MARTORELL, Joanot
Scrittore catalano del sec. XV, valenziano di nascita, della cui vita solo sappiamo che fu in Inghilterra e che circa il 1460 dimorava alla corte del re di Portogallo; nel quale anno iniziava, con dedica al principe Ferdinando, il Tirant lo Blanc: romanzo cavalleresco, che nell'annotazione finale all'edizione principe (Valenza 1490) si dice tradotto dall'inglese in portoghese e quindi in valenziano, continuato nella quarta parte, alla morte dell'autore, dal suo compatriota Martí Joan de Galba.
Ma le fonti catalane del romanzo, riprodotte con tale formale esattezza quale non sarebbe possibile conservare in successive ritraduzioni, dimostrano che la stesura originale fu in catalano. Il primitivo testo inglese è una pura messa in scena suggerita probabilmente dal fatto che il romanzo, iniziandosi con le imprese di Guillem de Varoic, s'ispira come a fonte di argomento anglosassone alla storia poetica di Guy de Warwick. La cooperazione del Galba è più che problematica, risultando fallaci le deduzioni fondate sui caratteri stilistici che distinguerebbero l'ultima parte della narrazione, e forse è da ridursi a semplici correzioni per prepararne la stampa. Catalana la lingua, catalani gli spiriti animatori. Il campo d'azione, in cui si svolgono le mirabili gesta di Tirante non appena abbandona l'Inghilterra, spazia per le isole e per le terre bagnate dal Mediterraneo, lungo le vie battute dalle navi mercantili di Catalogna e nei luoghi dove era passata trionfando la spedizione militare di Ruggero da Flor. Dalla Sicilia, dove assiste alle nozze del re Filippo di Francia, Tirante passa alla difesa di Rodi, si spinge a Costantinopoli e salva l'impero bizantino dal pericolo musulmano. Ivi s'innamora della principessa Carmesina, alla quale ritorna dopo la fortunosa conquista della Barberia e, innalzato alla dignità di Cesare, la fa sua sposa. Con la loro morte si conchiude il romanzo. Un'atmosfera di realtà storica e geografica fluttua così attorno alla creazione fantastica e la contiene entro i limiti di una ragionevole verosimiglianza, che permette di motivare psicologicamente i caratteri dei protagonisti e d'inquadrare le loro azioni, non ostante la lentezza degli episodî, in uno schema ingegnosamente architettato. Per questo piacque al Cervantes (Don Qujote, I, 6); il quale però ne mise in rilievo la procace nudità di motivi voluttuosi, condannando il torbido compiacimento di fantasie, dove l'arte degrada a forme istintive di pervertimento e di malizia. Tradotto in italiano da Lelio Manfredi (Venezia 1528), essendo rimasta inedita la versione iniziata da Niccolò da Correggio (1501), il romanzo, che tra le sue fonti annovera il Decameron, diventò a sua volta una fonte del Boiardo e dell'Ariosto.
Ediz.: Valenza 1490, riprodotta in facsimile da Archer M. Huntington, New York 1904; Barcellona 1499, ripubblicata da Marian Aguiló, Barcellona 1873-1905, e da J. Givanel i Mas, Barcellona 1920.
Bibl.: M. Menéndez y Pelayo, Orígenes de la Novela, I, Madrid 1905, p. 248 segg.; A. Farinelli, Italia e Spagna, Torino 1929, I, p. 363 segg.; Ll. Nicolau d'Olwer, Sobre les fonts catalanes de "T. lo B.", in Revista de Bibliografía Catalana, 1905, p. 5 segg.; A. Bonilla y San Martin, T. lo B., in Primer Congrés de la Llengua Catalana, Barcellona 1908; I. Bonsoms y Sicart, Discurs de recepció a l'Academia de Bones Lletres de Barcelona e Resposta di A. Rubió y Lluch, Barcellona 1907; J. Givanel i Mas, T. lo B., in Archivo de investigaciones históricas, Madrid 1911, I, pp. 213 segg., 319 segg.; II, pp. 392 segg., 477 segg.; id., T. lo B. i Don Quijote in Quaderns d'Estudi, Barcellona 1921-22; F. Martínez y Martínez, Martin Juan de Galba coautor de T. lo B., Valenza 1916; M. Gutiérrez del Caño, Ensayo bibliografico de T. lo B., in Revista de Arch. Bibl. y Museos, XXXVII, p. 239 segg.; J. A. Vaeth, T. lo B., New York 1918; H. Thomas, Spanish and Portuguese romances of Chivalry, Cambridge 1920, p. 32 segg.