Piaget, Jean
Lo psicologo che ha spiegato lo sviluppo mentale del bambino
Jean Piaget è stato uno dei più importanti studiosi della psicologia infantile. Ha elaborato una teoria sistematica dello sviluppo dell’intelligenza che ci permette di capire l’evolversi del pensiero del bambino alla luce dell’esigenza dell’organismo di adattarsi all’ambiente circostante. Lo sviluppo mentale – che è il risultato di due meccanismi complementari, l’assimilazione e l’accomodamento – attraversa quattro stadi e si completa attorno ai 12 anni di età, quando il bambino diviene capace di utilizzare gli schemi logici propri del pensiero dell’adulto
Jean Piaget nasce a Neuchâtel, in Svizzera, nel 1896. Dopo la laurea in scienze naturali e il dottorato in zoologia studia psicologia e psichiatria a Zurigo e a Parigi. Già in questa fase matura il suo progetto: spiegare lo sviluppo del pensiero infantile (infanzia) sulla base del principio biologico dell’adattamento. Dal 1921 lavora a Ginevra presso l’Istituto J.- J. Rousseau, prestigioso centro di ricerca sullo sviluppo infantile e sull’educazione.
Dal 1925 insegna psicologia all’Università di Neuchâtel e nel 1929 in quella di Ginevra. Qui compie ricerche sullo sviluppo del linguaggio, la rappresentazione del mondo e il giudizio morale, poi approfondite mediante osservazioni sistematiche sui propri figli. In seguito – anche attraverso studi di matematica, logica e fisica – fonda una nuova scienza, l’epistemologia genetica, che indaga l’evolversi dell’attività conoscitiva attraverso gli stadi dello sviluppo infantile. A partire dal 1952 insegna anche alla Sorbona (Parigi). Muore nel 1980.
Piaget dimostrò che il pensiero del bambino non è immaturo o incoerente, ma si differenzia da quello dell’adulto in quanto risponde ad altri principi.
Il bambino, infatti, tende ad attribuire sensibilità e intenzionalità anche a oggetti inanimati e quindi a interpretare gli eventi fisici come se fossero prodotti volontariamente (animismo). Inoltre, spiega gli eventi naturali e i comportamenti altrui in funzione dei suoi bisogni e desideri. Per esempio, può sostenere che il Sole tramonta affinché venga il buio e lui possa addormentarsi. Osservando il mondo attorno a sé, il bambino riesce a comprendere ciò che accade solo tenendo conto del proprio punto di vista (egocentrismo).
Lo sviluppo dell’intelligenza è finalizzato all’adattamento all’ambiente fisico e sociale ed è regolato da due meccanismi: l’assimilazione e l’accomodamento. Tramite l’assimilazione il bambino integra nuove conoscenze in schemi di azione o in strutture conoscitive già formati. Per esempio, un bambino di pochi mesi che vede un oggetto ignoto lo afferra e lo porta alla bocca: applica, cioè, uno schema preesistente a un oggetto nuovo, assimilandolo nello schema. Tramite l’accomodamento, invece, lo schema viene modificato per consentirne l’applicazione a situazioni nuove: il bambino dovrà variare il modo di afferrare l’oggetto perché questo ha una forma diversa rispetto a quelli già noti.
L’intelligenza si sviluppa attraverso quattro stadi. Il primo – senso-motorio – va dalla nascita ai 2 anni. Il neonato, utilizzando prima riflessi innati e poi schemi motori elementari, acquisisce le prime abilità fondamentali. Fra i 12 e i 18 mesi diviene consapevole della permanenza degli oggetti, cioè della loro esistenza anche al di fuori del suo campo visivo. Dopo i 18 mesi è in grado di prefigurare gli effetti delle proprie azioni e inizia a sviluppare la capacità simbolica, evidente nel linguaggio ma anche nel gioco.
Nel secondo stadio – quello detto preoperatorio, 2 ai 7 anni – il bambino ragiona per analogia. Per esempio, se un cane lo ha aggredito, penserà che tutti i cani siano aggressivi.
Il terzo stadio – delle operazioni concrete – va dai 7 ai 12 anni. Il bambino inizia a compiere operazioni logiche. Giunge a comprendere la conservazione della quantità (due recipienti, anche di forma diversa, possono contenere la stessa quantità d’acqua) e poi la conservazione dei materiali (una palla di creta si può scomporre in tante palline) e della superficie (alcuni cartoncini occupano la stessa superficie sia sparsi sia uniti in una figura).
L’ultimo stadio è quello delle operazioni formali. Verso i 12 anni il bambino è in grado di compiere ragionamenti astratti. Può usare, per esempio, il principio di transitività («se A è maggiore di B e B è maggiore di C, allora A è maggiore anche di C»).
La teoria degli stadi ha una grande importanza in campo educativo, in quanto suggerisce quali apprendimenti un bambino può conseguire in rapporto all’età.