Scrittore slovacco (Mošovce, Slovacchia, 1793 - Vienna 1852). Compiuti gli studî a Bratislava e a Jena, visse lunghi anni a Budapest, come pastore della comunità protestante slovacca. Nel 1849 si trasferì a Vienna, in qualità di professore di antichità slave della locale università. Sotto l'influsso del romanticismo tedesco, della Vita nuova dantesca e di Petrarca, compilò fra il 1821 e il 1832 una lunga collana di 615 sonetti, intitolata Slávy dcera ("La figlia di Slava"), in cui la donna amata conduce alla vittoria il mondo slavo, di cui via via è diventata il simbolo. Poesia arida, oratoria, antiquata, ma che ha avuto ampie risonanze nella cultura politica e letteraria dei Cechi e degli Slovacchi. Più importante ancora è stata la sua teoria della stretta "reciprocità" tra gli Slavi (Über die literarische Wechselseitigkeit zwischen den verschiedenen Stämmen und Mundarten der slawischen Nation, 1837) che, sulla base di un panslavismo filologico ed etnografico alieno da atteggiamenti rivoluzionarî, preannuncia herderianamente il loro avvento. Cospicui resti dello slavismo egli "scoprì" anche nell'alta Italia, visitata nel 1841 e nel 1844 (Staroitalia slavjanska "Paleoitalia slava", 1853).