Scrittore francese (Bort, Limosino, 1723 - Ablonville, Normandia, 1799). Allievo dei gesuiti, studiò filosofia a Clermont-Ferrand; quindi, rinunciando alla carriera ecclesiastica per la letteratura, si recò a Parigi dove, nella cerchia di Voltaire, che lo proteggeva, e degli enciclopedisti, si dimostrò molto attivo e ingegnoso. Fu per un breve periodo direttore del Mercure de France; poi, entrato all'Académie française nel 1763, ne divenne "segretario perpetuo" alla morte di d'Alembert (1783). Le sue tragedie furono accolte con scarso favore (Denys le tyran, 1748; Aristomène, 1749; Cléopâtre, 1750; Les Héraclides, 1752; Les Funérailles de Sésostris, 1753), specie le ultime. Migliore successo ebbero i Contes moraux (1761), e i romanzi Bélisaire (1767) e Les Incas ou la destruction de l'empire de Pérou (1777), nei quali elogiò la tolleranza. Scrisse anche due libretti d'opera per A. Grétry (Huron, 1768) e per N. Piccinni (Didon, 1783). Riunì i suoi articoli di retorica e di poetica pubblicati nell'Encyclopédie negli Éléments de littérature (6 voll., 1783). Ma la sua opera più interessante è costituita dai Mémoires d'un père pour servir à l'instruction de ses enfants, preziosa testimonianza sulla sua epoca scritta in parte durante il suo ritiro a Gaillon (1792-95). Tornato a Parigi, fece parte del consiglio degli anziani, ma ne fu espulso nel 1797.