KOLLÁR, Jan
Poeta cèco, nato il 29 luglio 1793 a Mošovce in Slovacchia, morto il 24 gennaio 1852 a Vienna. Studiò a Jena, in seguito divenne pastore protestante a Budapest e negli ultimi anni della sua vita (1849-1852) insegnò antichità slave a Vienna.
Le correnti a un tempo pangermaniste e liberali con cui il K. venne a contatto all'università di Jena dettero probabilmente l'impronta fondamentale al tipo del suo panslavismo, nel quale si riscontrano elementi "slavofili" e romantici, insieme con idee rispecchianti le ideologie umanitarie di un'Aufklärung intesa herderianamente. Innamoratosi in Germania di Wilhelmine Schmidt, figlia d'un pastore, trasformò nella sua immaginazione questa fanciulla tedesca in eroina slava (non per niente Jena sorgeva su terra che era stata slava molti secoli prima). Da questa vicenda amorosa ebbe origine l'opera principale del Kollár, il poema lirico-epico Slávy dcera (La figlia di Sláva), in cinque canti, gli ultimi due ingenuamente imitati dalla Divina Commedia. K. Havlíček, connazionale e contemporaneo del K., osservò giustamente che K. era un archeologo in poesia e un poeta in archeologia (Rozpravy o jménach; počátkach i starožitnostech nár. Slávského [Saggi sui nomi, le origini e le antichità del popolo slavo], 1830; Staroitalia slavjanská [La Paleoitalia slava], 1853). Tuttavia la Slávy dcera, pur avendo assai scarsi pregi artistici, occupa un posto importante nella rinascita nazionale del popolo cèco e ha sollevato echi anche presso altri popoli slavi, e specialmente presso i Croati, con i quali K. aveva avuto contatti diretti in Italia (Venezia e Padova) durante il suo viaggio del 1841 (Cestopis... do horní Italie... [Viaggio nell'Italia settentrionale], 1843).
K., pur essendo slovacco, era contrario alla formazione di una lingua letteraria slovacca, essendo convinto che si dovesse tendere a diminuire non ad aumentare il numero dei dialetti slavi (Über die literarische Wechselseitigkeit zwischen den verschiedenen Stämmen und Mundarten des slavischen Volkes, 1837). Riteneva infatti che una lingua letteraria limitata a una regione relativamente piccola avrebbe avuto scarsa forza vitale; d'altro lato la sua contrapposizione della "lingua colta" alla "lingua popolare" lo spingeva anche al mantenimento della lingua letteraria cèca.