MILLET, Jean-François
Pittore e incisore francese, nato a Gruchy, presso Gréville (Manica), il 4 ottobre 1814, morto a Barbizon (Senna e Marna) il 20 gennaio 1875. Era figlio d'un contadino. I suoi due fratelli, Jean-Baptiste e Pierre, come anche suo figlio François, furono ugualmente pittori non privi d' ingegno. Fu allievo a Cherbourg del Dumoncel e del Langlois de Chevreville, pittori oscuri che avevano conservato le tradizioni del sec. XVIII. Recatosi a Parigi, vi esordì senza gloria al Salon del 1840. Per varî anni, appartato dal movimento contemporaneo, continuò a dipingere soggetti pagani, idillî e bagnanti talora assai belle. Questa vena teocritea fu la prima forma (troppo misconosciuta) del suo istinto campestre (si vedano l'Offerta a Pan, del museo di Montpellier; le Stelle filanti, dell'antica collezione Rouart; L'infanzia d'Edipo, ecc.). Il M. dipingeva anche ritratti nella società di Cherbourg: L'ufficiale di marina (museo di Lione) è di stile eccellente. Frattanto, l'epoca della Restaurazione s'avviava alla fine, si sentiva rumore di rivoluzione, e ogni settimana apparivano i disegni del Daumier, animati da uno spirito di vendetta. Quelle pagine epiche mostrarono al giovane M. allora trentenne la via di Damasco.
Il suo stile si fece più ampio; egli si ricordò d'essere un contadino: al Salon del 1848, poco prima delle giornate di giugno, apparve il suo quadro del Vagliatore, seguito poco dopo dal terribile Uomo con la zappa, figura di bruto dalla schiena rotta, minaccioso, che, divaricando i piedi e appoggiandosi al suo strumento, si raddrizza con una smorfia che rivela lo sforzo. Da allora (1849) il M. si stabilì a Barbizon, già colonia di paesisti, dove visse da contadino, allevando in gran povertà una famiglia di nove figli. La sua pittura austera e sorda, senza grazia, fatta di materia scabra, decisamente intellettuale, più eloquente che commovente, s'impose lentamente al pubblico. Essa rappresentava la vita rustica, ma senza il convenzionalismo dei quadri di genere del Teniers e del Boucher, oppure delle pastorali del Gessner o di George Sand. L'esistenza dei contadini è rappresentata dal M. nei suoi aspetti grigi e nei gesti della perpetua fatica. Tutto ciò disorientava il borghese, i cui pittori prediletti erano P. Delaroche e il Meissonnier, e che era messo in uno stato di disagio da quelle pitture insolite.
Ci volle del tempo per accorgersi che quelle scene rurali, con i loro personaggi in blusa e zoccoli, spiravano una poesia virgiliana e biblica. Fu Victor Hugo che per primo se ne rese conto quando, in una poesia delle Chansons des rues et des bois (1866), esaltò "il gesto augusto del seminatore" ispirandosi a un quadro del M. Allora ci si avvide che Le spigolatrici (Louvre) ricordavano Ruth e Booz; che una Filatrice era una giovane parca; che un Ritorno alla fattoria valeva una Fuga in Egitto. Se fino a quel momento il M. era apparso soprattutto una specie di predicatore socialista, un "rosso" come il Courbet (che non s'era fatto scrupolo d'imitare, a suo modo, il M. nella Vagliatrice di Nantes o negli Spaccapietre), si finì con scoprire in lui un grande spirito classico.
Durante la guerra del 1870, il M. tornò a rifugiarsi a Cherbourg, dove dipinse bei paesaggi, la Chiesa di Gréville o L'arcobaleno del Louvre. Da quel tempo il paesaggio occupò nei suoi quadri un posto maggiore. L'artista parve intenerirsi; senza perdere la propria grandezza, rivela maggiore abbandono, più intimità (L'imbeccata, museo di Marsiglia; Precauzione materna, ecc.). Dopo tanti anni di miseria squallida, il favore pubblico cominciava ad arridergli. Alcuni stranieri, fra i quali il giovane americano W. Hunt, gli si raggruppano intorno con ammirazione. Il M. morì all'inizio d'una fama immensa. Il quadro dell'Angelus, venduto dall'autore per 500 franchi, poi acquistato a gran prezzo da Vanderbilt, nel 1877, fu ricomprato da Cauchard nel 1883 per 700 mila franchi. La somma fece impressione. Il ritorno dell'Angelus fu celebrato come una vittoria nazionale. Tuttavia era l'epoca in cui s'approssimava il trionfo degl'impressionisti e la fama del M. ne soffrì per molti anni. In Francia il Pissarro è il solo pittore notevole che del M. abbia subito l'influsso, il quale fu grande soprattutto nei paesi biblici e protestanti, specie in Olanda (Josef Israels, Van Gogh, Toorop). Ora, dopo una lunga eclissi, la sua azione è sensibile nelle opere d'un Asselin, d'un Jean Marchand, o d'un Gromaire. Il M. è una figura di primo piano alla metà del secolo XIX, nel momento in cui dal romanticismo si passa al naturalismo, al quale conferì uno stile e una nobiltà di carattere schiettamente francese.
Bibl.: Ph. de Chennevières, Corot, M., San Quintino 1875; E. Fromentin, Les maîtres d'autrefois, Parigi 1876; A. Piédagnel, J.-F. M., Parigi 1885; J. Veth, J.-F. M., Haarlem 1890; J. Cartwright, J.-F. M., his Life and Letters, 2ª ed., Londra 1896; 3ª ed., 1910; V. Van Gogh, Lettres à Emile Bernard, Parigi 1911; Moreau-Nélaton, M. raconté par lui-même, Parigi 1921, voll. 3; J. Guiffrey, P. Marcel e G. Rouchès, Invent. gén. des dessins du Louvret, ecc., X, Parigi 1928; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIV, Lipsia 1930; A. Sensier, La vie et l'oeuvre de J.-F. M., a cura di P. Mantz, Parigi 1881.