TORRIANI, Janello
TORRIANI (de’ Torexanis, Toresani, Torriano, Turriano), Janello (Gianello, Juanelo, Janel, Leonello, Leo, Zanello). – Figlio di Gherardo de’ Torresani, nacque a Cremona intorno all’anno 1500.
Deriva il proprio nome non da Giovanni, come si è a lungo erroneamente affermato, ma dal nome, di etimologia incerta, del nonno paterno Ianellus (Barbisotti, 2001, p. 256).
Nel 1950 lo storico dell’orologeria Enrico Morpurgo scriveva che Janello fu «il più popolare orologiaio che si conosca» e lamentava la poca attenzione rivoltagli dagli storici moderni, che contrastava con la grande notorietà goduta dal Torriani nella letteratura dei secoli XVI e XVII. In Spagna e in America Latina è tuttora personaggio proverbiale (Morpurgo, 1950; Janello Torriani, genio del Rinascimento, 2016, pp. 15-18); Crespo Delgado, ibid., pp. 19-21; Viganò, ibid., pp. 23 s.). Negli studi spagnoli e italiani degli ultimi decenni, basati sulla documentazione di archivi spagnoli e italiani, Torriani emerge come il più talentuoso inventore e costruttore di macchine del Cinquecento: grazie al suo impiego presso l’imperatore Carlo V e suo figlio Filippo II di Spagna, che ne incoraggiarono la creatività, egli fu capace di progettare e fabbricare i congegni più complessi fino ad allora mai eseguiti.
Il padre Gherardo si occupava della compravendita di terre agricole e mulini, e fu evidentemente in grado di sostenere l’educazione elementare e l’apprendistato a bottega del figlio. I primi documenti (1529-34) attestano Torriani già maestro di bottega, impegnato alla riparazione di orologi e ad altre questioni fabbrili per la cattedrale di Cremona.
Da una notizia più tarda, possiamo ipotizzare che Janello a Cremona fosse diventato maestro nel paratico dei fabbri ferrai: infatti, il 22 gennaio 1550, ormai residente a Milano, fu eletto abate della locale omologa corporazione. Se a Milano Janello, appartenendo a tal arte, esercitava come orologiaio, è plausibile che egli avesse aderito anche a Cremona alla stessa struttura (Zanetti, 2017, pp. 53 s).
Antonio Campi, nella sua Cremona fedelissima (1585), scriveva che aveva «Lionello Torriano [...] imparato Astrologia ancora che non sapesse pur leggere, insegnandoli Giorgio Fondulo Dottore di Medicina, et Filosofo, e Matematico preclarissimo, che molto l’amava, conoscendolo d’ingegno sopranaturale» (p. LV).
Nel 1530 Janello sposò Antonia de’ Sigella dalla quale ebbe subito una figlia, Barbara Medea, che fu sempre accanto al padre nelle sue peregrinazioni, e un figlio morto a Milano prima del 1554, per il cui funerale Leone Leoni prestò dei soldi a Janello. Durante gli anni Trenta Janello tenne bottega vicino al duomo di Cremona. Intorno al 1540, si trasferì a Milano dove raggiunse presto grande fama come virtuoso meccanico: Girolamo Cardano diede notizia nel De libris propriis di come, già intorno alla fine degli anni Trenta, Janello avesse messo mano, per ordine del governatore Alfonso d’Avalos, a un vecchio strumento planetario, probabilmente l’Astrario di Giovanni Dondi (Cardano, 1544, pp. 428 s.); è possibile che influenti cremonesi quali Francesco Sfondrati, a cui Cardano dedicò il libro, favorissero l’avvicinamento di Janello alla élite di governo.
Durante gli anni Quaranta Janello lavorò forse come ingegnere militare per lo Stato di Milano (Leydi, 1997, p. 133); nel 1545 si recò a Genova per conto di d’Avalos per portare in dono ad Andrea Doria un suo orologio (Gonzáles-Palacios, 1996, pp. 37 s.). Nello stesso 1545 vi fu un probabile primo viaggio di Janello Oltralpe, a Worms, forse proprio per essere presentato da d’Avalos all’imperatore Carlo V, grande appassionato di astrologia e orologeria (Leydi, 1997, p. 133); questi, a Ulma nel 1547, commissionò a Janello un innovativo orologio planetario (Zenocarus, 1559, p. 149), la cui costruzione è documentata da una serie di pagamenti emessi dallo Stato di Milano (Leydi, 1997, pp. 134 s). Seguirono altri viaggi a Nord delle Alpi, prima del definitivo trasferimento in Spagna (1556) al seguito di Carlo V nel ritiro di Yuste, dopo la sua abdicazione (Zanetti, 2017, pp. 141-156). Sempre Cardano, nelle prime due edizioni del De subtilitate (1550 e 1554), menziona Janello, tra le altre cose, per la creazione dell’automa planetario di Carlo V, per una serratura a combinazione e per applicazioni della sospensione cardanica (così detta per la cancellazione del nome di Janello dalla terza edizione di quest’opera), tra cui un’ingegnosa lettiga per il trasporto dell’imperatore, afflitto dalla gotta (Zanetti, 2017, pp. 205-238).
L’orologio planetario di Janello fu detto Microcosmo, dato che rappresentava tutti i movimenti dell’universo (Vida, 1550, pp. 53-57): d’ottone dorato, di base ottagonale, portava a coronamento una sfera celeste in cristallo di rocca (forse di Jacopo da Trezzo), la quale conteneva a sua volta una sfera terraquea di carta eseguita da Gherard Mercator. Primo automa planetario trasportabile (diametro e altezza di 60 cm, carica a molla), il Microcosmo parrebbe la macchina più complessa fino ad allora mai costruita, e ispirò tentativi di emulazione da parte di altri principi. Esso conteneva secondo i testimoni dalle 700 alle 1800 componenti meccaniche (Meurer, 1997-1998, p. 193, Zanetti, 2017, pp. 281-285). Ambrosio de Morales, storiografo di corte di Filippo II, fu informato dallo stesso Janello che la progettazione di questo automa aveva richiesto vent’anni, mentre la sua costruzione solo tre e mezzo, questo grazie a una macchina utensile per tagliare le ruote dentate inventata dal medesimo, la prima che si conosca.
Per il Microcosmo Carlo V concesse a Janello un vitalizio di 100 scudi d’oro (1552), poi raddoppiato e reso ereditario da Filippo II. Nel diploma Carlo V chiama Janello «matematico» e «tra gli architetti d’orologi, facile principe». Secondo Morales, fu Janello a suggerire il titolo nobilitante di ‘architetto’, un concetto al tempo legato all’ideale vitruviano di unificazione dell’eccellenza pratica a quella teorica, frutto, nel caso di Janello, del tutorato di Fondulo. Una bella medaglia, eseguita probabilmente da Jacopo da Trezzo, immortala il cremonese come ‘architetto d’orologi’. Almeno due edizioni del trattato di Vitruvio appartennero a Janello, che costruì due macchine ivi descritte: una pompa idraulica e una balista (Zanetti, 2017, pp. 34-56, 189-199, 270-296). Nel 1554, l’imperatore commissionò a Janello un secondo automa planetario, il Cristallino, ispirato a una leggendaria macchina di Archimede, ancora più compatto e con le pareti della cassa in cristallo di rocca, affinché fosse visibile il turbinio meccanico degli ingranaggi (Zanetti, 2017, pp. 163-173).
Ogni mattina, a Yuste, Carlo V passava le prime ore con Janello e i suoi orologi planetari. Dopo la morte di Carlo, Janello si spostò a Madrid, dove comprò una casa nella via chiamata da allora calle de Juanelo. Dato che i due orologi planetari erano così complessi da poter essere governati soltanto dal loro creatore, il re, per trattenerlo, raddoppiò nel 1562 le entrate di Janello (600 ducati d’oro), con l’obbligo di residenza a corte, rifiutando di inviare il cremonese al servizio di papa Pio IV, che lo voleva a Roma (Cervera Vera, 1996, pp. 20-25; Zanetti, 2017, pp. 156-169).
Da questo momento, Janello, operò come specialista nelle matematiche pratiche per la Corona: ispezionò opere idrauliche, calcolò il concerto di campane per l’Escorial, scrisse trattati e manuali tecnici (per il governo degli automi planetari, per gli strumenti matematici di calcolo da lui inventati per la riforma del calendario: Biblioteca apostolica Vaticana, ms. Vat lat. 7050), e costruì automi antropomorfi (de Morales, 1575, ff. 91-94; Turriano, 1990; Cervera Vera, 1996, pp. 20-185). Ma soprattutto egli progettò, e costruì in soli quattro anni, il cosiddetto Artificio di Toledo (1565-69), un’ingegnosa macchina idraulica, la più grande mai edificata, composta da due norie e da ventiquattro torri oscillanti che spostavano una grande quantità d’acqua dal fiume Tago fino all’Alcázar, coprendo una distanza di 300 m su un dislivello di circa 90 m. Per questo sistema di sollevamento Janello ricevette privative in diversi Stati europei e la fama di questa macchina raggiunse anche la Cina. La struttura fu raddoppiata tra il 1575 e il 1580 e un busto in marmo del suo inventore (derivato dalla medaglia succitata), forse scolpito da Pompeo Leoni, fu inserito, Janello ancora vivente, nell’architettura contenente la macchina.
Janello fu il primo fabbro ferraio impiegato come orologiaio e ingegnere (professioni al tempo prive di specifico percorso educativo) a essere celebrato con l’intero armamentario retorico di corte (poesie, ritratti, racconti), segno del crescente apprezzamento della cultura del tempo verso matematici pratici capaci di stupefacenti imprese meccaniche. Assieme ai casi ben più noti di pittori, scultori e orefici, l’esperienza di Janello dimostra l’aspirazione a una dignità intellettuale di alcuni artigiani rinascimentali tradizionalmente considerati inferiori; aspirazione favorita dal carattere ardito, testardo e irriverente di Janello che, unito a una figura imponente, lo rese popolare negli scritti moraleggianti di diversi autori, da Camillo Capilupi a Federico Borromeo. Forse il ritratto più vivace di Janello ci è dato dall’ambasciatore mantovano presso la corte imperiale, il quale, nel 1555, scriveva da Bruxelles di aver assistito a conversazioni in cui Janello si era rivolto con stupefacente insolenza e sarcasmo sia all’imperatore sia ad Antoine de Granvelle (Janello Torriani, genio del Rinascimento, 2016, pp. 183-187; Zanetti, 2017, pp. 2, 149-152, 334, 353-384).
Nonostante il successo tecnico, i ritardi nei pagamenti lo portarono quasi alla rovina (Cervera Vera, 1996, pp. 63-244).
Morì a Toledo il 13 giugno 1585 (Zanetti, 2017, p. 209).
All’oblio di Janello contribuirono probabilmente la ‘leyenda negra’, che rappresentò la Spagna come forza oscurantista della storia, l’iniziale disinteresse della storia della scienza per i ‘meccanici’, e la dispersione e distruzione delle sue creazioni: dalle ciclopiche macchine idrauliche (Rojas Rodríguez-Malo - Vicente Navarro, in Janello Torriani, genio del Rinascimento, 2016, p. 173), ai due automi planetari e agli orologi minori eseguiti per importanti personaggi legati al partito imperiale. Per ora si conoscono solo una sfera armillare punzonata e firmata da Torriani presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, un sigillo dubbio (Janello Torriani, genio del Rinascimento, 2016, pp. 250-252), il suddetto trattato autografo vaticano, forse un automa, proveniente dal Museo Settaliano (ibid., p. 270), un manoscritto dalla dubbia autografia sulla costruzione di fontane (Los Angeles, Getty Library, 880286), una traduzione in italiano di un libro d’astronomia di Juan de Rojas (Salamanca, Biblioteca de la Universidad, 2054). Nel XVII secolo gli fu assegnato Los veinte y un libros de los ingenios y máquinas de Juanelo, il più voluminoso trattato ingegneristico del tempo (Madrid, Biblioteca nacional de España, 3372-3376), manoscritto ancora oggi al centro di problemi attributivi (Zanetti, in corso di stampa).
Fonti e Bibl.: G. Cardano, Libellus De libris propriis, in Id., De Sapientia libri quinque, Norimberg 1544; M.G. Vida, Cremonensivm Orationes III..., Cremonae 1550; G. Zenocarus, De republica..., Gandavum 1559; A. de Morales, Las antiguedades de las ciudades de España..., Alcala de Henares 1575; A. Campi, Cremona fedelissima città..., Cremona 1585; E. de Garibay y Zamalloa, Memorias, in Memorial histórico español: colección de documentos..., a cura di P. de Gayangos, VII, Madrid 1854; E. Morpurgo, Dizionario degli orologiai italiani, Roma 1950 s.v.; J. García-Diego, Juanelo Turriano, Charles V’s clockmaker. The man and his legend, Madrid 1986; J. Turriano, Breve discurso a su majestad el Rey Católico en torno a la reducción del año y reforma del calendario. Con la explicación de los instrumentos inventados para enseñar su uso en la prática, Madrid 1990; F. Righi, J. T., genio del Rinascimento, in Strenna dell’ADAFA, Cremona 1995, pp. 81-102; L. Cervera Vera, Documentos biográficos de Juanelo Turriano, Madrid 1996; A. Gonzáles-Palacios, Il mobile in Liguria, Genova 1996; S. Leydi, Un cremonese del Cinquecento aspectu informis sed ingenio clarus: qualche precisazione per Giannello T. a Milano (con una nota sui suoi ritratti), in Bollettino storico cremonese, 1997, n. 4, pp. 127-156 ; P.H. Meurer, Ein Mercator-brief an Philipp Melanchthon über seine globuslieferung an Kaiser Karl V. im Jahre 1554, in Der globusfreund, 1997-1998, nn. 45-46, pp. 187-196; R. Barbisotti, Janello Torresani. Alcuni documenti cremonesi e il Baptismus del Battistero, in Bollettino storico cremonese, n.s., 2001, n. 7, pp. 255-268; M. Viganò, Parente et alievo del già messer Janello, in Leonardo Turriano ingeniero del rey, a cura di A. Cámara - R. Moreira - M. Viganò, Madrid 2010; J. T., genio del Rinascimento (catal.), a cura di C. Zanetti, Cremona 2016 (in partic. D. Crespo Delgado, Juanelo Turriano. J. T. nella letteratura spagnola, pp. 19-22; M. Viganò, J. T. La bibliografia classica italiana, pp. 23 s.; J.M. Rojas Rodríguez-Malo - A. Vicente Navarro, Il contributo dell’archeologia alla conoscenza dell’Artificio di J., pp. 175 s.); C. Zanetti, J. T. and the Spanish Empire. A vitruvian artisan at the dawn of the scientific revolution, Leiden 2017; Id., Los veinte y un libros de los ingenios, y máquinas de Juanelo, in Sueño e ingenio. Libros de ingeniería civil en España, del Renacimiento a las Luces, in corso di stampa.