Švankmajer, Jan
Pittore e regista ceco del cinema d'animazione, nato a Praga il 4 settembre 1934. Autore di grande forza innovativa, fortemente influenzato dal Surrealismo francese e ceco, è tra i più noti realizzatori di film animati, per i quali si è servito di materiali del tutto inusuali e tecniche miste (con riprese dal vero, marionette e animazioni).
Compiuti gli studi alla FAMU di Praga, iniziò a lavorare nei teatri d'animazione. A metà degli anni Sessanta passò al cinema, scegliendo fin dall'esordio (Poslední trik pana Schwarzewalda a pana Edgara, 1964, L'ultimo trucco del signor Schwarzewald e del signor Edgar) soluzioni di gusto surrealista e grottesco, espresse attraverso il nonsense, la libera associazione di oggetti e azioni, la trasformazione delle misteriose proprietà fisiche degli oggetti, il sogno a occhi aperti. Poetica sviluppata anche nei successivi J.S. Bach: Fantasia G-moll (1965), Spiel mit Steinen (1965) e Rakvičkárna (1966, Il gioco della bara). Realizzò poi Et cœtera (1966), apologo sull'inevitabile ciclicità della guerra, e Historia naturae (1967), parodia della storia naturale con fossili, scheletri e conchiglie, animati con effetti spesso comici. Esordì nella fiction con Zahrada (1967, Il giardino), dove il giardino della villa di un funzionario è recintato da uomini vivi: morto uno se ne chiama un altro; l'allusione al regime cecoslovacco era chiara e il film fu vietato. Il tema dell'uomo chiuso in un interno è il filo conduttore di Byt (1968, L'appartamento) e di Tichý týden v domě (1969, Una silenziosa settimana in casa); in quest'ultimo il protagonista, recluso in casa, attraverso un foro nelle pareti entra in contatto con un mondo 'altro' e sotterraneo, governato da una logica apparentemente assurda. In Don Šajn (1969, Don Splendente) il regista volle invece rivisitare la tragedia di Don Giovanni, così presente nel teatro ceco delle marionette.
Dall'incontro con L. Carroll nacque Jabberwocky (1971), perfetto nel montaggio e ricco di significati psicoanalitici nelle associazioni visive e sonore e Něco z Alenky, noto anche con il titolo Alice (1988), il lungometraggio che lo fece scoprire al mondo occidentale. Tra gli altri suoi lavori si ricordano Leonardův deník (1973, Il diario di Leonardo), nel quale sono i disegni e i progetti leonardeschi a essere animati, e due opere ispirate a E.A. Poe: Zánik domu Usherů (1980, La caduta della casa Usher) e Kivadlo, jáma a naděje (1983, Il pendolo, il pozzo e la speranza). Nel 1990 Š. ha salutato ironicamente la caduta del Muro di Berlino con Konec stalinismu v Čechách (La caduta dello stalinismo nei Paesi cechi), in cui ha effettuato una parodia del cinema splatter grondante sangue. È poi tornato alle marionette giganti con Lekce Faust (1994, Lezione Faust), nel quale ha attualizzato la leggenda faustiana, mentre ha incentrato Otesánek (2000, Il ciocco sbozzato), tratto da una fiaba popolare sull'atto del divorare intero come destinazione.
Jan Švankmajer, a cura di B. Fornara, F. Pitassio, A. Signorelli, Bergamo 1997.