ROTROU, Jean
Poeta drammatico francese, nato a Dreux nell'agosto 1609, ivi morto il 27 giugno 1650. La sua prima commedia, l'Hypocondriaque, fu rappresentata a Parigi nel 1628, e verso il 1632, dopo la morte di Alexandre Hardy, ne prese il posto come poeta della compagnia drammatica dell'Hôtel de Bourgogne; fu amico del Corneille, e con lui compreso fra i "cinque poeti" del cardinale di Richelieu; nel 1640 si accasò, ed esercitò fino alla morte l'ufficio di luogotenente civile a Dreux. La sua biografia fu annebbiata da documenti falsi, che vollero spingere fino all'eroismo un carattere cavalleresco, quale è giusto credere sia stato il suo.
Fu autore fecondissimo, specialmente negli anni giovanili; trattò con estro geniale, e grande padronanza del teatro, la tragicommedia, ispirandosi alla favola e al romanzo, ricorrendo di frequente a elementi magici e meravigliosi; sbozzava i suoi personaggi con una leggerezza e un'incoerenza psicologica, che si accordava, nell'effetto scenico, con la stranezza dei casi e il corso vertiginoso dell'azione. Ricordiamo, fra le tragicommedie, La bague de l'oubli (1629), tratta dalla Sortija del Olvido di Lope de Vega, La Pélerine amoureuse (1632-33), Amélie, L'heureuse constance, Les occasions perdues (tutte rappresentate nel 1633), Cléagénor et Doristée e L'heureux naufrage (1634), L'innocente infidélité (1635), Agésilan de Colchos (1635-36), che deriva da un episodio dell'Amadigi, Les deux pucelles (1636), Laure persécutée (1636), ch'è tra le sue cose più brillanti e felici, Bélisaire (1643), Célie (1644-45), Dom Bernard de Cabrère (1646). Nelle commedie rinnovò alcuni temi del teatro latino e dell'italiano: sono imitazioni di Plauto Les Ménechmes (1630-31), Les Sosies (1637), Les captifs (1638); Les Sosies rinnovano con brio le scene dell'Anfitrione, sì che il Molière tenne presente, nel comporre il suo capolavoro, non solo Plauto, ma anche il R. Dalla Sorella di G.B. Della Porta tolse lo spunto per La søur (1645).
La sua prima tragedia fu l'Hercule mourant (1634), che deriva dall'Hercules Oetaeus di Seneca; vennero poi Crisante (1635), di su un racconto delle Virtù femminili di Plutarco; l'Antigone (1637), che premette all'azione della traġedia di Sofocle la lotta fra Eteocle e Polinice (dalle Fenicie di Euripide); Iphigénie (1640); Le véritable Saint Genest (1645), sul martirio di S. Genesio, patrono degli attori drammatici; Venceslas (1647), e Cosroès (1648). L'opera più celebrata del R. è il Venceslas, il cui argomento proviene da un dramma spagnolo, di Francisco de Rojas, No hay ser padre siendo rey: il R. seppe cogliere con vigore il conflitto fra il vecchio re Venceslao e suo figlio, il principe Ladislao, cupido e violento, che per gelosia d'amore giunge sino al fratricidio (sebbene inconsapevole, poiché egli non conosce il suo rivale), eppure si rileva nella fierezza della regalità sul punto in cui il padre gli cede la corona per non essere costretto a giudicarlo.
I poeti del Seicento e del Settecento riconobbero le qualità essenzialmente teatrali del R.; il Racine seguì assai da vicino, nella sua prima tragedia (la Thébaïde), l'Antigone del R., e anche più tardi trasse partito da alcune scene dell'Hercule mourant, dell'Iphigénie, del Bélisaire. Tragedie e commedie del R. furono rifatte e imitate dal Quinault, da Tristan l'Hermite, dal Marivaux; in Italia, lo Zeno gli deve la trama del Venceslao e in parte dell'Ormisda; l'Alfieri lo studiò per la sua Antigone.
Ediz.: Øuvres de J. R., a cura di Viollet-le-Duc, Parigi 1820, voll. 5; Théâtre choisi, a cura di F. Hémon, Parigi 1883; Saint Genest and Venceslas, con introd. e note di T. F. Crane, Boston 1907.
Bibl.: J. Jarry, Essai sur les oeuvres dramatiques de J. R., Lilla-Parigi 1868; H. Chardon, La vie de R. mieux connue, Parigi-Le Mans 1883; F. Neri, La sorte del R.,in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, LXV (1929-30), p. 129 segg.; H. Carrington Lancaster, A History of French Dramatic Literatur in the Seventeeth Century, I-II, Baltimora 129-32.