Fontaine, Joan
Nome d'arte di Joan de Beauvoir de Havilland, attrice cinematografica e teatrale inglese, naturalizzata statunitense nel 1943, nata a Tokyo il 22 ottobre 1917. Avviatasi alla carriera cinematografica come la sorella Olivia de Havilland, la F. interpretò prevalentemente personaggi delicati e malinconici, e, soprattutto sotto la sapiente regia di George Cukor, Alfred Hitchcock e Max Ophuls, divenne il prototipo dell'ingenua sottomessa, costretta, da circostanze avverse, da perfide rivali o da uomini variamente inaffidabili, a conoscere i risvolti amari dell'amore o della vita coniugale. Nei film da lei interpretati, infatti, è spesso oggetto di oscuri raggiri, che possono di volta in volta risultare frutto di menti sconvolte o criminali, come negli hitchcockiani Rebecca (1940; Rebecca, la prima moglie) e Suspicion (1941; Il sospetto), o addirittura forme involontarie di crudeltà, come in The constant nymph (1943; Il fiore che non colsi) di Edmund Goulding e in Letter from an unknown woman (1948; Lettera da una sconosciuta) di Ophuls. Dopo una prima nomination all'Oscar, nel 1941, come miglior attrice protagonista per Rebecca, ricevette l'ambito riconoscimento l'anno successivo per il rinnovato e sintomatico ruolo di moglie sventurata in Suspicion (in competizione con la sorella, candidata nella medesima categoria).
Giunta in California all'età di due anni, la F., come la sorella Olivia, fu spinta verso la carriera di attrice dalla madre, che aveva sempre sognato di recitare. Tornata in Giappone per terminare le scuole superiori, tentò poi, sulle orme di Olivia, di avviarsi alla carriera teatrale, ma senza successo. Optò quindi per il cinema, assumendo inizialmente il nome d'arte di Joan Burfield (poiché con quello di famiglia sua sorella aveva già raggiunto una discreta notorietà), e, dopo un provino alla Metro Goldwyn Mayer, ottenne un piccolo ruolo nel film No more ladies (1935) di Edward H. Griffith e Cukor. Assunse il nome definitivo di Joan Fontaine solo nel 1937, quando mosse i primi passi decisivi a Hollywood sotto la direzione di George Stevens. Questi, dopo averla fatta recitare, non accreditata, in Quality street (1937; Dolce inganno), la scelse per A damsel in distress (1937; La magnifica avventura) e Gunga Din (1939). Fu però in The women (1939; Donne) che, grazie alla sensibilità e all'abilità di Cukor, prese forma il suo personaggio indifeso, inesperto e innocente, ai limiti della mediocrità. Il confronto con le altre primedonne del ricco cast del film rese ancor più evidente la fisiologica subalternità propria dei personaggi che la F. avrebbe anche in seguito interpretato. Se, come si evince dal divertente The emperor waltz (1948; Il valzer dell'imperatore) di Billy Wilder, l'attrice riusciva a esprimere molto bene una segreta e ironica ilarità con i suoi tratti sottili, lo sguardo pudico e la delicata presenza, è certo che assai più convincente risulta nei film in cui è al centro di vicende contorte che, con diverse sfaccettature, ne lasciano emergere tutto il masochismo sentimentale. In essi la F. ripete il ruolo della ragazza afflitta da una precoce mancanza di autostima, che considera un atto di generosa degnazione l'interessamento di personaggi maschili di bell'aspetto e gran temperamento, e che tende perciò a consolarli, incoraggiarli, sorreggerli, restando nell'ombra o pagando in prima persona il prezzo del proprio sacrificio; tale schema risulta assolutamente convincente al fian- co di partner come Laurence Olivier (Rebecca), Charles Boyer (The constant nymph), Louis Jourdan (Letter from an unknown woman), Cary Grant (Suspicion). Non è un caso dunque che questi film abbiano arricchito di intensità emotiva e silenziosa trepidazione la gamma espressiva dell'attrice, assicurandole un'enorme popolarità, ma abbiano anche contribuito a crearne un'immagine non suscettibile di ulteriori, sostanziali approfondimenti. Ciò la spinse a privilegiare la televisione e il teatro, continuando, però, fino agli anni Sessanta, a offrire interpretazioni di rilievo sul grande schermo: in Jane Eyre (1944; La porta proibita) di Robert Stevenson, al fianco di Orson Welles; in Ivy (1947; La sfinge del male) di Sam Wood e Born to be bad (1950; La seduttrice) di Nicholas Ray, nell'inedito ruolo di dark lady; nei film sentimentali September affair (1950; Accadde in settembre) di William Dieterle, in coppia con Joseph Cotten, e Darling, how could you! (1951; La mia donna è un angelo) di Mitchell Leisen; nel melodrammatico Something to live for (1952; Perdonami se ho peccato), in cui tornò a lavorare con Stevens; in Beyond a reasonable doubt (1956; L'alibi era perfetto) di Fritz Lang, che la riportò alle cupe tensioni hitchcockiane; e in Tender is the night (1961; Tenera è la notte) di Henry King, dal romanzo di F.S. Fitzgerald.