BOUDARD, Jean-Baptiste
Figlio di Philippe, nacque a Parigi probabilmente nel 1710; dopo aver vinto nel 1732 il premio Roma per la scultura, sul tema Betsabea consegna il figlio Canaan a David (A. Duvivier, Liste des éléves..., in Archives de l'art français, V [1857-58], p. 291), venne a Roma a sue spese nel 1733. Solo nell'agosto 1735, però, dopo una serie di difficoltà anche economiche, riuscì, grazie all'interessamento di Wleughels, a entrare come pensionante all'Accademia, e l'anno seguente prese il brevetto di allievo scultore (J.-J. Guiffrey, Brevets de pensionnaires..., in Nouveaux Archives, VII [1879], p. 356). Restò a Roma fino alla primavera del 1741, apprezzato anche da J. de Troy che gli riconosceva fuoco e genio, e avendo per compagni G. Coustou figlio, R.-M. Slodtz e E. Bouchardon, i quali ultimi, benché dimessi, continuavano a frequentare l'Accademia.
Il B. si esercitò sull'antico e due sue copie in marmo, un Busto di Caligola (1736) e il Ragazzo della spina, vennero mandate a Parigi (quest'ultima opera si trovava fino alla Rivoluzione sul bordo della vasca d'acqua del parco del castello di Ménars del marchese de Marigny: cfr. E. Plantet, La collect. de statues du marquis..., Paris 1885, p. 163). Eseguì nel 1739 il modello in cera delle Armi del re (mai tradotto in marmo, per il balcone di palazzo Mancini a Roma). Intorno al 1740 lavorò alle statue in travertino di Profeti ed Evangelisti sulla balaustra della cupola della chiesa del SS. Nome di Maria (gli è attribuito il S. Luca), insieme con un gruppo di artisti quasi tutti francesi e legati quindi all'architetto della chiesa, A. Derizet (Martini-Casanova). Il soggetto classicheggiante fa supporre che fossero di questo periodo i due bassorilievi ovali in marmo rappresentanti Alessandro e Olimpia, comparsi alla vendita della raccolta del duca di Saint-Aignan nel giugno 1776 (Riccomini, 1965, pp. 186 s.). Dalla corrispondenza dei direttori dell'Accademia di Francia si possono seguire i successivi spostamenti del B.: nel 1741 è a Napoli per eseguire alcune opere per il marchese de l'Hôpital, cinque anni dopo è a Lione dove esegue, da disegni di Soufflot, due gruppi di Angeli su nubi in cartone per il baldacchino della certosa, e per il monastero delle dame di S. Pietro due statue simboleggianti l'Orazione e la Contemplazione.
Non si hanno notizie del B. fino al 1º dic. 1748 quando, per intervento del Tillot, entrò al servizio di Filippo di Borbone a Chambèry, e lo seguì poi a Parma, dove l'artista lavorò per circa venti anni nel grandioso programma di ricostruzione dei palazzi e giardini ducali, interprete fedele delle concezioni artistiche di spirito francese imperanti a corte.
Parma era allora in uno dei periodi più felici della sua storia, grazie all'illuminato governo del du Tillot, che tra l'altro istituì nel 1752 l'Accademia di Belle Arti, designando all'insegnamento alcuni connazionali come l'architetto Ennemond Petitot e il B. (dieci anni dopo, il 5 ott. 1762, questi sarà eletto accademico d'onore dell'Accad. Clementina di Bologna: cfr. Bologna, Istituto di Belle Arti, Atti dell'Accademia Clementina, 1762, c. 320). Anche ad uso dei suoi alunni lo scultore pubblicò nel 1759 (2 ed., Vienna 1766) l'Iconologie tirée des divers auteurs ..., in tre volumi in folio, dedicati a don Filippo. Questa raccolta di circa 630 soggetti allegorici incisi su rame, disposti in ordine alfabetico con spiegazione in italiano e in francese, s'ispira all'opera analoga di C. Ripa e, benché il B. dimostri di conoscere bene anche l'Alciato e il Valeriano, si comincia a sentire la crisi delle dottrine allegoriche e lo spirito è già illuministico, (cfr. Encicl. univ. dell'arte, XII, col. 498, sub voce Iconologia).
Dopo un viaggio a Firenze, dove ebbe contatti con lo scultore G. Traballesi e studiò i marmi del tardo Cinquecento, il B. iniziò a eseguire le undici statue e i cinque bellissimi vasi che tuttora, sebbene rovinati dal tempo e da atti di vandalismo, ornano i viali del giardino ducale. Le sculture sono quasi tutte figure mitologiche: dal Bacco giovane del 1753 alla Dea col delfino del 1754, alla Ninfa con vaso, alla deliziosa Ninfa con satiro, al Vertumno e all'Apollo e infine ai quattro Geni dell'agricoltura e della pastorizia davanti al palazzo ducale.
In tutte l'impostazione classica è temperata con estro e brio da una grazia delicata d'intonazione francese ancora rococò, mentre le figure si allungano e si contorcono con chiara influenza del Parmigianino e dei manieristi toscani. Il gruppo di Sileno, fino a pochi anni fa ornamento del boschetto d'Arcadia accanto al tempio del Petitot, è ora al centro della rotonda. In origine il gruppo poggiava su un alto zoccolo circolare disegnato dal Petitot, che permetteva la visione di sotto in su voluta dall'artista. In simmetria il B. aveva anche progettato un gruppo del Sacrificio di Cerere, di cui esiste il disegno nella coll. Lombardi di Colorno.
Col Petitot, e spesso da suoi disegni, il B. lavorò alla decorazione di alcune sale del palazzo di Colorno (1753-55): volte, pareti, camini e specchi, in un misto di marmi stucchi legni scolpiti e tele dipinte, costituiscono un delizioso insieme in cui si fondono tutte le tendenze artistiche della metà del Settecento.
Tra i lavori più significativi del B. sono ancora i molti vivaci busti-ritratto dei personaggi della corte: da quello sprezzante e regale di Don Filippo (modello in terracotta all'Istituto di Belle Arti; un esemplare in marmo, del 1764, al Museo archeologico di Parma; un altro esemplare, firmato e datato 1765, passò alla vendita del castello di Langeais nel 1886) a quello elegante di Isabella, figlia di don Filippo (al Museo di Antichità), a quello infine, estremamente naturale e di grande acutezza psicologica, del gioviale Abate Frugoni (1764, Istituto di Belle Arti).
Opere tradizionali nella linea religiosa o funeraria sono invece la grande statua della Vergine col Bambino in terracotta (1761) in una nicchia sotto l'orologio del palazzo del governatore (esisteva copia nella chiesa parrocchiale di Copermio, presso Parma: cfr. Riccomini) e il semplice Monumento funebre di Leopoldo margravio di Hesse-Darmstadt, morto a Borgo San Donnino nel 1764.
Eseguito nel 1765 su commissione della moglie Enrichetta d'Este, il mausoleo è oggi nella nuova chiesa dei cappuccini a Fidenza (cfr. Bergamaschi).
Nel 1766 i padri domenicani di Bologna si rivolsero al B. per il completamento dell'arca di S. Domenico sul modello preparato da C. Bianconi, ma il lavoro venne eseguito dal suo allievo G. Boni (Riccomini, 1969).
Talento molto versatile, il B. ha lasciato anche diversi disegni (nella collezione Lombardi a Colorno) e il modello in cera per una medaglia in onore del medico genovese Tronchin, conservato negli Archivi comunali di Parma (fu criticato severamente, dal punto di vista sia numismatico sia epigrafico, dal p. Paciaudi: cfr. Sitti). Il 1º aprile del 1768 il B., che il 20 giugno del 1765 era diventato cittadino parmense, fu dichiarato primo statuario e direttore generale di tutti i lavori, tanto in materia di statue che di ornati, con lo stipendio annuo di 26.000 lire, ma il 20 ottobre dello stesso anno morì a Sala Baganza, dove si era stabilito all'inizio dell'anno (è sepolto in quella chiesa parrocchiale e ricordato da una lapide).
Il 2 febbr. 1756 aveva sposato, a Parma Maria Giordani (o Jourdant, come sulla lapide nella chiesa di S. Trinità a Parma, dove fu sepolta nel 1808); da lei ebbe, oltre al figlio Ferdinando, Guglielma Leonice, miniaturista, morta nel 1801 (Scarabelli Zunti).
Fonti eBibl.: Archivio di Stato di Parma, Rescritti,Ruolo della Real casa,Autogr. illustri, B. n. 28; Parma, Arch. Stor. Com., fasc. 48, Epistolario scelto; Ruolo della Real casa 1766-1805, Spese ordinarie 1766-68, c. 313; Parma, Bibl. del Museo Naz. di Antichità, E. Scarabelli Zunti, Docc. e memorie di Belle Arti ..., ms. 107, ad vocem;P. Donati, Nuova descrizione di Parma, Parma 1824, pp. 89, 140; C. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, I, Paris 1854, p. 488; L. Dussieux, Artistes franç. à l'étranger, Paris 1876, pp. 451, 453; A. de Montaiglon-J. Guiffrey, Correspondances des directeurs de l'Académie de France à Rome, IX, Paris 1899, pp. 18, 19 n., 24, 117 n., 118, 122, 177, 187, 189, 192, 194, 197 s., 236, 254 s., 261, 273, 381 s., 386, 391, 409, 415, 420 s., 431, 449, 455, 462, XIII, ibid. 1904, p. 303; S. Lami, Dict. des sculpteurs de l'école française au XVIII siècle, I, Paris 1910, pp. 115 s.; A. Micheli, La rocca di Sanvitale a Sala, Parma 1922, p. 105 n. 1; G. Sitti, Una medaglia ideata dal B. e la critica del p. Paciaudi, in Parma per l'arte, XXII bis (1922), pp. 201-07; G. Rouches, Trois bustes par J.-B. B., in Revue de l'art anc. et mod., XLIV (1923), p. 307; E. Monti, L'art du XVIII siècle français à Parme et à Colorno,ibid., XLIX (1926), pp. 268-70; H. Bédarida, Parme et la France, Paris 1928, pp. 514-43, 546 s.; N. Pelicelli, Il palazzo del giardino di Parma, Parma 1930, pp. 26 s., tavv. XLV s.; L. Réau, Les sculpteurs français en Italie, Paris 1945, pp. 88 s., 112; G. Allegri Tassoni, in Mostra dell'Accademia parmense di Belle Arti (catal.), Parma 1952, pp. 19-21, 27; G. Cusatelli, Una guida poetica di Parma settecentesca, in Aurea Parma, XXXX (1956), p. 92; A. Martini-M. L. Casanova, SS. Nome di Maria, Roma 1962, pp. 57 s., 89; E. Riccomini, Un'avventura del B., in Palatina, XXVI-XXVII (1963), pp. 70-75; In difesa delle statue di G. B., in Parma per l'arte, XV (1965), p. 225; E. Riccomini, J.-B. B. scultore ducale, in Dai ponti di Parma, Bologna 1965, pp. 184-89; Mostra sul Settecento parmense in occasione del II centenario della morte di C. I. Frugoni (catal.), Parma 1968, pp. 31, figg. alle pp. 3, 10, 27; A. Bergamaschi, L'arte nella chiesa e nel convento dei cappuccini di Fidenza, Fidenza 1968, pp. 28-31; E. Riccomini, J.-B. B. e le vicende conclusive dell'arca di s. Domenico in Bologna, in Atti del Convegno sul Settecento parmense, Parma1969, pp. 369-374; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 436.