Watt, James
Cavalli-vapore e macchine efficienti
L’inventore scozzese James Watt, vissuto nel Settecento, ha contribuito ad aumentare l’efficienza delle macchine a vapore introducendo molte innovazioni tecniche. In suo onore, oggi, l’unità di potenza prende il nome di watt. Lo scienziato scozzese, però, non ha ottenuto soltanto fama dalla sua attività, perché ha brevettato le sue scoperte e le ha sfruttate a fini commerciali
Forse qualcuno non ha mai sentito parlare di James Watt, l’inventore scozzese che ha perfezionato la macchina a vapore, ma di certo il watt, come unità di misura della potenza – vale a dire il lavoro compiuto nell’unità di tempo – è noto a chiunque perché compare su tutti gli apparecchi elettrici, sulle lampadine e sul contatore domestico dell’energia.
Nel sistema internazionale delle unità di misura il watt – indicato con il simbolo W – non si usa solo quando di mezzo c’è l’elettricità, ma permette di valutare in generale la potenza, indipendentemente dalle forze coinvolte. Alcuni esempi: se, nel tempo di 1 s, vogliamo sollevare una mela a 1 m da terra, dobbiamo sviluppare circa 1 W di potenza, mentre per alimentare una lampadina servono decine o centinaia di watt.
Prima di prestare il suo nome all’attuale unità di potenza, l’inventore scozzese ne definì, nel Settecento, una tutta sua, il cavallo-vapore (che corrisponde a circa 735 W), e se ne servì per mettere a confronto le prestazioni offerte dalle macchine dell’epoca. Nato a Greenock, in Scozia, nel 1736, James Watt iniziò, infatti, la sua carriera scientifica all’Università di Glasgow non come accademico, ma come costruttore di strumenti di precisione. Svolgendo questo incarico entrò in contatto con molti scienziati dell’epoca ed ebbe l’opportunità di vedere all’opera le apparecchiature più moderne. Proprio dall’Università di Glasgow ricevette nel 1763 l’incarico di riparare un esemplare della macchina a vapore inventata dall’ingegnere inglese Thomas Newcomen.
Mentre svolgeva il suo incarico, Watt osservò l’inefficienza della macchina affidatagli e cercò soluzioni alternative per eliminare gli sprechi. Nel 1765 inventò il condensatore separato, un recipiente distinto dal cilindro dove far condensare il vapore che in precedenza aveva mosso lo stantuffo. Questa innovazione, brevettata dal suo inventore nel 1769, bastò per migliorare notevolmente le prestazioni della macchina e Watt, grazie ai capitali messi a sua disposizione dall’industriale John Roebuck, suo socio e finanziatore, iniziò la produzione della macchina su scala industriale.
Quando Roebuck fallì nel 1773, divenne socio di Watt un altro industriale, Matthew Boulton, attivo a Soho, nei pressi di Birmingham. Per seguire da vicino le sorti della sua invenzione, Watt si trasferì proprio a Birmingham dove la sua macchina a vapore conobbe un notevole successo perché consumava meno di un terzo del carbone necessario per azionare gli altri modelli.
Ma Watt non si accontentò del risultato sino ad allora raggiunto e migliorò ancora la sua realizzazione: trovò il modo di trasformare il moto rettilineo dello stantuffo nel moto rotatorio continuo di un volano, una ruota massiccia che serve per accumulare energia e limitare le variazioni di velocità; introdusse il sistema a doppio effetto, l’immissione alternata di vapore alle due estremità del cilindro in modo da raddoppiare la potenza; introdusse un dispositivo mosso dalla forza centrifuga – chiamato in suo onore regolatore di Watt – in grado di comandare l’immissione di combustibile nel motore della macchina aprendo e chiudendo la valvola di regolazione.
Watt proseguì nel suo lavoro sino al 1800, quando il brevetto sul condensatore separato, l’invenzione che gli aveva dato la fama, non ebbe più valore. Allora si regalò un lungo viaggio in Scozia, Francia e Germania prima di ritirarsi a vita privata. Sino alla morte nel 1819 continuò a dare sfogo alle sue passioni di inventore nella soffitta di casa, trasformata in laboratorio.