GIRARD, Jean-Baptiste (in religione Grégoire)
Pedagogista, nato il 17 dicembre 1765 a Friburgo (Svizzera) dove morì il 7 marzo 1850. Dopo essere stato per sei anni alunno del collegio dei gesuiti a Friburgo, il 1781 entrava nell'ordine dei conventuali. A Würzburg in Franconia, studiandovi teologia (1784-1788), si formò veramente il suo spirito. Fino al 1799 insegnò a Friburgo filosofia ai novizî del suo ordine. Nominato dal ministro Stapfer, fu il primo curato cattolico di Berna (1799-1803) dopo la Riforma. Nel 1804, fatto superiore dei cordiglieri di Friburgo, diresse la scuola francese della città, che rinnovò e rese frequentatissima: effetto non tanto dell'obbligo dell'istruzione, da lui fatto sancire, quanto del suo carattere e dei suoi metodi. Nel 1810 pubblicava il suo Rapport sur l'Institut de M. Pestalozzi a Yverdun, della cui ispezione era stato incaricato l'anno innanzi. In contrapposto al Pestalozzi, il G. maturava meglio, allora, la sua idea centrale dell'insegnamento della lingua materna. Nel 1816 introduceva il metodo mutuo d'insegnamento rivelatogli dal libro del Lastegrie. Censurato dall'autorità ecclesiastica come filokantiano, filoprotestante e per le sue opinioni gallicane e giuseppiniste, si difese coi Discours sur la nécéssité de cultiver l'intelligence des enfants (1821-22) e col Mémoire sur l'enseignement religieux de l'école fr. de Fr. (1821). Ma dovette lasciare la sua scuola e passare a Lucerna nel 1824. Tornò a Friburgo 10 anni dopo e vi attese alle opere sue maggiori: De l'enseigncment régulier de la langue maternelle (Parigi 1844) e il Cours éducatif de langue maternelle pour les écoles et les familles (Parigi, in 3 parti, 1845-46-47-48), di cui l'opera precedente è l'introduzione pedagogica.
Per il G. "l'uomo agisce come ama e ama come pensa". E organo centrale dell'educazione della mente e del cuore deve essere la lingua. Nell'insegnarla il maestro deve proseguire il metodo materno che insegna parole insieme con cose e mediante le parole cerca di aprire la mente e formare la coscienza. L'insegnamento deve essere un continuo esercizio di logica, fatto secondo una rigorosa gradazione, e, riferendosi continuamente alla vita e alla coscienza del fanciullo, comunicargli una cultura varia ed educare le sue fondamentali tendenze: la personale, la sociale, la morale, la religiosa. Esempio da tenere sempre presente, Gesù Cristo; fede da conservare sempre viva, quella della naturale bontà del fanciullo. Il G. è uno dei maggiori educatori svizzeri moderni. Ha esercitato, fra l'altro, efficacia notevole sul Lambruschini come sugli altri pedagogisti toscani d'intorno la metà del sec. XIX, e su Vitale Rosi, l'educatore di Spello.
Bibl.: N. Tommaseo, Il G. e il Rosi (v. Dell'educazione, n. ed. a cura di G. Della Valle, Torino 1916, pp. 243-276); G. Allievo, Delle dottrine ped. di E. Pestalozzi, A. Necker de Saussure, F. Naville e G. G., Torino 1884; A. Daguet, Le père G. et sons temps, Parigi 1896, voll. 2; E. Luthy, Pater G. G., Berna 1905; J. Schneuwly, L'école du P. G., Friburgo 1905; G. Compayré, Le P. G. et l'éd. par la langue mat., Parigi 1906; A. Maas O. M. C., Père Girard Educator, New York 1931.