte di B. È la storia pietosa d'una donna, la quale, in un momento di abbandono e di sconforto, ha ceduto ad altri il proprio bambino. Per tutta la sua vita, ella è ossessionata dal desiderio di ritrovar la sua creatura, il cui ricordo riempie tutta l'anima sua di madre. Ha pubblicato anche un altro romanzo Det ny Tempel (Il nuovo tempio, 1927), in cui affronta il problema religioso. Compose anche dei drammi: Hellig Olaf (Olav il santo, 1897), Theodora (1903), Brutus (1904) e Sigurd Braa (1916), fra i quali l'ultimo è notevole per forza di immagini e contrasto ideale. Le sue fiabe mancano invece di freschezza e d'ingenuità. Quasi tutti i suoi romanzi sono stati tradotti anche in italiano.