BALZAC, Jean-Louis Guez de
Epistolografo francese, nato ad Angoulême nel 1597, morto a Balzac nel 1654. Compiuti gli studî con i gesuiti, fu con Th. de Viau in Olanda, come fa fede il suo Discours politique sur l'état des Provinces-Unies (1638), e poi, fino al 1622, quale agente d'affari del card. de la Vallette, a Roma, donde iniziò quella sua consuetudine epistolare con i maggiori letterati e con i più ragguardevoli personaggi del suo tempo, che più non interruppe per tutta la vita. Reduce a Parigi, fu accolto a corte e protetto dal Richelieu, che lo nominò Consigliere di stato e gli conferì il titolo di istoriografo di Francia, mentre le prime sue Lettres (1624) gli creavano una fama europea. Ma in quell'anno stesso, amareggiato da critiche e da polemiche in cui fu coinvolto, si ridusse a vivere nella terra avita di Balzac, sulle rive della Charente, tutto inteso ai suoi studî e a pratiche divote. Apparteneva all'Accademia francese dalla sua fondazione (1635), ma intervenne a una sola seduta. Una vera dittatura intellettuale esercitò invece all'Hôtel de Rambouillet, frequentandone talvolta le conversazioni letterarie o corrispondendo assiduamente con lo Chapelain, il Boisrobert, il Conrart, il Voiture e altri. Consultato come un oracolo, mandava i sui responsi sopra ogni argomento, dando loro una veste impeccabile, ma fredda e preziosa e del tutto lontana dalla naturalezza propria dello stile epistolare: e le sue lettere, ammirate e discusse con trasporto alla chambre bleue, avevano larga diffusione, anche manoscritte. Pur non mancando d'idee, derivate quasi sempre dai classici, dedicò le maggiori cure a una maniera di comporre corretta, ma oratoria e pomposa, e a sé stesso, con legittimo orgoglio, assegnò il compito di riformatore della prosa, operando per essa ciò che il Malherbe già aveva operato per la poesia. Al B. spetta, in verità, il vanto d'aver dato al periodo francese "le nombre et l'harmonie" di cui difettava: con lui si ha per la prima volta una bella prosa cadenzata e sonora, quale in Francia non s'era prima udita. Poeta, moralista filosofico e politico, credente convinto, precursore del Pascal e del Bossuet, oltre a poesie latine e francesi e ad altri scritti minori, dettò degli Entreitens (14 Dissertations politiques, 25 Diss. chrétiennes et morales, 28 Diss critiques) e compose trattati gravi e solenni, come Le Barbon (1648); ma Le Prince (1631), censurato dalla Sorbona, confutazione del pensiero del Machiavelli e panegirico di Luigi XIII, è scritto con un risoluto piglio polemico; e non mancano vivaci ironie in Aristippe ou la Cour (1658), dove egli, devoto al Richelieu, discute della scelta del primo ministro. E come nelle citate dissertazioni esalta la religione e fa l'elogio della lingua della Chiesa e della liturgia, consigliando la lettura dei Vangeli, così nel Socrate Chrétien (1652) disserta con maestosa eloquenza di morale cristiana, non disgiungendo il suo sincero sentimento religioso da certo suo segreto desiderio, rimasto insoddisfatto, di guadagnarsi un vescovado. Portato alle stelle dai contemporanei quale prosatore principe, il B., deriso nel Settecento dal Voltaire, è ora tenuto in conto di scrittore facondo, ma freddo, di purista eminente, ma di artista mediocre.
Ediz.: Øuvres complètes, par Conrart, Parigi 1665, voll. 2, in folio; choisies, par M. Moreau, Parigi 1854; Lettres, par Ph. Tamizey de Larroque, in Coll. des documents inéd. sur l'Hist. de Fr.; e in Mél. Hist., 1873, pp. 393-824 (170 lettere al Chapelain).
Bibl.: E. Roy, De J.-L. Guezio Balzacio contra dom. J. Gulonium disputante, Parigi 1892; H. Vogler, Die literargeschichtlichen Kenntnisse und Urteile des J.-L. G. de B., diss., 1906; J. B. Sabrié, Les idées religieuses de J.-L. G. de B., Parigi 1913; G. Guillaumie, G. de B. et la prose française, Parigi 1927.