STRINDBERG, Johan August
Poeta svedese, nato a Stoccolma il 22 gennaio 1849, morto nella stessa città il 14 maggio 1912. Dotato di una vitalità elementare e di un istinto aggressivo di conquistatore, fu gettato dal destino in un mondo di raffinata tarda cultura e di complesse crisi spirituali e sociali, nelle cui problematicità la veemenza istintiva delle sue forze non poteva non perturbarsi in tragici disorientamenti; cosicché sempre sbattuto fra l'uno e l'altro estremo, visse passando di naufragio in naufragio.
Sebbene abbia aperto col suo romanzo Röda rummet (1879) le cateratte del realismo naturalistico nelle letterature del nord, non fu egli medesimo, nello stretto senso della parola, un naturalista. Per quanto intenso sia stato il suo culto verso tutto ciò che è forza di natura, e grande il rispetto per la "portata spirituale" delle conquiste delle scienze positive; per quanto corposo di materiali consistenze il suo stile nel rappresentare la realtà, nel centro della sua opera fu sempre, non la natura, non la realtà, ma la sua passione. L'eterno dramma dell'individuo che si sforza invano di piegare secondo il suo modo di sentire e di vedere la realtà assunse così nella sua poesia un carattere di irriducibilità esasperata.
Figlio di genitori di condizione diseguale, cresciuto fra i disagi e le strettezze, fu prima studente di lettere a Upsala (1867), poi supplente maestro di scuola a Stoccolma e precettore in famiglie private, poi di nuovo studente, ma di medicina (1868), attore mancato (1869), redattore di una rivista sui problemi dell'assicurazione a Stoccolma (1872), allievo telegrafista a Sandhamn (1873), collaboratore e reporter per le sedute parlamentari nelle Dagens nyheter (1873), amanuense nella Biblioteca Reale (1874). Dopo alcuni tentativi drammatici (Hermione 1869, ed. 1871; I Rom, su Thorwaldsen a Roma, 1870; Fritänkaren, 1870; Den fredlöse, 1871, ed. 1880), nei quali il confuso fermento del ribelle è ancora imprigionato nella convenzionalità di effusioni declamatorie, anche la sua prima vera opera di poesia fu la commossa evocazione della tragica figura di un solitario, condannato a una perenne estenuante difesa di sé stesso, per non perdersi nella sua lotta per la verità: il dramma su Olaus Petri, Mäster Olof (1872, ed. 1880). Ma se Olof finisce con l'arrendersi alle pressioni di coloro che hanno il senno pratico come guida, vi è nel dramma un altro personaggio che già anticipa il prossimo avvenire di St.: Gert, il rivoluzionario, che nella lotta non conosce riguardi né limiti alla propria azione. Già nei racconti di Från Fjärdingen och Svartbäcken (1877) la descrizione della vita studentesca è riportata alle tonalità grige della realtà, nella quale la lotta per l'esistenza incombe anche sulle sognanti giovinezze, soffocandone le forze. Era un primo preludio alla battaglia, nella quale egli si gettò poco dopo con il romanzo Röda rummet. È tutta la Stoccolma dell'epoca, che s'agita nel romanzo e che vi si svela come brutale caccia al denaro e al piacere. Allo smascheramento dei "mali segreti" della società succedette un analogo violento rovesciamento di prospettive nella considerazione della storia. Nei due volumi di Svenska folket (1881-82) la tradizione della storia dinastica e diplomatica è radicalmente sconvolta: ciò che conta è la storia del popolo, delle condizioni economiche, delle correnti religiose e culturali, della vita di tutti nella sua totale quotidiana realtà. Ma Strindberg non era uno storico; e l'opera vitale che ne nacque, fu la serie di racconti storici: Svenska öden och äfventyr (voll. 2, 1882), nei quali la storia non è che sfondo e la sostanza vera è la pietà umana per la sofferenza del popolo.
Frattanto St. aveva sposato nel 1877 "una nobildonna", Siri von Essen, già moglie del barone Karl Gustav Wrangel. E già il rifacimento in versi della prosa di Mäster Olof (1878) mostra i riflessi della nuova condizione di esistenza del poeta. Ma la convivenza coniugale divenne presto, per St., motivo problematico, dramma. Il dramma Gillets hemlighet (1880), con una bella parte per la moglie divenuta attrice, è ancora il trionfo della fede sul dubbio. E già in Herr Bengts hustru (1882), se in conclusione l'amore finisce col prevalere sull'amarezza della discordia, tutto il dramma è invece un crescente appesantirsi di malintesi e dissensi. E anche in Lycko-Pers resa (1882), la poesia della passione è in tono minore: un conforto, più che un potenziamento della vita. Nelle stesse liriche - tanto in quelle composte ancora in Svezia (Dikter, 1883) quanto in quelle scritte a Parigi dopo che St., che ancora una volta, novello Ercole, aveva voluto spazzare le stalle di Augia (Sagan om Herkules, 1883), nel settembre del 1883 si decise a lasciare la patria (Sömngängarnätter, 1884) - lo stato d'animo è misto: il cuore del poeta s'intenerisce al pensiero della moglie, della bimba che dal loro amore era nata; ma alla fine la poesia d'amore dispare, per lasciare posto soltanto allo spirito di rivolta che anche nella lirica esplode. Ma quanto il problema dell'amore e della donna fosse ormai diventato per Strindberg assillante, dovevano mostrare poco dopo le "novelle del matrimonio": Giftas (1° vol., 1884), vera dichiarazione di guerra alla idealizzazione della donna. L'indignazione fra la borghesia di Svezia fu immensa. Sulla base di alcune espressioni anticristiane e irriverenti fu imbastito a Strindberg un processo. Strindberg si presentò personalmente per difendersi e fu assolto.
Nel volume secondo di Giftas (1885), scritto dopo il ritorno in Svizzera, le tinte sono ancora più forzate. La soggettività dello scrittore invade il racconto, alterandovi le prospettive con le sue inquietudini: la donna diventa il "parassita immondo" che Dio inserisce nell'esistenza dell'uomo per succhiarne le forze. Intanto si veniva maturando da tempo in lui una crisi più vasta che, in intermittenti accessi di malessere, gli faceva prendere in odio il mondo universo compresa l'Italia, da cui in una fulminea corsa (1884) non riportò se non il ricordo di un veneziano "odor di cloaca" e la speranza di poter vedere un giorno "San Pietro in rovina"! In realtà era tutto il "suo" mondo che entro di lui stava franando. Quasi per salvarsi, forzò ancora il tono del suo radicalismo democratico e passò a un dichiarato ateismo e a un ancora più dichiarato socialismo (Utopier i verkligheten, 1884-1885; Samvetskval, 1885). Ma la realtà sociale cessò presto di costituire il centro degli interessi di St.: dominato dal senso del proprio dramma, si concentrò sempre più nello sforzo di prendere possesso di sé medesimo e nel 1886 incominciò a stendere l'autobiografia: Il figlio di una serva: storia di un'anima (Tjensteqvinnans son; Jäsningstiden; I röda rummet).
E seguirono anni di forsennata agitazione. Lasciava la famiglia, ritornava, la conduceva con sé, l'abbandonava di nuovo: fra Parigi e Ouchy, i monti della Svizzera e le colline di Francia, le coste della Normandia e il Lago di Costanza, Vienna e Copenaghen, in due anni cambiò dimora almeno una dozzina di volte. E gl'interludî di vita coniugale, in famiglia, divennero fatalmente, in tali condizioni, un inferno. E forse mai un poeta rovesciò tanto fango sopra la donna come fece Strindberg in Le plaidoyer d'un fou, scritto in francese nell'autunno-inverno 1887-88 (edizione in trad. tedesca, 1893; svedese, 1895): libro atroce, forse il più inumano in tutta la letteratura moderna, ma che muove a pietà, come documento dello stato patologico di un uomo che, nel pervertimento del suo soffrire, non ha pace finché non ha coperto di ogni sfregio l'immagine della persona che ha più amato.
Eppure fu proprio in quegli anni che St. compose alcune delle sue opere di più potente e più pura poesia. La poesia, divenuta anche per lui liberazione, gli restituì la verità più profonda di sé medesimo. Ed è significativo che, fra l'uno e l'altro dei più furibondi accessi della crisi, egli abbia scritto il più sereno dei suoi racconti: Hemsöborna (1887). Lavori dei campi, caccia, pesca, e rude vita elementare fra uomini dai bisogni elementari: è la "Pastorale" di St. Ma non si tratta soltanto della sua esaltazione della condizione di vita dei contadini (v. Bland franska bönder, 1886; ed. 1889); né soltanto del suo impressionistico concedersi al sentimento della bellezza di un fiore (v. Blomstermälningar och djurstycken, 1888). Quel che è essenziale è la sua felicità di vivere in interno distacco dalla torbida problematicità della sua propria immediata esistenza. La larga ondata di elementare umorismo, da cui tutto il racconto di Hemsöborna è pervaso, mostra come il poeta sentiva quanto quella vita che egli descriveva, fosse diversa; tanto più semplice e anche "più in basso" che la sua. E così lucido divenne, in questo periodo, l'intuito del poeta, che St. riuscì in alcune opere a vedere in oggettivo distacco di autonoma creazione persino la propria realtà. In Kamraterna (1888: ma la prima redazione col titolo Marodörer è del 1886) e in Fordningsägare (1888; ed. 1890), drammi della donna che succhia e svuota l'uomo crescendo al disopra di lui, a sue spese, il fantasma poetico non riesce ancora a prendere consistenza se non in singoli spunti; ma in Fadren (1887) l'odio dei sessi crea un'atmosfera di alta tragica tensione, in cui il giuoco delle passioni si svolge con una lucida inesorabilità, quasi di fato antico. E un equilibrio ancora più sottile di intuito poetico, a contatto con una materia ancora più torbida - una signorina aristocratica si dà al suo cameriere e poi lo scaccia e si uccide - fu raggiunto da St. in Fröken Julie (1888).
Fu in tali condizioni di spirito che nella evoluzione di St. venne a inserirsi - intermediario Brandes - l'influenza di Nietzsche. Ma il pensiero di Nietzsche (v., ad es., i piccoli drammi Paria, 1889; Den starkare, 1889, ecc.) venne inteso da Strindberg essenzialmente in senso naturalistico: cosicché l'"uomo superiore" gli si trasformò in un essere dalla più alta intelligenza ma dalla vita psichica più raffinata, più complicata, e quindi anche fragile dinnanzi alla "forza bruta" dell'"uomo inferiore". Il suo "culto del superuomo" per sorreggersi, si complicò così di ipnotismo, di suggestione visionaria alla Poe; e trovò anche espressioni di singolare potenza, come nella grottesca - in gran parte - autobiografica novella Tschandala (1888; 1ª edizione danese 1889; 1ª edizione svedese 1897), o come nel breve dramma Samum (1889). Anzi, direttamente da questo nuovo atteggiamento spirituale, nacque anche la maggiore opera di poesia di questo periodo: il romanzo I havsbandet (1890). Ma la storia del suo "superuomo" è, in realtà, una non troppo edificante storia, con quel "superometto" dottor Borg, che non riesce a fare altro che sedurre una zitella provinciale, finché fa anch'egli naufragio nel "mondo inferiore" in cui si è incagliato. Una poesia c'e, libera e alata, nel romanzo: la poesia del mare fra le isole e gli scogli, che già negli schizzi raccolti in Från havet (1880) St. stesso aveva rivelato per primo agli Svedesi. Ma il pensiero di Nietzsche non poteva condurre la crisi di St. a una soluzione; e i due anni e mezzo che St. passò nuovamente in Svezia (1889-1892) - mentre la sua storia matrimoniale trovava finalmente nel gennaio 1891 il suo epilogo nella sentenza di divorzio - continuarono a essere fra i più agitati e confusi della sua esistenza; e anche la sua opera (Tryckt och otryckt, 1890-91; Svenska öden och äfventyr III-IV, 1890-91; Les relations de la France avec la Suède jusqu'à nos jours, Parigi 1891; Himmelsrikets nycklar eller Sankte Per vandrar på jorden, dramma in versi, 1892; Inför döden; Första varningen; Debet och kredit; Moderskärlek, drammi in un atto, 1893; Bandet; Leka med elden, ed. tedesca 1893, svedese 1897) presenta il carattere di un generale rimescolamento di tutte le sue vecchie e nuove tendenze, sebbene - in realta - il fallimento del suo nietzschianesimo naturalistico non gli lasciasse più ormai altra via che verso la "ricerca in Dio": verso la mistica.
La crisi mistica, che riempì gli anni seguenti della esistenza di St., fu infatti la crisi ultima, definitiva. E fu tale che - prima che essa riuscisse a chiarirsi tanto da dare luogo, comunque, a un atteggiamento nel quale fosse possibile vivere - St. ne fu portato letteralmente sull'orlo della follia. Alcuni amici avevano creduto di salvarlo attirando su lui l'attenzione della Germania dalle pagine della Zukunft e procurandogli i mezzi per trasferirsi a Berlino. Ma a Berlino, nel gruppo di poeti ed artisti che si adunavano all'osteria "Zum schwarzen Ferkel", St. portò, arrivando, il finimondo: per sei mesi fu una giostra continua di rivalità, sbornie, gelosie, fidanzamenti, sfide a duello. Finì col passare a nuove nozze con una giovane pittrice austriaca: Fride Uhl. Si sposarono a Helgoland. Ma già a Londra era ricominciata la "vecchia storia". Ora, ad aggravare la situazione, si aggiunse anche il travaglio religioso a cui St. era in preda. Dopo poco più di un anno di vita agitata e errabonda, nell'agosto del 1894 si lasciarono. Rimasto solo a Parigi, St. si diede a studî di scienze naturali (v. Antibarbarus, 1894; Sylva Sylvarum, 1896; Jardin des Plantes, 1896; ecc.). Sopra tutto l'idea che non esistono "gli elementi", ma che tutto deriva da "una sostanza elementare unica" attraverso infinite trasformazioni gli stava a cuore, poiché essa costituiva, per così dire, la linea di confine in cui il suo "sentimento di Dio" e la sua concezione della scienza si congiungevano e si confondevano. Parallelamente a questa attività di ricerche, la crisi religiosa continuava: teosofia, buddhismo, ipnotismo, occultismo, magia nera, si alternarono con le esaltazioni mistiche e con la lettura di testi sacri e di libri di devozione. La sua nevrastenia s'aggravò in manifestazioni patologiche. A poco a poco si fece strada in lui l'idea che Iddio lo volesse in questo modo punire dei suoi peccati per condurlo, attraverso le sofferenze, alla contemplazione della divina verità. La sua religiosità si colorò così sempre più di cattolicismo.
I due volumi Inferno (1897) e Legender (1898), in cui St., dopo il ritorno in Svezia - a Lund - nel dicembre del 1896, descrisse questa sua "abissale" esperienza, sono forse il più grandioso documento della generale crisi religiosa che in tutta Europa agitò le coscienze al tramonto del positivismo. Tutti gli elementi contraddittorî - spesso - e caotici di quella crisi vi sono proiettati con una lucidità visionaria che sgomenta. Ma St. aveva ora di nuovo il suo "ubi consistam". E rinacque anche il poeta con l'accento della nuova vita. Tutto ciò che nel suo stile era stato prima esteriorità consistente, solida, si è come dissociato in una fluida fluttuante interiorità trasognata. In Brott och brott (1899) c'è ancora un intreccio di avvenimenti che richiamano alla realtà; ma in Advent (1898) non c'è più se non un generale rimescolamento degli ultimi fondi dell'umana miseria e sola luce è il conforto che porta ai bimbi ancora innocenti il Bambino Gesù. I fatti concreti, i singoli accadimenti non sono che tappe lungo la via verso l'esperienza mistica in cui si dissolvono; e in Till Damaskus (I-II, 1898) i personaggi stessi - il Morto, il Pazzo, il Mendicante, il Medico, ecc. - non sono se non variazioni del problema mistico-umano che s'incarna nella figura centrale dello Sconosciuto, proiezioni diverse di un identico stato d'animo: in un succedersi di simboliche visioni Strindberg contempla la sua reale esperienza come un ripetersi di gorghi senza fondo, nei cui vortici la vita sempre di nuovo si inabissa.
La suggestività della poesia è nell'allucinante intensità con cui le visioni si affacciano, con accenti di una sensitività così acuta che la sofferenza morale si precisa in sofferenza fisica. Nel corso di un decennio Strindberg vi trovò più di una volta realmente la via verso alcune delle sue più grandi creazioni. Nessuna delle tragedie della vita coniugale, che St. scrisse, aveva raggiunto mai la verità umana della prima parte di Dödsdansen, dove due anime naufragano nella grigia interiorità desolata di una esistenza senza avvenimenti, in cui ogni piccola cosa trova risonanze immense, smisurate (1901; la seconda parte costituisce quasi un nuovo dramma aggiunto al primo). E nessuna creatura è stata mai circondata da Strindberg di tanta tenera poesia come - in Påsk (1901) - la pallida e gracile demente Eleonora, col suo spirito assorto e assente, passivo e mite, pronto ad assumere su di sé tutti i patimenti. Persino per St. stesso Eleonora fu portatrice di amore: la prima interprete ne fu Harriet Bosse; e la conclusione ne fu il fidanzamento tra il poeta e l'attrice. Si sposarono nel 1901, si separarono nel 1902. E, se la sentenza definitiva di divorzio seguì solo nel 1904, già i "racconti matrimoniali" del "Karantänmästare" in Fagervik och Skamsund (1902) mostrano quale sommovimento di vecchi rancori la nuova ventata di passione abbia sollevato nei fondi della sua coscienza. Ma questa specie di tarda ultima primavera nella sua vita non poteva non accentuare l'inflessione sensitiva, morbida che si era venuta insinuando, con il nuovo pathos mistico, nella sua esistenza. Se n'avvivò, fra altro, anche la lirica (Ordalek och småkonst, 1905), con una nuova, quasi romantica, gioia del libero giuoco della fantasia, che traspare anche da alcune nuove escursioni nel mondo della fiaba (Sagor, 1903), e dai nuovi drammi intorno a motivi fiabeschi: Kronbruden (1902), Svanevit (1902), Drömspelet (1902). C'è nella poesia delle due prime opere l'atmosfera languida lucente che già era sospesa, ma in tonalità più pallida, sul mondo di un precedente dramma Midsommar (1901), dove tutti gli uomini sono già diventati o diventano buoni e pii. Nello stesso Drömspelet - dove tutto ciò che l'uomo fa si risolve sempre, volontariamente o involontariamente, in un fare del male agli altri - l'intonazione fondamentale è data da un sentimento di grande pietà.
Tuttavia il vecchio leone, con i suoi indomabili istinti di lotta, non aveva perduto gli artigli. Le tragedie che St. compose, su argomenti di storia svedese, in questa medesima epoca (Folkungasagan, 1899; Gustaf Vasa, 1899; Erik XIV, 1899; Gustaf Adolf, 1900; Engelbrekt, 1901; Karl XII, 1901; Gustaf III, 1903; Kristina, 1903, oltre a Näktergalen i Wittenberg, 1904, su Lutero) rispecchiano bensì con atteggiamenti ora più ora meno manifesti la prospettiva religiosa in cui il suo pensiero ora si moveva, ma, nello sfondo, vi è sempre un'aspra gioia di rovesciare tradizioni, abbattere idoli.
Dopo la separazione, Strindberg era ripiombato nella solitudine. E sull'autobiografico volume Ensam (1903) e su Till Damaskus, III (1904), si sente difatti incombere continuamente la calma che suole precedere le tempeste. E la tempesta non tardò a giungere: nei nuovi romanzi Götiska rummen (1904) e Svarta fanor (1904), si ha una nuova sfrenata esplosione d'ira. Non c'è vergogna, vera o immaginaria, con cui St. non metta i suoi veri o supposti - nemici alla gogna. Lo scandalo fu enorme. Ma St. non era uomo che potesse cedere. Con le Historiska Miniatyrer (1905) e con i Nya svenska öden oppose alla "mentalità di provincia" degli storici svedesi la propria mentalità di uomo "abituato a spinger lo sguardo entro i misteri della storia universale". Con la serie En blå bok (1907-1912), ricevettero il fatto loro i filosofi, i letterati, gli scienziati. Ma frattanto egli si era costituito anche un proprio teatro. Si trovò in possesso di 30.000 corone; e le consumò per mostrare ai suoi concittadini "che cosa è" un "teatro di poesia". L'Intima Teater si aprì il 26 novembre 1907. E St. ne fu attore, regista, critico, drammaturgo (v. il programma Memorandum till medlemmarne af Intima Teatern från Regissörn, 1908; una raccolta di studî su Shakespeare, 1909; e l'interessante Öppna brev till Intima Teater, ricco di idee e di esperienza dell'arte, 1909). E, naturalmente, ne fu anche il poeta. Ma i quattro Kammerspele che egli destinò all'intrapresa (Oväder; Brända tomten; Spöksonaten; Pelikanen, 1907) si colorirono anche essi dello stato di fantastica esaltazione in cui egli viveva.
Solo nei drammi dei due anni seguenti, in parte storici (Siste riddaren, 1908; Riksföreständare, 1908; Bjälbojarlen, 1909), in parte fiabeschi, tende a prevalere nuovamente una tonalità più calma, conciliativa. E un velo di rassegnata mitezza si abbassò sulla sua poesia. Nell'ultimo dei suoi drammi, Stora landsvägen (1909), lo stato d'animo si approfondisce anzi e precisa in una specie di consapevole congedo dalla vita e dalla poesia: attraverso un succedersi di visioni, St. riepiloga tutta quanta la sua esistenza, e vede in sé stesso l'uomo che "più ha sofferto per il dolore di non poter essere colui che voleva". L'anno dopo con gli articoli riuniti nei tre volumi: Tal till svenska nationen, 1910; Folkstaten, 1910; Religiöse renässans, 1910, St. lanciava al mondo la sua ultima sfida. Monarchia, chiesa, partito conservatore al potere, capitalismo, burocrazia: mirò a colpire da tutti i lati. E specialmente mirò, in letteratura, a colpire Heidenstam, esaltato oramai da tutti come capo della nuova scuola. Heidenstam lo atterrò con una risposta sprezzante, e letterariamente ebbe partita vinta. Ma il conflitto non era solo letterario e continuò a divampare, imperniato sulla questione sociale. Pur fra gli studî di linguistica, in cui si venne a un tratto sprofondando (Bibliska egennamn, 1910; Modersmålets anor, 1910; Världsspråkens rötter, 1911; Kina och Japan, 1911; Kinesiska språkets härkomst, 1912), St. era uomo da avere sempre una miccia a portata di mano: a un certo momento si gettò allo sbaraglio anche Sven Hedin, ma male gliene incolse: St. gli riservò l'ultimo dei suoi pamphlets e uno dei più feroci: Czarens kurir eller sågfilarens hemligheter (1912). Sotto la pressione stessa degli avvenimenti, St. venne così respinto verso atteggiamenti sempre più estremisti. E il suo pensiero sociale si sostanziò sempre più decisamente di idealità socialiste. Era un "socialismo suo particolare", con un pathos religioso, vagamente cristiano. Ma appunto perciò alle masse che combattevano per le loro rivendicazioni, egli apparve anche maggiormente circondato di una luce ideale. E quando egli morì, tutto il popolo ne portò il lutto come per una "creatura sua", che "gli apparteneva" così profondamente come nessun altro poeta svedese gli aveva mai appartenuto.
Opere: Samlade Skrifter, ed. J. Landquist, voll. 55, Stoccolma 1912-1920; Samlade otryckta skrifter, voll. 5, ivi 1919-21; in tedesco: Gesammelte Werke, trad. E. Schernig, voll. 46, Berlino 1908-34; Bühnenwerke, trad. Goebel, voll. 12, Lipsia 1919. Per gli epistolarî, oltre quelli con Frida Uhl (voll. 2, Stoccolma 1933-35: con contemporanea ed. tedesca) e con Harriet Bosse (Stoccolma 1931), v.: Brev tille J. O. Strindberg under åren 1870-1900, Stoccolma 1915; A. S. Breviaire alchimique. Lettres à Jollivet Castelot, Parigi 1912; Briefe an E. Schering, Monaco 1924; e gl'interessanti epistolarî minori con O. Hansson (in Tilskueren, 1912), con Brandes (in Tilskueren, 1916), con Nietzsche (in Frankfurter Zeitung, 1913, nn. 40-42).
Bibl.: Per la vita, oltre gli scritti autobiografici e gli epistolarî con Frida Uhl e con Harriet Bosse, cit., v. il libro della figlia Karin Smirnoff, S.s första hustru, Stoccolma 1925, e quello di Fanny Falkner, A. S. i blå hornet, ivi 1921. e Cfr. inoltre: Heidenstam, Från Col di Tenda til Blocksberg, ivi 1888; F. U. Wrangel, Min bekannstkap med S., in Ord och Bild, 1921: A. Lundegård, Några Strindbergsminnen, Stoccolma 1920; A. Engström, S. och jag, ivi 1923; A. Paul, Strindbergsminnen och brev, ivi 1915; C. L. Schleich, Hågkomster om S., ivi 1917; B. Mörner, Den S. jag känt, ivi 1924 e S.s systrar berätta, ivi 1926; En bok om S. (miscellanea), ivi 1894.
Fra le monografie v.: G. Uddgren, A. St., början till en biografi, Göteborg, 1909, e Andra boken om Strindberg, ivi 1912; L. Lind af Hageby, St., Londra 1913; e specialmente N. Erdmann, A. St., voll. 2, Stoccolma 1920; E. Hedén, St., ivi 1926. Per le interpretazioni di St. nell'epoca dell'espressionismo, v.: A. Neuhaus, St. in seinem Leben und Streben, Lipsia 1916; H. Esswein, A. St. im Lichte seines Lebens und seiner Werke, 3ª ed., Berlino 1919; L. Marcuse, St. Das Leben einer tragischen Seele, Lipsia 1922: O. Anwand, St., Berlino 1924; A. Dahlström, St. dramatic expressionism, Michigan 1929. Fra i saggi critici d'insieme, v.: Brandes, in Samlade skrifter, III; J. Joergensen, in Litteraturbilder, II, Stoccolma 1920; R. Berg, in Essays, Copenaghen 1906; e per il loro interesse anche documentario i saggi varî di Geijerstam, Levertin, Böök, Hallström, Hedberg, ecc. Importante è anche J. Mortensen, Fran Röda Rummet till Sekelskiftet, Stoccolma 1915.
Fra le monografie su argomenti particolari, v., per il teatro, M. Lamm, St.s Drames, voll. 2, Stoccolma 1924-26; fondamentale è A. Jolivet, Le théâtre de St., Parigi 1931; e per il pensiero in generale: J. Landquist, St.s filosofi, in Filosofiska Essayer, Stoccolma 1908; K. Möhlig, St.s Weltanschauung, Lipsia 1923; A. Liebert, A. St. seine Weltanschauung und seine Kunst, 2ª ed., Berlino 1926. E cfr. inoltre: P. Lindberg, Tillkomsten af St.s Mäster Olof, Upsala 1915; E. Lindström, St. Mäster Olof dramer, Lund 1921; G. Lindblad, St. som berättare, Stoccolma 1924. Su St., dal punto di vista patologico, v. S. Rahmer, A. St., eine pathologische Studie, Monaco 1907.