GENET, Jean
(App. III, I, p. 716; IV, II, p. 7)
Scrittore e commediografo francese, morto a Parigi il 15 aprile 1986. Nel 1979 si è conclusa, con il quinto volume, la pubblicazione dell'intero corpus della sua opera nella prestigiosa collana ''La Pléiade''. Nel 1983 è stato insignito del Prix international des lettres.
Tra il 1971 e il 1984 aveva compiuto numerosi viaggi in alcuni paesi del Medio Oriente, e ne sono nati, oltre ad articoli di straordinaria tensione morale e stilistica − tra i quali spicca il drammatico Quatre heures à Chatila (1983; trad. it. in Alfabeta e in Illustrazione italiana, 1983) −, le accorate pagine dell'ultimo romanzo, Un captif amoureux, pubblicato postumo nel 1986: più che racconto, un risentito, poeticamente intenso e dolente reportage sui rivoluzionari palestinesi, anch'essi celebrati come eroi ''diversi'', puri, ma alla fine fagocitati dall'eterna, imperscrutabile legge che bandisce, isola, schiaccia chi s'illude o sogna di essere accettato dagli ''altri'' nella sua diversità.
Nell'ultimo periodo della sua vita si è dissolta quasi del tutto l'aura di scandalo concresciuta attorno alla figura e all'opera dello scrittore, un'opera certamente fra le più anomale e trasgressive del secondo Novecento, impiantata com'è su temi scabrosi (violenza carceraria, omosessualità) e su una personalissima concezione esistenziale, che vede il mondo e gli esseri umani manicheisticamente divisi in eletti e reprobi, questi ultimi vittime in quanto ''diversi'' (reietti della società, criminali, omosessuali, negri, fedayn), angosciosamente alla ricerca di una ''santità'' coincidente con la più assoluta solitudine, vuota d'ogni rivendicazione e drammaticamente dominata dall'incubo della morte. Questa materia lutulenta e abnorme viene totalmente trasfigurata, tuttavia, da una temperie stilistica di alto livello, nella quale anche le frequenti coprolalìe e le plateali oscenità vengono a livellarsi con il gergo della malavita e il linguaggio paludato dei classici, le immagini dei luoghi più fetidi e delle situazioni più abiette armonizzano con metafore di rara potenza evocativa e lirica. I romanzi di G. vengono a costituirsi come una sorta di drammatica autobiografia ideale, nella quale i diversi protagonisti si accampano come proiezioni del reietto, violentato G., coscienza scomoda nel mondo dei cosiddetti ''giusti''.
A eccezione di Un captif amoureux, tutte le opere di G. sono state tradotte in italiano; si vedano in particolare: Tutto il teatro (1971, rist. 1989); Quattro romanzi (larga scelta antologica di Nostra Signora dei Fiori, Miracolo della rosa, Querelle di Brest e Pompe funebri; integrale Diario del ladro), 1975 (rist. in tre volumi separati nella collana ''Gli Oscar'', 1978-81); Poesie (1982).
Bibl.: T. Driver, Genet, New York 1966; P. Thody, J. Genet. A study of his novels and his plays, Londra 1968; R. N. Coe, The vision of J. Genet, ivi 1968; B. Knapp, J. Genet, New York 1968; Bibliographie de J. Genet, in Obliques, 2 (1972), pp. 74-85; O. Aslan, J. Genet, Parigi 1973; G. Poli, Genet, Firenze 1973; F. Angelini, Il teatro di Genet: dagli specchi ai paraventi, Palermo 1975; AA. VV., Schwepunckt: J. Genet, in Lendemains, 19 (1980); P. L. Ballantyne, La mort: étude thématique du théâtre de Genet, Ottawa 1983; A. Capatti, J. Genet, in Letteratura francese. I contemporanei, iii, Roma 1987, pp. 865-80.