REGNARD, Jean-François
Scrittore, nato a Parigi il 7 febbraio 1655, morto nel suo castello di Grillon, presso Dourdan, il 4 settembre 1709. Ebbe vita avventurosa: figlio di un ricco mercante, viaggiò a lungo per suo diletto e gli piacque il soggiorno dell'Italia; mentre navigava nelle acque di Nizza, fu catturato dai corsari e condotto schiavo ad Algeri, dove rimase dall'ottobre 1678 all'aprile 1681: di quest'episodio romanzesco, a cui s'intreccia una breve storia d'amore, lasciò egli stesso una vivace descrizione nella novella La Provenåale (ediz. postuma, 1731). L'anno stesso della sua liberazione partì per le Fiandre, la Danimarca, la Svezia e si spinse fino in Lapponia; indi, ripassato il Baltico, visitò la Polonia (anche le relazioni di viaggio furono pubblicate nel 1731). Di ritorno in patria, nel 1681, si stabilì a Parigi, dove si procurò un ufficio di pubblico tesoriere, e si diede a scrivere per il teatro: dapprima, un'infelice tragedia, Sapor; indi, amico del Quinault, pensò ad opere musicali; ma la sua schietta, sebbene tardiva, vocazione d'autore comico gli venne dal teatro italiano, dalle rappresentazioni delle maschere nelle fiere parigine: compose Arlequin homme à bonnes fortunes (1690), seguita l'anno stesso dalla Critique de l'homme à bonnes fortunes, Les filles errantes ou les Intrigues des hôtelleries, Les Chinois, La coquette ou l'Académie des Dames, La naissance d'Amadis, e in collaborazione col Dufresny, La baguette de Vulcain, La Foire Saint-Germain, e La Suite de la Foire Saint-Germain.
Per il Théâtre-Français, dopo le graziose commediole Attendez-moi sous l'orme e La Sérénade (tutte e due del 1694), scrisse Le Joueur (1696), che apparve come una commedía di carattere secondo la tradizione molieriana: in realtà, essa ci presenta in maniera tipica le doti dell'artista, consapevole di stilizzare una passione, una mania, un capriccio, nella figura che la fantasia ha colta, fino dal suo primo gesto, dalle prime parole, entro le linee della scena. Il R. amava il teatro, come una festa, come un gioco di luce e di spirito; ebbe minor fortuna col Distrait (1697) e Démocrite (1700), ma si risollevò con Le retour imprévu (1700) e lasciò al repertorio della Comédie-Française due capolavori, Les folies amoureuses (1704) e Le légataire universel (1708), che ci serbano tutto il suo brio, la sua vivacità fantasiosa e spensierata. Scrisse inoltre Les Ménechmes (1705), a imitazione di Plauto, e La critique du Légataire (1708), a seguito del Légataire universel. L'argomento di questa commedia proviene da una tradizione novellistica, assai nota per la frode di Gianni Schicchi (cfr. Dante, Inferno XXX).
Ediz.: Œuvres de R., Parigi 1789-1790, voll. 6; ivi 1819-1820, voll. 5; 'uvres complètes, con note del Beuchot e dissertaz. varie, ivi 1854.
Bibl.: P. Toldo, Étude sur le théâtre de R., in Revue d'hist. littér. de la France, X (1903), XI (1904), XII (1905); G. Menasci, R., nel vol. Nuovi saggi di letter. francese, Livorno 1908; A. Hallays, R., Parigi 1929; M. Zini, La commedia di R., in Rassegna nazionale, aprile 1930.