Fodor, Jerry Alan
Psicologo cognitivista e filosofo della mente statunitense, nato a New York il 22 aprile 1935. Docente alla Rutgers University (New Brunswick), influenzato da N. Chomsky e H. Putnam, è tra i maggiori rappresentanti della filosofia della mente (v. mente: Neuroscienze e modelli della mente, App. V) e le sue teorie sono al centro dell'attuale dibattito interno alla scienza cognitiva. Le obiezioni di F. al comportamentismo e alle varie teorie riduzionistiche della mente lo hanno condotto a sostenere una forma di mentalismo non dualistico per il quale gli stati e gli eventi mentali (credenze, desideri, paure, dolori ecc.), pur realizzandosi fisicamente nel cervello, sarebbero tuttavia indipendenti da questo tipo di realizzazione, essendo possibile concepirne la presenza in sistemi dalla composizione fisico-chimica diversa da quella cerebrale. Di qui la sua ipotesi (nota come funzionalismo, elaborata a partire da indicazioni avanzate da Putnam) di definire gli stati mentali non in termini materialistici, ma in base ai ruoli causali (le funzioni) che essi hanno rispetto al comportamento e ad altri stati mentali.
In ambito cognitivo, F. ha formulato una 'teoria computazionale della mente' secondo la quale i processi cognitivi opererebbero su 'rappresentazioni mentali' o simboli, anch'essi definiti in termini di ruolo causale e manipolabili attraverso le regole di un 'linguaggio del pensiero' che F. considera innato. Particolare interesse hanno, infine, suscitato le sue tesi sulla 'modularità' della mente seguite alla pubblicazione di The modularity of mind (1983; trad. it. La mente modulare, 1988).
In esso viene affermata la specificità dei meccanismi che presiederebbero all'elaborazione e alla 'computazione' degli input sensoriali; tali meccanismi assumerebbero appunto la caratteristica di partizioni o moduli mentali, ciascuno dei quali, e in particolare l'insieme specializzato dei moduli preposti alla comprensione del linguaggio, sarebbe dotato di specifiche proprietà di calcolo, di una sorta di 'teoria interna' tramite la quale elaborare, in forma separata, le diverse modalità (uditive, visive ecc.) di informazione sensoriale. Tale teoria interna sarebbe un prodotto dell'evoluzione e si sarebbe costituita in modo tale da rendere accessibili le possibili varianti dell'informazione percettiva afferente a ogni modulo: nei termini dello stesso F., in modo tale da poter operare su ogni forma di "eccentricità" informazionale. Così, per es., i moduli di apprendimento del linguaggio recherebbero impressi ("incapsulati") universali linguistici con i quali operare in domini sensoriali appropriati, in cui le proprietà di tali universali risultano soddisfatte. L'ipotesi della mente modulare di F. ha suscitato, negli ultimi anni, un notevole dibattito teorico, trovando in particolare opposizione tra i sostenitori dell'importanza del contesto culturale nell'elaborazione degli input sensoriali.
Opere principali: Psychological explanation: an introduction to the philosophy of psychology (1968); The language of thought (1975); Psychosemantics. The problem of meaning in the philosophy of mind (1987; trad. it. 1990); The elm and the expert. Mentalese and its semantics (1994).
bibliografia
W. Bechtel, Philosophy of mind. An overview for cognitive science, Hillsdale (N.J.) 1988 (trad. it. Bologna 1992); Meaning in mind: Fodor and his critics, ed. B. Loewer, G. Rey, Oxford-Cambridge (Mass.) 1991.
S. Gozzano, Storia e teorie dell'intenzionalità, Roma 1997.