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JAZZ

di Alberto PIRONTI - Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
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JAZZ (XVIII, p. 662)

Alberto PIRONTI

Una storia del j., data la parte che in questo genere di musica svolge l'improvvisazione, può essere fatta non sulle partiture musicali, ma sui dischi. E all'ingente mole di dischi comparsi dal 1917, anno cui risale la prima registrazione discografica realizzata dalla Original Dixieland Jazz Band per conto della casa musicale Victor, si affianca una vasta letteratura storico-critica.

Se non è possibile precisare, per mancanza di dischi, quale fosse il carattere dei primi blues, cioè dei canti negro-americani che costituirono la prima fonte del j., documenti sufficienti si hanno invece a partire dagli anni intomo al 1920. I primi musicisti di j., come il trombettista Freddie Keppard (1883-1932), il pianista Jelly Roll Morton (1885-1941), il sassofonista Sidney Bechet (n. 1891), il trombettista King Oliver (1885-1938), iniziarono la loro attività musicale a Storyville, il quartiere di piacere di New Orleans e, alla chiusura di questo, presero a suonare sui battelli che risalivano il Mississippi, da dove ben presto la nuova musica si diffuse a Chicago e in seguito a New York, acquistando, di pari passo con la sua diffusione, un certo ordine. La più importante orchestra di j. di questo periodo fu quella di King Oliver, della quale faceva parte anche, come seconda tromba, Louis Armstrong: ad essa si fanno risalire i caratteri tipici del cosiddetto "stile New Orleans". Lasciata l'orchestra di King Oliver, Louis Armstrong (n. 1900) si affermò come il maggiore solista di j., incidendo tra il 1925 e il 1928 con i suoi complessi denominati Hot Five e Hot Seven i più apprezzati dischi jazzistici. Fra gli altri musicisti di j. affermatisi nel periodo 1920-1930 figurano il clarinettista Jimmie Noone (1895-1944), i pianisti Fletcher Henderson (1898-1952) e Hearl Hines (n. 1905), i sassofonisti Coleman Hawkins (n. 1904) e Benny Carter (n. 1907), il trombettista Bix Beiderbecke (1903-1931). Intorno al 1930 l'orchestra di Duke Ellington (n. 1899), con il suo senso ritmico, la sua ricchezza coloristica, i suoi elaborati arrangiamenti, la sua spregiudicatezza, gli "a solo" del sassofonista Johnny Hodges (n. 1907) e dei trombonisti Lawrence Brown (n. 1908) e Juan Tizol (n. 1900), dette l'ultimo decisivo impulso all'autonomia artistica e professionale delle orchestre jazz.

Verso il 1935 ha inizio quella che è stata chiamata "l'era dello swing" nella quale il j. acquista maggiore libertà ed elasticità. I musicisti tendono ora a differenziarsi tra di loro, anziché a modellarsi sui loro predecessori, lo stile dei solisti diviene più complesso, si costituiscono orchestre di dimensioni più larghe. Nel 1938 il j. fa il suo ingresso al Carnegie Hall di New York. Fra i nomi più notevoli di questo periodo si hanno quelli dei pianisti Count Basie (n. 1906), Fats Waller (n. 1904) e Teddy Wilson (n. 1912), del clarinettista Benny Goodman (n. 1909), del trombettista Harry James (n. 1916), dei batteristi Gene Krupa (n. 1909) e Chick Webb (1909-1939), del vibrafonista Lionel Hampton (n. 1913).

Una reviviscenza dell'originario "stile New Orleans" si ha intorno al 1940 con varie orchestre, tra cui quelle del clarinettista Mezz Mezzrow (n. 1899) e del trombonista Kid Ory (n. 1889); d'altra parte, l'ininterrotta attività di Louis Armstrong ha continuato a conferire allo "stile New Orleans" il prestigio derivante dall'eccezionale personalità del "re del jazz".

Una radicale trasformazione stilistica si ebbe negli anni a partire dal 1940 con la nascita del be-bop, che modifica sostanzialmente la struttura del j., rinunziando alle regolari pulsazioni ritmiche costituenti la base su cui si sviluppano le improvvisazioni jazzistiche, dando così vita ad una musica piacevole e brillante, essenzialmente melodica, assai lontana dai ritmi brevi e serrati e dalle squadrate armonie della grande swing band, e dotata di un'indiscutibile attrattiva per i musicisti tendenzialmente solisti. Il raffinamento tecnico perseguito soprattutto dal sassofonista Charlie Parker (n. 1920) e dal trombettista Dizzy Gillespie (n. 1917), affiancati da altri musicisti quali il trombettista Roy Eldridge (n. 1911), il trombonista J. J. Johnson (n. 1924), il pianista Bud Powell (n. 1924), il batterista Kenny Clarke (n. 1914), porta il be-bop ad avvicinarsi alle forme della musica da camera. Sulla scia dei cultori del be-bop è sorta tutta una nuova schiera di raffinati musicisti, tra i quali vanno ricordati i trombettisti Miles Davis (n. 1926) e Chet Baker (n. 1929), i sassofonisti Gerry Mulligan (n. 1927) e Lee Konitz (n. 1927), il Modern Jazz Quartet; essi hanno dato vita ad un tipo di j. estremamente controllato nelle sonorità e nel ritmo, chiamato cool jazz. In questo, spunti e idee si riallacciano non solo alla diretta tradizione del j., ma anche al più ampio settore della musica classica, alla quale questi musicisti diressero infatti la loro attenzione: risultato fu la fioritura del contrappunto nel jazz, di una linea melodica contro un'altra linea melodica.

Bibl.: Fra le numerosissime pubblicazioni riguardanti il j., si possono aggiungere a quelle già registrate nel vol. XVIII, p. 663 le seguenti opere di carattere generale: H. Panassié, Le j. hot, Parigi 1934; L. Armstrong, Swing that music, New York 1936; W. Hobson, American j. music, New York 1939; R. Goffin, J. from the Congo to the Metropolitan, New York 1944; A. Caraceni, J., Milano 1945; H. Panassié, La véritable musique du j., Parigi 1946; M. Mezzrow e B. Wolfe, Really the blues, New York 1946 (trad. italiana, Ecco i blues, Milano 1949); J. Lang, J. in perspective, Londra 1947 (trad. italiana, Il j., Milano 1950); S. Finkelstein, J.: a people's music, New York 1948; H. Panassié, Discographie critique des meilleurs disques de j., Ginevra 1948; H. Panassié, J. panorama, Parigi 1950; C. Delaunay, Hot discographie enciclopédique, Parigi 1952; G. C. Testoni, A. Polillo, G. Barazzetta, Enciclopedia del j., Milano 1953 (con ampia bibl. a cura di A. Polillo); H. Panassié e M. Gautier, Dictionnaire du j., Parigi 1954; A. Hodeir, Hommes et problèmes du jazz, Parigi 1954 (trad. it., Milano 1958); N. Hentoff e N. Shapiro, Hear me talkin' to Ya the story of j. by the men who made it, New York 1955; M. Stearns, The story of j., Londra 1956 (trad. italiana, Milano 1957); W. L. Grossmann, The Hearth of Jazz, New York 1956; B. Ulanov, A handbook of j. (con un buon dizionario biografico di musicisti del jazz), New York 1957 (trad. italiana Manuale del j., Milano 1959).

Vedi anche
sassofono Strumento musicale a fiato di ottone nichelato o argentato, avente forma di tubo conico e fornito di ancia battente applicata su un becco analogo a quello del clarinetto. Fu inventato nel 1840 da A.-J. Sax (➔), che lo brevettò nel 1846. Usato inizialmente nelle bande, fu poi adottato anche in orchestre, ... blues Forma poetico-musicale (dalla locuzione inglese to feel blue «essere malinconico») nata nel Sud degli Stati Uniti, negli anni che precedono la guerra di secessione (1861-65), dal combinarsi di elementi appartenenti alla cultura del proletariato rurale afroamericano con aspetti propri della tradizione ... Davis, Miles Dewey, iunior Trombettista e compositore di jazz afroamericano (Alton, Illinois, 1926 - Santa Monica 1991). Di famiglia benestante, studiò musica al Juilliard Institute di New York. Nel 1947 si unì al quintetto di Ch. Parker e nel 1948 formò una propria big band con G. Mulligan, L. Konitz, J. Lewis, ecc. Negli anni ... Parker, Charlie, detto Bird Sassofonista afroamericano (Kansas City 1920 - New York 1955). Dopo aver suonato con Jay McShann e in altre orchestre minori, dal 1942 si stabilì a New York, partecipando in varî locali alle sperimentazioni collettive da cui nacque il movimento be-bop e con esso il jazz moderno, di cui Parker, Charlie, ...
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