BÉRANGER, Jean-Pierre de
Celebre chansonnier francese, nato a Parigi il 19 agosto 1780, morto il 16 luglio 1857. Suo padre, Jean-François de B. de Mersic, infatuato dell'idea di una sua pretesa nobiltà (proveniva in realtà da un'umile famiglia di Peronne), sei mesi dopo le nozze se n'andò nel Belgio; la moglie tornò al lavoro, in un negozio di mode, e nella casa paterna mise al mondo, con pericolo di vita, il futuro poeta, che ripeterà poi nulla mai essergli riuscito facile, "pas même de naître"! Assente il padre, indifferente la madre, il bimbo, dimenticato quasi, per tre anni, nelle mani d'una nutrice d'Auxerre, trovò nel buon nonno materno, "Champy, tailleur", affetto e protezione. Scolaretto, allogato a Parigi in una pensione del sobborgo di St. Antoine, poté assistere, dai tetti, nel 1789, alla presa della Bastiglia, e da quel 14 luglio fu per la repubblica e per la libertà. Lesse, già in quegli anni, l'Henriade del Voltaire e la Gerusalemme del Tasso nella traduzione del Mirabaud: finché a Peronne, dove una zia paterna, ostessa dell'Épée royale, lo educò maternamente, ebbe un maestro nel tipografo Laisney, che gl'insegnò, oltre l'ortografia, la versificazione, come gli rammenterà poi, in certi "couplets", l'apprendista riconoscente. A sviarlo dal mestiere venne suo padre, che volle il suo aiuto per speculazioni di borsa. Sopravvenuto poi il crollo finanziario, per cui suo padre fu incarcerato, il B. rifiutò il danaro di alcuni finanzieri che, fidando nel suo svegliato ingegno, lo incitavano a rifarsi, e dopo aver data ancora una mano al genitore nella gestione d'un gabinetto di lettura, si ridusse a vivere poveramente in quel "grenier" del Boulevard St. Martin che ispirerà un suo commosso canto. Ma aveva vent'anni, e "une folle maîtresse", la "Lisette" delle sue rime, e aveva per conforto "de francs amis et l'amour des chansons". Dalle avventure galanti traeva materia per rime anacreontiche e festose, dagli eventi politici argomento di satire giocose e vivaci. Alle canzoni, che gli daranno la fama, non giunse tuttavia subito; scrisse di tutto un po', trattò la lirica seria e la faceta, l'epica, la tragedia, la commedia, il melodramma, cercando la sua strada e attendendo contemporaneamente ad ampliare la sua cultura, a formarsi, son sue parole, "une poétique complète".
Una sera, narra egli medesimo, vegliando un amico ammalato, prende a distrarlo con canzoni che improvvisava canticchiando. Ha trovato sé stesso. Le sue canzoni diventano lo scopo e la forza della sua vita: il mondo della sua libertà. Perché egli non è mutato col mutare dei tempi. Egli è ancor sempre per i diritti del popolo sanciti dalla Rivoluzione e già calpestati: ammira, ma non ama il despota Napoleone; è invece amico di Luciano Bonaparte, cui invia versi e da cui riceve incoraggiamenti e sussidî. Per qualche tempo redige, per il pittore Landon, il testo illustrativo d'una raccolta di disegni e quadri e statue del Louvre. Ma, terminata l'opera, è costretto ad accettare soccorsi da amici e a rifugiarsi a Peronne, dove alla brigata del "Couvent Sans-Soucis" recita poesie, che subito circolano manoscritte (fra le altre quella dei Gueux). Ha poi finalmente anche un impiego umile, ma stabile: è spedizioniere negli uffici dell'università di Parigi. Ma proprio ora, quando potrebbe e vorrebbe esser d'aiuto ai suoi, il padre gli muore (1809) e una sorella entra in convento. Nel 1813, benché quasi a forza, è del "Caveau", una società letteraria che prende il nome di quella antica del Crébillon, presieduta dal Désaugiers. Nuove canzoni, lette o stampate in strenne, insieme con le prime persecuzioni della polizia, consacrano la sua riputazione. Alcune (Le Sénateur, Le petit homme gris) sono su tutte le bocche: popolarissima, anche fuori di Francia, quella, antinapoleonica, del Roi d'Yvetot.
Caduto l'impero, il B. respinge le profferte dei reduci Borboni, e continua a parteggiar per il popolo, rimpiangendo al tempo stesso, benché sembri contraddittorio, le glorie militari napoleoniche per il lustro che n'era venuto alla Francia. Da allora s'inizia (1814, Ma Republique) quella sua vigorosa crociata poetica contro il potere regio ed ecclesiastico, che tanto contribuirà alla preparazione degli spiriti per la caduta di Carlo X. Stretto dal bisogno, si decide a pubblicare la sua prima raccolta di canzoni (Chansons morales, et autres, 1816). L'esito è strepitoso; invano gli si minaccia la destituzione, egli ne pubblica altre sui giornali, e nel 1821, convinto di giovare alla causa liberale, manda fuori due volumi di canzoni vecchie e nuove (Chansons, 2.me recueil); perde il posto e si guadagna tre mesi di carcere a S. Pelagia, nella stessa cella lasciata da P. L. Courier, dove continua a verseggiare con foga inesausta. Altri volumi appaiono nel 1825 (Chansons nouvelles) e nel 1828 (Chansons inédites, suivies des procès); e quest'ultimo gli procura una nuova prigionia di nove mesi, a La Force, ov'è visitato da V. Hugo, da A. Dumas, dal Sainte-Beuve. Lo Chateaubriand, tornato da Roma, gli apre le braccia e la borsa.
Nel 1830, dopo il trionfo dei principî da lui professati, ritiene finito il suo compito, ricusa le cariche offertegli (come ricuserà poi nel 1848 la nomina a deputato) e perfino declina la candidatura all'Accademia, pago dell'immenso prestigio che le sue canzoni gli procurano. Nel 1833 (con le Chansons nouvelles et dernières, seguita nel 1834 dalla prima edizione delle Œvres complętes), cinque lustri prima di morire, chiude per il pubblico la propria carriera poetica e lega, con vitalizio, al fedele editore Perrotin tutti i versi suoi, fatti e da farsi, da pubblicarsi postumi. Circondato da una popolarità che gli riesce perfino molesta, schivo della folla che riconosce la sua alta e caratteristica figura d'uomo calvo, dal sorriso bonario, e lo applaude sempre e dovunque, fa lunghe dimore a Passy, a Fontainebleau, a Tours, e quivi nel 1840 stende le sue memorie (Ma biographie, pubblicata solo nel 1857, come le canzoni composte fra il 1834 e il 1831, Dernières chansons), in uno stile disadorno e familiare, protestando, con sorridente malizia: "ceci n'est que l'histoire d'un faiseur de chansons"!...
Tutto fu semplice nel B.: la sua morale, la sua filosofia, la sua religione. Nato dal popolo, cresciuto un po' alla ventura, ebbe del popolo il riso franco, spregiudicato, e fu il rivendicatore dei suoi diritti, l'interprete dei suoi sentimenti, il cantore delle sue passioni. Conscio del fascino spontaneo della propria poesia, diede alla canzone volante, che s'insinua dappertutto e guadagna tutti i cuori, il ritmo agile, il "refrain" folle, l'aria musicale, che la porta lontano sulle ali del canto; e appunto perciò questa divenne strumento impareggiabile di propaganda politica. Quel tono popolaresco del linguaggio che metteva la canzone alla portata di tutti, era anche la veste naturale del pensiero del poeta. "Mes chansons... c'est moi", affermò egli stesso. Comunque si voglia giudicare la sua arte, egli è veramente il "chansonnier" nazionale della Francia.
Frutto d'un suo amore giovanile fu un figlio, Luciano, un disutilaccio che gli diede molte brighe e che morì ancor giovane. Amorevole e virtuosa compagna gli fu invece, per mezzo secolo, Judith Frère (la Bonne Vieille), che di soli tre mesi lo precedette nella tomba. Da allora la mente del poeta si andò annebbiando miserevolmente. Quand'egli si spense, lo stato gli tributò esequie ufficiali, il popolo universale compianto. La sua figura, già portata sul teatro, lui vivo (Vanderburch e Laloue, Les chansons de B. ou Le Tailleur et la Fée, 1831; Dupenty e Moineau, Les Gueux de B., 1855), vi riapparve qualche anno dopo in un'azione scenica: B. et l'Académie di H. Houssaye (musica di J. Chantagne).
Opere: Œuvres complętes, ed. Perrotin, voll. 4, e 1 suppl. e 1 vol. di Musique des chansons de B., Parigi 1834; id., Parigi 1857; Chansons anciennes et modernes, Parigi 1866;Œivres inḫdites, ed. H. Lecomte, Parigi 1909. V. inoltre Ma biographie et Œuvres posthumes, Parigi 1857; e gli epistolarî: L. Colet, 45 lettres de B. et détails sur la vie, Parigi 1857; Correspondance, ed. Boiteau, 4 voll., Parigi 1860; B. et Lamennois, lettres, ed. N. Peyrat, Parigi 1862; Lettres inédites de B. à E. Fournier, ed. J. Pellenon, Parigi 1902; Correspondance inédite intime et politique de B. à Dupont de l'Eure, ed. P. Hacquand e P. Fortuny, Parigi 1908; Lettres inédites de B. à Lamartine, à Thiers etc., ed. D. H., in Revue littéraire de la France, 1917.
Bibl.: J. Brivois, Bibliographie des oeuvres de B., Parigi 1876; S. Lapointe, Mémoires sur B., Parigi 1857; E. Noel, Souvenirs sur B., Parigi 1857; C. Leynadier, Mémoires authentiques sur B., Parigi 1858; J. Bernard, B. et ses chansons, Parigi 1858; P. Boiteau, Vie de B., Parigi 1861; A. Arnould, B. et ses chanson, Parigi 1858; P. Boiteau, Vie de B., Parigi 1861; A. Arnould, B. ses amis, ses ennemis, et ses critiques, Parigi 1864; J. Demangeot, Biographie de B. par ses chansons, Parigi 1892; Nivelet, Souvenirs et étude analytique sur B. Parigi 1891; Ch. Causeret, B., Parigi 1894; A. Lumbroso, B. et Napoléon, Roma 1895; A. Boulle, B., sa vie, son oeuvre, Parigi 1908; L. Arreát, Nos poètes et la pensée de leur temps. De B. à Samain, Parigi 1920. E cfr. anche Renan, Essais de morale et de critique, Parigi 1859; e Sainte-Beuve, Portraits contemporains, I; Causeries du Lundi, II, XV; Nouveaux Lundis, I. Per l'influenza in Italia vedi Chiurlo, Un poeta dialettale friulano (Zorutti) imitatore del B., 1906; R. Palmarocchi, B. e Giusti, 1909; P. Musso, Il B. e il Brofferio, Roma 1910.