COUSINET, Jean-Baptiste
Figlio dello scultore, orafo e incisore Henry-Nicolas, nacque nel 1743 probabilmente a Parigi; ricevette la sua prima educazione in patria dal padre. Le circostanze che lo condussero giovanissimo a Parma non sono note: seguì forse J.-B. Boudard che era in contatto con Henry-Nicolas (Pellegri, 1982), di cui divenne allievo. Vi si trattenne, per ciò che si sa, per tutto il resto della vita, svolgendovi la sua attività di scultore ancora non del tutto conosciuta.
Già nel 1761 vinse il primo premio di scultura nella classe che il Boudard teneva presso l'Accademia di belle arti di Parma (Reale Accademia dal 1757) con un bassorilievo rappresentante un Nudo maschile di schiena, conservato ancora nell'antica sede dell'Accademia, oggi Istituto d'arte, con la firma del maestro, come era consuetudine, e le iniziali dell'allievo.
Nel clima stimolante del piccolo ducato parmense dominato dal ministro riformista E. Du Tillot gli scambi con la Francia erano frequenti e molti artisti d'Oltralpe lavorarono a Parma, che negli anni '60 era divenuta quasi un'isola di arte francese. Il Boudard era occupato a eseguire gruppi marmorei per la sistemazione del giardino ducale, progettato dall'architetto Petitot, con qualche collaborazione da parte degli allievi. Al C. spetta la copia marmorea della testa di Sileno (conservata all'Istituto d'arte) ripresa dal gruppo con Sileno, la ninfa Egle, il pastore Mnasilo e un satiro eseguito nel 1766 dal Boudard per il giardino ducale.
Alla morte del maestro il C. passò alla classe dello scultore Lorent Guyard, come risulta dal bassorilievo con la Morte di Abele, oggi non rintracciato, con cui vinse il premio accademico nel 1773 (Pellegri, 1982). Si situa in questo momento l'esecuzione di statue oggi disperse: Venere e Bacco con i cimbali, per lo scalone del palazzo della Pilotta. In una nota del 7 aprile 1780 si legge che il C. "aveva formato, getato, montati e riparati 6 Busti coi loro piedi", oltre ad otto vasi, per la galleria della Biblioteca Palatina. Non è chiaro se essi fossero di marmo e se continuassero la serie scolpita da Boudard nel 1768. Nel 1781 il C. era scultore in marmo della Real Corte con un salario di 3.000 lire all'anno (Scarabelli Zunti). L'anno seguente eseguì quattro grandi sculture in stucco (alte due metri e mezzo) con la personificazione della Compassione, della Carità, dell'Aiuto e dell'Amore del prossimo, poste in origine ai quattro angoli della crociera dell'ospedale della Misericordia, oggi presso la Galleria nazionale di Parma, che rappresentano la più importante testimonianza della sua lunga attività parmense.
Sono modellate con un riferimento puntuale all'antichità classica: certo, le grandi figure, che in quegli anni andavano ricomparendo con gli scavi di Velleia romana, fornivano modelli ben presenti e studiati nella cultura parmense. C'è inoltre, nella grandiosità magniloquente di queste opere, una sorta di tono "oratorio", di eccesso, come se lo stesso nascente gusto neoclassico fosse incrinato dall'esigenza delle poetiche del "sublime" che andavano diffondendosi.
Ugualmente puntuale suggestione classica si legge nell'elegante compostezza delle otto Figure femminili in stucco, avvolte in pepli e pettinate alla greca poste accanto agli stemmi al centro dei fregi del grande salone del rinnovato palazzo Sanvitale, eseguite nel 1787. Le informazioni sull'antico del C. potevano essere ben puntuali, dato che tra le cose provenienti dallo studio Guyard consegnate nel 1788 dal C. al segretario dell'Accademia, erano anche "10 statue estratte dalle Rovine di Velleia" (Scarabelli Zunti).
Ma l'artista non dovette mai essere figura di primo piano nella cultura parmense; soltanto nel 1795, infatti, venne accolto come accademico d'onore (ma senza voto) tra i membri dell'Accademia di belle arti, per aver eseguito una copia in marmo di un Fauno e un Ercole morente in gesso di sua invenzione, conservati all'Accademia.
Due anni prima aveva indirizzato al ministro Cesare Ventura una supplica per ottenere, "in vista delle sue ristrettezze", il pagamento della statua del Faunetto (Scarabelli Zunti). Ma ormai il declino dell'istituzione e dello stesso clima culturale del ducato dovette pesare anche sull'attività dell'artista, di cui non si ha più notizia, fino alla morte avvenuta a Parma prima del 20 sett. 1803, giorno in cui fu assegnata una pensione per tre anni ai due figli maschi del C. e un vitalizio alle due femmine (Scarabelli Zunti).
Fonti e Bibl.: Parma, Arch. d. Accademia parmense di belle arti: Scatole 1769-1802, fasc. 2, e, non segnata; Ibidem, Atti, vol. 20, pp. 19-24; Ibid., Soprintendenza per i beni artistici e stor. per le provv. di Parma e Piacenza: E. Scarabelli Zunti, Documenti e mem. di Belle Arti parmigiane [ms.], VI, cc. 95-99; G. Campori, Lettere artistiche ined., Modena 1866, p. 263; H. Bedarida, Parme et la France, Paris 1928, pp. 526 ss.; M. Pellegri, G. B. Boudard, Parma 1976, pp. 117 ss., 157, 168; E. Riccomini, Vaghezza e furore. Lascult. del '700in Emilia Romagna (catal.), Bologna 1977, p. 25; P. Ceschi Lavagetto, Appunti perun itinerario in pal. Sanvitale, in Aurea Parma, LXII (1978), 2, p. 13; E. Riccomini, in L'arte aParma dai Farnese ai Borbone (catal.), Parma 1979, pp. 472-75; M. Pellegri, Impersa passimsemina atque vestigia. Alcuni ragguagli sugliarchitetti Petitot, Mazzotti e gli scultori Boudarde C., in Parma nell'arte, 1982, I, pp. 130 ss.; G. Bertini, P. M. Paciaudi e la formaz. dellaBibl. Palatina di Parma, in Aurea Parma, LXVII (1983), p. 177 n. 252; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 598.