PUCELLE, Jean
Miniatore attivo a Parigi e nella Francia settentrionale entro gli anni quaranta del 14° secolo.Lo studio dell'opera di P. prese avvio nel secolo scorso, a seguito della scoperta del suo nome in calce a una Bibbia conservata a Parigi (BN, lat. 11935). Il codice è firmato dal copista Robert de Billyng (c. 642r). Tra le interlinee della firma alcuni tratti apparentemente decorativi dissimulano caratteri minuscoli a inchiostro rosso che compongono un'iscrizione: "Jehan Pucelle, Anciau de Cens, Jacquet Maci, ils hont enluminé ce livre ci. Ceste ligne de vermeillon que vous vées fu escrite en l'an de grace M.CCC. et XXVII., en un jueudi darrenier jour d'avril, veille de mai, V° die" (Delisle, 1868).A qualche anno più tardi risale la pubblicazione di alcuni documenti contabili della Confraternita parigina dell'Hôpital di Saint-Jacques-aux-Pèlerins (Bordier, 1875-1876), relativi agli anni 1319-1324, nei quali un Jehan Pucele compare in qualità di esecutore del grande sigillo della Confraternita. La matrice di quest'ultimo, rinvenuta fortunosamente nella Senna nel 1852 (Forgeais, 1877) e poi nuovamente scomparsa, è documentata da un calco (Parigi, Arch. nat., sup. DD 3028): rappresentava S. Giacomo tra due angeli, con due confratelli inginocchiati ai lati e, in secondo piano, altre figure, anch'esse inginocchiate, in veste di pellegrini (Baron, 1975). Questo dato non fu messo in relazione con l'iscrizione della Bibbia di Billyng se non nel 1904, quando si giunse all'identificazione di un'unica, eclettica figura di artista (Poëte, 1904; Morand, 1961).Nel frattempo Delisle (1902; 1910) aveva arricchito il catalogo delle miniature di P. identificando un libro d'ore della Rotschild Coll. (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, Acc. 54.1.2) con le Heures de Pucelle, un piccolo libro d'ore all'uso domenicano, miniato in bianco e nero, da lui individuato per la prima volta negli inventari di Jean de Valois, duca di Berry (Guiffrey, 1894-1896, I; Morand, 1961; Avril, 1981), e riconosciuto in quello già citato nel testamento di Giovanna d'Evreux (m. nel 1371), sposa di Carlo IV il Bello (1322-1328), come "un bien petit livret d'oraisons que le roy Charles [...] avoit faict faire pour Madame, que Pucelle enlumina", eseguito appunto per la regina tra il 1325 e il 1328, da lei trasmesso in eredità a Carlo V (1364-1380) e quindi presente negli inventari di quest'ultimo, nel 1380 (Avril, 1981). Gli stessi inventari di Carlo V permisero a Delisle (1907) l'identificazione di un breviario all'uso domenicano, in due volumi (Parigi, BN, lat. 10483-10484), con quello eseguito per Giovanna di Belleville, moglie di Olivier de Clisson, uno dei signori che parteciparono all'insurrezione della nobiltà normanna e bretone contro Filippo VI di Valois (1328-1350) nel 1343: è a tale data, e alla confisca dei beni successiva alla sconfitta dei rivoltosi, che va fatto risalire l'incameramento tra i beni reali del manoscritto, che nel 1380 presentava integra la legatura originale, sulle cui cerniere era impressa l'arme dei Belleville (Delisle, 1907; Avril, 1981).Il catalogo di P. comprende inoltre le illustrazioni dei Miracles de Notre-Dame di Gautier de Coincy (Parigi, BN, nouv.acq.fr. 24541) e alcune tra quelle del Breviario di Bianca di Francia (Roma, BAV, Urb. lat. 603).La successione cronologica tra le opere citate disegna un periodo di ca. un trentennio. Gli esordi di P. sono documentati solo intorno al 1315, primo termine presumibilmente proponibile per il Breviario di Bianca di Francia, al quale lavorò con un ruolo non primario (Sterling, 1987). Nel 1319-1324, l'artista, evidentemente già a capo di una bottega, fu pagato per sé e per i propri aiuti per il sigillo di una consorteria elitaria e di stretto ambito regio quale era la Confraternita dell'Hôpital di Saint-Jacques-aux-Pèlerins. Il suo ultimo lavoro, agli inizi del quarto decennio del secolo, sembra essere il codice dei Miracles de Notre-Dame, per il quale è accettata una committenza da parte di Filippo VI e della moglie Giovanna di Borgogna, rappresentata più volte, nella parte finale dell'opera, nelle iniziali istoriate delle preghiere mariane (Avril, 1981). Le miniature dei Miracles furono eseguite con vari aiuti, tra i quali spicca per l'importanza del suo ruolo Jean le Noir (Sterling, 1987).Nella maggior parte delle opere, sia pure eseguite con vari collaboratori, a P. spettano comunque un ruolo di impostazione generale della decorazione e l'esecuzione delle principali scene figurate. Così i tre nomi riportati nell'iscrizione della Bibbia di Billyng non apparterrebbero ad altrettanti miniatori, intervenuti con pari funzione nell'opera, nella quale del resto non è possibile distinguere scene eseguite da tre diverse mani (Avril, 1981): ad Anciau de Cens sarebbero toccate le iniziali e le decorazioni e a Jacquet Maci la decorazione filigranata, mentre P. è stato l'unico esecutore delle scene miniate. Il confronto stilistico e compositivo con tali scene ha confermato l'attribuzione a P. del Breviario di Giovanna di Belleville e del Libro d'ore di Giovanna d'Evreux.Il Breviario eseguito per Giovanna di Belleville è databile al 1323-1326, poiché in esso non è inserito l'ufficio di s. Tommaso d'Aquino, adottato dall'Ordine domenicano in quegli anni (Leroquais, 1934). Il testo comprendeva un calendario, in gran parte perduto e noto da copie posteriori, quali quella contenuta nel Libro d'ore di Giovanna di Navarra (Parigi, BN, nouv.acq.lat. 3145; Avril, 1981). Il primo volume si apre con un'introduzione che si propone di spiegare l'uso delle immagini in rapporto con il contenuto, l'"Exposition des images des figures qui sont au kalendrier et au psautier, et est proprement l'accordance du Vieil Testament et du Nouvel" (cc. 2-4). Tale introduzione è redatta in prima persona e denuncia a tratti un tono didattico che ha contribuito a farne riconoscere l'autore in un teologo domenicano, piuttosto che nello stesso P., che comunque in quegli anni doveva essere vicino all'Ordine (Panofsky, 1953; Avril, 1981; Sterling, 1987). Nel calendario è utilizzata una prassi eterodossa rispetto alla tradizione liturgica: per evitare che ai giorni in cui non è prescritta la celebrazione di un ufficio particolare corrispondano spazi vuoti si fa loro comunque corrispondere il nome di un santo, ottenendo un miglior risultato estetico nell'impaginato. A ognuno dei mesi dell'anno è fatto corrispondere uno degli articoli del Credo, individuato come realizzazione di una delle profezie dell'Antico Testamento. Tale corrispondenza è riassunta dalla miniatura di fondo pagina, in cui un profeta e un apostolo reggono ciascuno un filatterio, rispettivamente recante il testo della profezia e quello dell'articolo a essa collegato (Avril, 1981). L'Exposition descrive due grandi miniature allegoriche a piena pagina, oggi perdute, i cui temi erano la Chiesa e la Croce. Le illustrazioni del ciclo dei Salmi e di quello liturgico presentano una particolarità compositiva che costituisce una sigla di P. e della sua scuola: la scena principale, circoscritta al centro della pagina, prosegue in basso, nel margine inferiore del foglio, dove la decorazione contiene allusioni allo stesso tema (Avril, 1981).Il Breviario di Belleville è caratterizzato dalla ricchezza dell'ornamentazione; a elementi tipicamente italiani, quali le architetture, si affianca un ricco repertorio di drôleries, testimoni dell'interesse per l'investigazione dei fenomeni naturali diffuso nella cultura degli artisti e dei loro committenti (Balas, 1982), in parte attinte dalla cultura figurativa anglorenana e anglomosana (Panofsky, 1953). Tale ricorso al grottesco è assente dalle miniature della Bibbia di Billyng, che presenta una decorazione più austera, limitata ai bordi di pagina, ornati da motivi vegetali, e alle iniziali istoriate. Il Libro d'ore di Giovanna d'Evreux, la prima opera interamente autografa di P., è il codice in cui è più evidente l'influsso dell'arte italiana; in esso tornano a più riprese citazioni tratte da architetture e pitture in special modo toscane e compare l'uso estensivo della grisaille, un monocromatismo interrotto solo a tratti, nei fondi e negli incarnati, da macchie di colore, e collegato da alcuni alla tecnica di rappresentazione della scultura (Balas, 1982; Sterling, 1987). Le miniature sono articolate in due cicli, il primo mariologico e cristologico, in corrispondenza del testo dell'ufficio della Vergine, il secondo incentrato sulle Storie di s. Luigi, tratte probabilmente dal ricco repertorio allora presente a Parigi, costituito dagli affreschi della cappella inferiore della SainteChapelle e da quelli dei Cordelieres de Lourcine. Il codice è tematicamente organico, poiché anche il ciclo con le Storie di s. Luigi assume una valenza cristologica tramite l'identificazione, ricorrente nell'arte francese del periodo, del santo re con Cristo (Hoffeld, 1971).Molti degli elementi che hanno spinto la critica a postulare un soggiorno di P. in Italia intorno alla fine del terzo decennio del secolo sono contenuti nelle illustrazioni dei Miracles de Notre-Dame: un castello assediato (c. 70v) mostra analogie con le architetture gotiche toscane, riconducibili a una conoscenza de visu, o quanto meno a un esame diretto delle opere di Duccio, provato da citazioni riconoscibili anche in altre opere (Ferber, 1984; Sterling, 1987). Un'opera chiave per la definizione dei rapporti con il maestro senese è la Maestà per l'altare maggiore del duomo (Siena, Mus. dell'Opera della Metropolitana), ultimata da Duccio nel 1311. In essa le tre scene dell'Annuncio della morte della Vergine, della Crocifissione e della Sepoltura di Cristo appaiono avvicinabili ad altrettante miniature del Libro d'ore di Giovanna d'Evreux: l'Annunciazione (c. 16r), la Crocifissione (c. 68v) e la Sepoltura di Cristo (c. 82v). La citazione delle scene non è testuale: nella prima di esse la figura stante della Vergine rappresenta un esplicito allontanamento dall'iconografia duccesca, più tradizionale. Lo stesso rapporto dialettico è istituito, sempre nel Libro d'ore, con i rilievi del pulpito di Giovanni Pisano in S. Andrea a Pistoia: al di sotto dell'Adorazione dei Magi (c. 69r) P. introduce nel bas-de-page la Strage degli innocenti, tema inconsueto nel repertorio gotico francese e verosimilmente mutuato dallo stesso pulpito pistoiese, come del resto le figure isolate di atlanti inframmezzate alle miniature, ravvicinabili a quelle degli evangelisti scolpite da Giovanni sugli spigoli del pulpito (Ferber, 1984). I personaggi secondari introdotti nelle pagine miniate da P. sono stati paragonati anche con le figure allegoriche rappresentate da Tino di Camaino nel monumento di Antonio D'Orso nel duomo fiorentino, eseguito nel 1321 (Sterling, 1987). Alcuni motivi, quale il quadrifoglio, sono ricorrenti nell'ornamentazione dei manoscritti di P. così come nei rilievi coevi (Balas, 1982).In generale il rapporto di P. con la scultura non si limita al piano della ripresa tematica e iconografica, ma si attesta anche nelle scelte compositive e cromatiche. La resa volumetrica dei corpi e il loro inserimento tridimensionale nello spazio richiamano la plastica delle cattedrali francesi, come pure l'intenzione di caratterizzare singolarmente ogni figura, fino a un livello di introspezione psicologica. Anche le scelte tecniche di P. travalicano lo specifico campo della miniatura: l'adozione della grisaille risente della prassi in uso nei repertori di modelli e nei taccuini degli artisti per rappresentare la plastica architettonica o a tutto tondo (Balas, 1982), adottata per la scultura dipinta in opere di pittori nordici come di artisti italiani, quale Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova.
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