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CHARDIN, Jean-Baptiste-Siméon

di Louis Gillet - Enciclopedia Italiana (1931)
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CHARDIN, Jean-Baptiste-Siméon

Louis Gillet

Pittore, nato a Parigi il 2 novembre 1699, morto ivi il 6 dicembre. 1779. Lo Ch. conservò sempre l'indirizzo impressogli dal suo maestro Cazes (1676-1754), appartenente a quel gruppo di pittori francesi che, abbandonando la retorica del Le Brun, preferivano ispirarsi ai soggetti d'intimità famigliare e alla tecnica consumata del Rembrandt e di Pieter di Hooch. Ignoriamo gli esordî dello Ch., poiché aveva circa 30 anni quando nel 1728 all'Exposition de la Jeunesse, a Piazza Dauphine, espose i due quadri, oggi al Louvre, che lo fecero notare: la Razza e la Credenza. L'anno seguente fu accolto all'accademia come pittore "di frutta, di fiori e di piccoli soggetti di genere"; nel 1731 sposò Margherita Saintar, da cui ebbe due figli: la famiglia, la casa, i pochi amici che lo circondano (M. Lenoir, l'orafo Godefroy) comporranno da allora il mondo dello Ch. e della sua pittura. Il primo quadro di questo nuovo periodo, La dama che sigilla una lettera (1733), è il più grande e il più bello dei suoi quadri. Gli atteggiamenti tranquilli, l'assenza di particolari aneddotici, la composizione varia, quasi monumentale, la bellezza dei colori fanno di questa tela il suo capolavoro. Nel 1734 espose a Piazza Dauphine la Lavandaia, la Fontana e il Castello di Carte, ove appaiono già i due schemi compositivi, da cui egli non si staccò più: per le figure intere, un piccolo formato, in cui il personaggio principale è alto circa un piede; un formato doppio o triplo per le figure a mezzo busto, in grandezza naturale.

Il Salon del 1737 fu un trionfo per lo Ch., che vi espose otto quadri: tre nuove varianti dei soggetti del 1734, il Filosofo nel suo laboratorio (ritratto d'Aved, Museo del Louvre), il Fanciullo col tamburo; la Bimba con le ciliege, la Bimba col volano (coll. H. di Rothschild) e una Natura morta. Seguirono nel 1738 l'Oste, il Disegnatore (Potsdam), il Toton (Louvre), ecc.; nel 1739 la Tazza di tè (Glasgow, università), la Cuoca (Vienna, coll. Liechtenstein); nel 1740 la Madre laboriosa, il Benedicite (Louvre); nel 1741 la Toletta del mattino (Stoccolma); nel 1746 Divertimenti della vita privata; nel 1747 gli Alimenti della convalescenza (Vienna, coll. Liechtenstein), ecc. Questi quadri, composti di una o due figure, quasi privi di azione e di movimento, senza ricerca di effetti, sorpresero come tanti capolavori. In essi l'umile vita quotidiana assurgeva a una dignità sin allora ignorata dalla pittura francese, ad un'alta bellezza morale, a una sommessa poesia.

Col 1755 l'artista, la cui vista diminuiva, rinunzia alla rappresentazione delle figure e ritorna alla natura morta. Questi quadri, di cui eccellenti esemplari sono al Louvre, in numerose collezioni parigine (H. de Rothschild, Jahan-Marcille, già Michel-Lévy) e al Museo di Stoccolma, sono ben differenti da quanto sino allora era stato fatto in questo genere, per l'estrema semplicità con cui le cose vi sono rappresentate. Lo Ch. seppe dimostrare l'inutilità del soggetto, e trovò il modo di render piene di fascino e d'interesse cose sino allora disprezzate.

Dal 1743 fu cancelliere dell'Accademia, e l'organizzatore o tapissier dei Salons. Negli ultimi anni di vita, gli occhi indeboliti non consentendogli altra tecnica, eseguì qualche pastello, di un tocco mosso e magnifico. I più celebri si trovano al Louvre: due autoritratti e un ritratto della seconda moglie. Lo Ch. non lasciò allievi; ebbe, invece, degl'imitatori, di cui migliore il Lépicié.

V. tavv. CCXLV e CCXLVI.

Bibl.: C.N. Cochin, Essai sur la vie de Ch. (1788), pubblicato da C. Henry, Parigi 1880; Haillet de Couronne, Éloge de Ch., in Mémoires inédites, pubblicati da Chennevières, Montz e Montaiglon, I, Parigi 1854; E. e Y. de Goncourt, Portraits intimes du XVIII siècle, II, Parigi 1858; id., l'art au dix-huitiéme siècle, I, Parigi 1873; L. de Fourcaud, J.-B.-S. Chardin, in Revue de l'art ancien et moderne, VI (1899), pp. 383-418; C. Normand, J.-B.-S. Chardin (Les artistes célèbres), Parigi 1902; G. Scheffer, Ch. (Les grands artistes), Parigi 1904; A. Payot e L. Vaillt, L'oeuvre de Ch. et Fragonard, Parigi 1907; E. Pilon, Ch. (Les maîtres de l'art), Parigi 1909; Cornu, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VI, Lipsia 1912 (con bibl.); L. Réau, La peinture française au XVIIIe siècle, voll. 2, Parigi 1926.

Vedi anche
Jacques-André-Joseph Aved Pittore (Douai o dintorni 1702 - Parigi 1766). Studiò ad Amsterdam con B. Picard, poi lavorò a Parigi, dove si rese noto come ritrattista: tra le sue opere più significative, i ritratti di J.-B. Rousseau (Museo di Versailles), di G.-H. de Mirabeau, di P.-J. Cazes, di J.-F. de Troy (Louvre), dello statolder ... Van Dyck, Antoon Pittore (Anversa 1599 - Londra 1641). Figlio di un ricco mercante, a dieci anni entrò nella bottega del pittore H. van Baelen, e già a diciassette anni aveva un suo studio. Risalgono a questo primo periodo opere come la serie di Apostoli a mezza figura (conservati in varî musei) che, per l'uso della ... Monet, Claude-Oscar Pittore francese (Parigi 1840 - Giverny 1926). Tra i più grandi protagonisti della rivoluzione impressionista, fu forse lo spirito più lucido, risoluto e conseguente del movimento, ai cui principi fondamentali rimase costantemente fedele. Tra le sue opere più celebri si ricordano la Colazione sull'erba ... natura morta Nell’arte figurativa, dipinti che hanno come soggetto fiori, frutta, pesci, cacciagione, o vari oggetti d’uso. La n. si configura nell’arte occidentale come genere pittorico autonomo dal 17° sec.; queste tematiche, però, ricorrono fin dai tempi più antichi nella pittura e nella scultura sia come figurazioni ...
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    Pittore (Parigi 1699 - ivi 1779). Allievo di P.-J. Cazes, lavorò poi con N. Coypel e J.-B. Van Loo. Nel 1728 fu accolto nell'Accademia, come pittore "nel genere degli animali e della frutta". Alle nature morte, che costituiscono la maggior parte della sua produzione, si alternano, dal 1733 al 1755, ...
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