Ruusbroec (o Ruisbroeck, o Ruysbroeck, o Rusbroeck), Jan van
(o Ruisbroeck, o Ruysbroeck, o Rusbroeck), Jan van Mistico fiammingo (Ruysbroeck, od. Bruxelles-Capitale, 1293 - Groenendael, od. Bruxelles-Capitale, 1381). Educato a Bruxelles presso un parente, G. Hinckaert, canonico di S. Gudula, ordinato sacerdote nel 1317, si dedicò alla vita ascetica, alla meditazione mistica e alla predicazione, soprattutto contro i seguaci della setta dei Fratelli del libero spirito. Nel 1343 si ritirò con pochi compagni nella foresta presso Groenendael, e attorno a lui si costituì presto una comunità che nel 1350 si organizzò secondo la regola dei canonici regolari di S. Vittore di Parigi; R. ne fu eletto priore e qui trascorse il resto della sua vita. Fu proclamato beato dalla S. Sede nel 1908. È uno dei maggiori mistici fiamminghi e la sua influenza si esercitò in tutta Europa, e in partic. sui Fratelli della vita comune. La sua esperienza mistica è trinitaria e cristocentrica: dalla contemplazione di Dio scende all’uomo per ricondurre questo a Dio, principio, fine e sostanza di tutto il creato. In questo schema rifluiscono temi della mistica platoneggiante, soprattutto nella concezione ciclica del reale e nella sottolineata intimità della presenza di Dio nella creatura; ma la sua mistica non è intellettualistica, bensì viva espressione di un’intima esperienza che egli viene via via descrivendo, senza predisposta sistematicità. Tra le sue opere, tutte scritte in fiammingo perché avessero più larga penetrazione tra i fedeli, si ricordano: Dat rÿke der ghelieven («Il regno degli amanti»); Die chierheit der gheesteliker brulocht («L’ornamento delle nozze spirituali»); Vanden kerstenen ghelove («La dottrina cristiana»); Vanden gheesteliken Tabernacule («Il tabernacolo spirituale»); Eeen spieghel der ewigher salicheit («Uno specchio dell’eterna beatitudine»); Vanden seven Trappen inden graet der gheesteliker minnen («I sette gradi nella scala dell’amore spirituale»); Vander hoechster Waerheit («Le somma verità»), ovvero Samuel; Vanden twaelf Dogheden («Le dodici virtù»). Vi sono poi alcune lettere certamente autentiche; molto discussa è invece l’attribuzione a R. di altri trattati, sue sono forse le Chiose sul Pater.