GENET, Jean
Drammaturgo, poeta e romanziere francese, nato a Parigi il 19 dicembre 1910. Dopo un'adolescenza trascorsa tra orfanotrofio, riformatorio e prigione, ha iniziato (1940) nel penitenziario di Fresnes la sua attività letteraria componendo Le condamné à mort, in cui si precisano alcuni dei temi della successiva produzione (violenza del linguaggio, crudezza delle immagini, folclore da bassifondo, rivolta astiosa e irriverente contro le convenzioni, ribellismo individualistico). Durante la permanenza a Fresnes ha scritto altri romanzi (Notre Dame des fleurs, 1942; Miracle de la rose, 1943; Pompes funèbres, 1944; Querelle de Brest, 1945) e due opere teatrali sul tema ricorrente della contrapposizione servo/padrone (Les bonnes, rappresentata con enorme successo al Théâtre de l'Athenée da Jouvet nel 1947 e Haute surveillance, messo in scena nel 1949). La pubblicazione della sua opera dell'editore Gallimard (1951), introdotta da un ampio saggio di Sartre (Saint Genet, comédien et martyr), segna l'inizio della sua notorietà; la leggenda dell'uomo, cui ha contribuito anche la pubblicazione dell'autobiografia Le journal du voleur (1950), rafforzata dalla sua personalità artistica, ha dato luogo alla creazione del "mito Genet" eroe e santo di un mondo in putrefazione, interprete naïf e insieme intellettuale dei propri turbamenti. Nei drammi successivi (Le balcon, 1956; Les nègres, 1958; Les paravents, 1967) si precisa la suggestione di Artaud nella definizione di un teatro che, se è capace di ("attingere alle regioni profonde dell'individuo e creare in lui una specie di alterazione", non riesce a modificare la realtà. Cosciente dell'inanità del suo "fare teatro", G., nel 1968, abbandonata l'attività letteraria, ha scelto la lotta rivoluzionaria (con gli studenti nel maggio francese, col Black Panther negli SUA, con i Palestinesi in Giordania) come sintesi tra liberazione esistenziale e militanza ideologica.
Bibl.: C. Bonnefoy, Genet, Parigi 1965; J.-M. Magnan, Jean Genet, ivi 1966.