JÍBARO (anche Jívaro, pron. khíbaro)
Popolazione dell'alto Rio delle Amazzoni, il cui nome si scrisse anche Jébaros e Xébaros, e ha senso dispregiativo, poiché vuol dire "barbari"; ma in verità fin dal sec. XVI i cronisti ne riconobbero la capacità di lavoro, la fedeltà e obbedienza, e particolarmente il valore e l'accortezza in guerra, la bravura di fronte al pericolo e il disprezzo della morte. Il nome che essi si dànno è Shuāra.
A cominciare da allora, e fino a oggi, i Jíbaro hanno goduto d'una particolare rinomanza, a cagione del loro costume di tagliare la testa ai prigionieri e conservarla, a mo' di trofeo, trasformata in una specie di mummia le cui dimensioni ridottissime (altezza totale della testa intorno agli otto centimetri) fanno contrasto con i capelli, lunghissimi; a essa si dà il nome di tsantsa. La tecnica ne è lunga e complicata: consiste nell'asportare pezzo a pezzo tutte le ossa del cranio e della faccia, riseccando poi l'involucro carneo a mezzo di ciottoli arroventati, di dimensioni sempre più piccole, a grado a grado che l'operazione procede. Complicate cerimonie debbono consacrare l'efficacia del trofeo, e il guerriero che lo possiede deve sottomettersi a un periodo di astinenza e purificazione. Quando, allo sperimentare il potere magico della tsantsa, si trova negativo, le si recidono i capelli.
L'area attuale dei Jíbaro è ridotta a un breve settore dell'Ecuador posto a oriente delle Ande, tra il Río Pastaza e il Marañon (Alto Amazzoni): colà vivono in completa autonomia, in numero di 10 a 15.000. P. Rivet riattacca i Jíbaro (insieme con i Ticuna, Juri e Uitoto) alla famiglia arawak, con cui gareggiano nell'arte figulina; mentre per altri elementi si riattaccano ai Caribi e ai Tupi. Rispetto al loro costume di "cacciatori di teste", la diffusione ne è risultata più ampia di quel che si credeva: basti ricordare i Mundrucu, gli Araucani, i Quimbaya, i Chibcha, e l'intero gruppo Tupi. È notevole inoltre la concomitanza di esso costume con l'uso della cerbottana e del veleno per le frecce, estratto da piante venefiche, elementi che si trovano riuniti insieme anche presso i cacciatori di teste del Pacifico, per es. in Borneo; il Peschel già ebbe a sottolineare l'identità del turcasso e dell'intero armamento. In senso storico, poi, nessuna barriera separa i Jíbaro dagli strati culturali antichi del Perù, dove il propulsore, la mazza stellata e la conservazione dei cranî quali trofei furono elementi caratteristici.
Lingua. - La famiglia linguistica jíbaro comprende:1. il jíbaro propriamente detto con molte varietà dialettali (makas, gualaquiza, aguaruna, zamora, achuale, pintuk, miazal, ayuli e morona), parlato fra la Cordigliera orientale delle Ande, il Río Pastaza e il Marañón; 2. la lingua dei Palta che abitavano nella valle interandina equatoriale (nella regione dell'odierna provincia di Loja). Alcuni autori fanno entrare il gruppo linguistico jíbaro nella grande famiglia arawak (cfr. III, pp. 969-70; II, p. 923).
Bibl.: F. Figueroa, Relación de las misiones de la C. d. J. en el país de los Maynas, Madrid 1904; P. Rivet, Les Indiens Jibaros, in L'Anthropologie, 1907 e 1908; id. e H. Beuchat, La langue jibaro ou šiwora, in Anthropos, IV (1909), pp. 805-822, 1053-1064; V (1910), pp. 1109-1124; R. Karsten, La lengua de los Indios Jíbaros (Shuara), in Finska Vetenskaps-Soc. Förhandlingar, LXIV, Helsingfors 1921-22; id., Forschungen unter den Jibaro-Indianern in Ecuador und Peru, in Zeitschr. für Ethnologie, LXII (1931).