Seberg, Jean
Attrice cinematografica statunitense, nata a Marshalltown (Iowa) il 13 novembre 1938 e morta a Parigi tra il 31 agosto e l'8 settembre 1979. Presto dimenticata dopo la sua scomparsa dal cinema hollywoodiano, era stata in realtà negli anni Sessanta una diva di notevole rilievo oltreché singolare. Sin dai primi film si rivelò infatti interprete sensibile e profondamente intuitiva, in grado di cogliere le caratteristiche dei personaggi interpretati cui conferì sfumature personali molto intense. Il successo e la grande notorietà raggiunti ‒ tanto da divenire, soprattutto in Francia, icona di una bellezza semplice e raffinata ‒ non riuscirono a farle superare la sofferenza legata a una vita privata difficile, offuscata da eventi dolorosi.
Perseguendo con tenacia il sogno di diventare attrice, durante gli studi liceali e poi quelli alla University of Iowa, si esibì in rappresentazioni teatrali, ottenendo diversi premi in competizioni scolastiche. Il suo talento fu scoperto da Otto Preminger, che la scelse fra migliaia di candidate per interpretare la parte della protagonista in Saint Joan (1957; Santa Giovanna); il film ‒ contestato soprattutto per il realismo della scena in cui Giovanna d'Arco muore sul rogo ‒, pur non ottenendo il successo sperato (così come accadde al successivo Bonjour tristesse, 1958, Buongiorno tristezza!, sempre diretto da Preminger), ebbe il merito di mettere in luce non solo il fascino della S., ma anche la sensibilità con cui l'attrice, seppure esordiente, seppe disegnare il suo ruolo. La grande affermazione giunse invece grazie al film manifesto della Nouvelle vague, À bout de souffle (1960; Fino all'ultimo respiro) di Jean-Luc Godard, in cui l'attrice seppe affrontare con spontaneità ed estrema naturalezza la parte di una studentessa americana coinvolta in una burrascosa storia d'amore con un impenitente criminale (Jean-Paul Belmondo). Negli anni successivi continuò a lavorare intensamente in Francia, recitando in film di diverso genere e valore quali La récréation (1961; Appuntamento con la vita) di François Mareuil, Échappement libre (1964; Scappamento aperto) di Jean Becker, La ligne de démarcation (1966; La linea di demarcazione) e La route de Corinthe (1967; Criminal story), entrambi di Claude Chabrol, Les oiseaux vont mourir au Pérou (1968; Gli uccelli vanno a morire in Perù) del suo secondo marito, Romain Gary. Contemporaneamente, apprezzata dai cineasti americani, fu impegnata oltreoceano in diverse produzioni: Lilith (1964; Lilith, la dea dell'amore) di Robert Rossen, per il quale nel 1965 ottenne una nomination al Golden Globe, A fine madness (1966; Una splendida canaglia) di Irvin Kershner, Paint your wagon (1969; La ballata della città senza nome) di Joshua Logan, Airport (1970) diretto da George Seaton. Ormai diva a livello internazionale, sul finire degli anni Sessanta la S. fu attivamente impegnata in battaglie contro il razzismo e sfruttò la sua popolarità per sostenere le campagne in difesa dei diritti civili dei neri portate avanti dal Black Panther Party (movimento rivoluzionario influenzato dal marxismo e dalla predicazione di intellettuali come Malcom X, osteggiato dal governo statunitense). L'atteggiamento persecutorio nei suoi confronti, propiziato dai servizi segreti e sostenuto dai mass media, contribuì ‒ insieme alla perdita del suo bambino ‒ ad allontanarla dal mondo cinematografico statunitense e a farla cadere in uno stato di depressione.
Nel corso degli anni Settanta fu chiamata a lavorare soltanto in Europa e comparve in film italiani (Ondata di calore, 1970, di Nelo Risi, e Questa specie d'amore, 1972, di Alberto Bevilacqua), francesi (L'attentat, 1972, L'attentato, di Yves Boisset), spagnoli (La corrupción de Chris Miller, 1972, L'altra casa ai margini del bosco, di Juan Antonio Bardem). Nel 1974 realizzò Ballad for Billy the Kid (1974), da lei scritto, diretto, prodotto e interpretato.
Nel 1976 l'abuso di alcol e psicofarmaci costrinse la S. ad abbandonare la carriera. Dopo molti tentativi di suicidio, tre anni dopo trovò la morte.
G.-P. Geneuil, Jean Seberg, ma star assassinée, Paris 1995.