JENA (ant. Jani; A. T., 53-54-55)
Città della Germania, nella Turingia orientale, 70 km. SO. di Lipsia, 157 m. s. m., sul fiume Saale (affluente di sinistra dell'Elba), la cui valle costituisce un'importante via commerciale nord-sud; le comunicazioni con Weimar, che dista circa 25 km. in direzione nord-ovest, sono facilitate dalla valle del Mühlbach, che permette di passare in quella dell'Ilm. Jena è sorta su una terrazza fluviale e circondata com'è da alture calcaree ha posizione pittoresca; il clima non è poi troppo rigido (temperature: media annua 8°3; gennaio −1°; luglio 17°4; precipitazioni 590 mm.). Un tempo una delle attività principali degli abitanti era la coltura della vite; sviluppatasi poi come città industriale essa si è specializzata nell'industria ottica. Fondatore di questa è stato E. Abbe (v.), unitosi con K. Zeiss; la grande impresa occupa ora complessivamente 7900 persone e produce in quantità lenti, obiettivi fotografici, cannocchiali, telescopî; ivi sono stati fabbricati anche quei planetarî che esistono ormai in 21 città. Jena è sede di un'università (frequentata in media da 3200 studenti e con 190 professori), che ha fama soprattutto per la chimica, la chirurgia (cliniche con 1200 letti) e la zoologia (collezioni Haeckel); l'edificio attuale, modernamente attrezzato, è stato costruito nel 1905-08. Esiste anche un notevole osservatorio sismologico. Jena contava 5 mila abitanti nel 1805, 12 mila nel 1885, 44 mila nel 1910 e 52.649 nel 1925, su una superficie di 47,17 chilometri quadrati.
Monumenti. - La parrocchiale, già chiesa di un monastero di suore cisterciensi, è a tre navate di uguale altezza in stile gotico seriore (1438-1528, torre del 1557), con belle vòlte nella sagrestia, e pittoresco portale sul lato di mezzodì. Vi si trova la bronzea lastra sepolcrale di Martin Lutero, su disegno di Luca Cranach il Vecchio, destinata a Wittenberg e trasportata a Jena nel 1551. La collegiata con chiostro (sec. XIV) contiene numerose lapidi commemorative e monumenti sepolcrali dei secoli XVI-XVIII, dedicati a professori e studenti, poiché l'adiacente costruzione, già monastero dei domenicani, di cui restano poche celle e il portone, fu adibita a università dal 1558 al 1858. La chiesa cattolica di S. Giovanni Battista, originariamente romanica (sec. XI), fu ampliata nell'età gotica e nel sec. XIX. Ricordiamo tra le costruzioni profane il gotico palazzo comunale, il Burgkeller (circa 1546), la Göhre (casa di vendita di vino) e numerose case di abitazioni per professori, risalenti ai secoli XVII e XVIII. Rimangono alcuni avanzi delle fortificazioni. Nel museo civico sono buone collezioni di memorie storiche riguardanti la città e l'università.
Storia. - Ricordata la prima volta alla fine del sec. IX, città dal 1284, Jena è storicamente importante soprattutto come centro di cultura. Dopo che l'Elettore Giovanni Federico di Sassonia ebbe perduto, insieme con il suo stato elettorale, l'università di Wittenberg, fondò nel 1548 a Jena un'accademia, che in virtù di un privilegio imperiale fu trasformata nel 1558 in università. Nel sec. XVI questa fu il centro dell'indirizzo ortodosso luterano nel seno del protestantesimo germanico e come tale fu nel contrasto più acuto con le altre due università sassoni: quelle di Wittenberg e di Lipsia. Il periodo più florido dell'università di Jena fu tra la fine del secolo XVIII e il principio del XIX, quando v'insegnarono Fichte, Hegel e Schelling. Dal 1672 al 1690 Jena è stata la capitale del ducato, ch'ebbe breve durata, di Sassonia-Jena.
La battaglia di Jena. - La Prussia, che dalla pace di Basilea (aprile 1795) era rimasta in pace con la Francia, e neutrale nella guerra del 1805 contro l'Austria, dopo la grande vittoria d'Austerlitz si era stretta in alleanza con la Francia, mediante un trattato ratificato il 15 febbraio 1806. Con essa, in cambio dei territorî di Ansbach, da cedersi al regno di Baviera, di Cleves da formarne insieme con Berg un granducato per Murat, e di Neuchâtel, la Prussia avrebbe ricevuto il Hannover. Ma tre mesi dopo il trattato, Napoleone, per far pace con l'Inghilterra, offriva a questa di lasciarle il Hannover. Quando il re di Prussia Federico Guglielmo III seppe dell'offerta cessione ordinò la mobilitazione dell'esercito (9 agosto 1806), obbedendo al partito della guerra capitanato dalla regina, la bella Maria Luisa, e dal principe Luigi; partito fortissimo in Prussia, ove il sentimento tedesco era rimasto offeso dalla costituzione della Confederazione renana sotto la protezione di uno straniero. "Grandi erano le speranze e la presunzione tra i giovani: i vecchi titubavano", dice uno storico. La Prussia aprì trattative d'alleanza con la Russia, la quale, insieme con l'Inghilterra e con la Svezia, era ancora in guerra con la Francia. Si formò, così, quella che fu chiamata la 4ª coalizione. Le cose precipitavano: il 25 settembre 1806, il re di Prussia mandò a Parigi un ultimatum, col quale si chiedeva alla Francia di sgombrare i territorî tedeschi e di rinunziare al protettorato sulla Confederazione del Reno. Napoleone rispose concentrando la grande armata, che, dopo la pace di Presburgo, era ancora in Franconia e in Svevia. Il 9 ottobre la Prussia dichiarava la guerra. Anche questa volta la fulminea rapidità di concezione e di esecuzione dell'imperatore gli permise di sorprendere i Prussiani avanti l'arrivo dei Russi: e mentre al quartier generale prussiano si succedevano i consigli di guerra, egli ideava e iniziava una manovra aggirante analoga a quella che lo aveva condotto a Ulma nel 1805. I Prussiani entrarono in Sassonia, ne trassero un contingente di 20 mila uomini e si spinsero sino alle falde delle foreste di Turingia e di Franconia, divisi in due armate, una di 80 mila uomini al comando del duca di Brunswick, già generalissimo nel 1792; l'altra di 60 mila sotto il principe di Hohenlohe: vi era inoltre un corpo di riserva di 15 mila uomini agli ordini del principe del Württemberg. L'esercito francese passò la frontiera, preceduto da una grande esplorazione di cavalleria (4 brigate al comando di Murat) che s'impadronì dei magazzini prussiani. Il 10 ottobre l'avanguardia prussiana (8500 uomini) comandata dal principe Luigi Federico di Prussia fu attaccata e disfatta a Saalfeld dal Lannes, con perdite gravi fra cui quella del principe caduto sul campo. Dopo di ciò Napoleone procedé con un cambiamento di fronte a un'azione pronta e decisiva tendente a separare i Prussiani dall'Elba. Per effetto di supposti inesatti, dall'una come dall'altra parte, il 14 ottobre ebbe luogo la grande battaglia che prese il nome da Jena; ma che fu in realtà una duplice contemporanea battaglia: a Jena della massa principale francese sotto gli occhi dell'imperatore contro le forze minori del principe di Hohenlohe, e ad Auerstädt fra il principale esercito prussiano del Brunswick col quale era il re (60 mila uomini) contro il corpo di Davout di soli 25 mila francesi. All'alba del 14 ottobre i corpi di Hohenlohe avanzano da Weimar verso Jena: la battaglia si accende. I Prussiani trattenuti e attaccati sul fronte dalle truppe dei marescialli Ney e Lannes dinnanzi a Jena, da quelli di Augereau tra il centro e la destra e da Soult sul fianco sinistro e poi nel pomeriggio dal corpo di Murat e dalla Guardia lanciata al momento giusto dall'imperatore, sono superati, rotti e respinti su Weimar nonostante il valore delle loro fanterie. Un loro corpo di rinforzo di 20 mila uomini (gen. Rüchel), che si avanzava, rinnova per poco tempo la battaglia ma presto è sbaragliato. I Francesi la sera occupavano Weimar.
Frattanto il grosso delle forze prussiane attaccava, fra Auerstädt e lo spianato di Hassenhausen, il corpo di Davout. Questi, giudicando con retto criterio lo stato delle cose, pmpose al Bernadotte che era schierato ad Apolda, fra Jena e Auerstädt, di condurre uniti i loro due corpi sino ad Apolda, assumendone egli, Bernadotte, il comando; ma questi, interpretando e applicando alla lettera un ordine precedente dell'imperatore, vi si rifiutò, e così rimase inoperoso fra due battaglie. Le tre divisioni Gudin, Friant e Morand furono veramente mirabili per fermezza nel resistere e per audacia nel contrattaccare. Sostenute da sapiente impiego dell'artiglieria, finirono per aver ragione dei ripetuti attacchi dei battaglioni e della cavalleria prussiana. Di fronte a loro cadde il fiore dell'esercito di Prussia, fra cui il generale in capo duca di Brunswick e il generale Möllendorf, vecchi avanzi dell'epoca federiciana, e il generale Schmettau, comandante l'avanguardia.
Nella giornata di Jena-Auerstädt, che fu per i Francesi la rivincita di Rossbach, i Prussiani perdettero 60 bandiere, 300 cannoni, immensi magazzini, bagagli, 30 generali uccisi, feriti o prigionieri e un terzo del loro esercito: il resto sbandato e avvilito. Il 25 ottobre i Francesi entravano in Berlino e Napoleone mandava a Parigi la spada di Federico.
Bibl.: J. E. A. Martin, Urkundenbuch der Stadt Jena, Jena 1888-1903; Jena, die Universitätsstadt (ed. dal Comune), Berlino 1926; P. Weber, Der Einfluss der Reformation auf das Stadtbild J. s, Jena 1907; (per la battaglia v. napoleone).