THOMSON, James
Poeta inglese, nato a Ednam (Roxburghshire) il 7 o l'11 settembre 1700, morto a Richmond il 27 agosto 1748. Figlio di un ministro ecclesiastico, dal 1715 cominciò a frequentare l'università di Edimburgo con la prospettiva di seguire la carriera ecclesiastica; ma si dedicò invece alla letteratura e nel 1725 si recò a Londra, portando il manoscritto incompiuto di un poemetto, Winter, che fu pubblicato nel 1726. L'anno seguente apparve il secondo poemetto, Summer; nel medesimo anno il Poem sacred to the memory of sir Isaac Newton e nel 1728 il terzo poemetto: Spring. La poesia Britannia, in lode del principe di Galles, apparve nel 1729. Ai tre poemetti aggiunse nel 1730 il quarto: Autumn e li pubblicò riuniti col titolo The Seasons. Ebbero in volume lo stesso vivo e pronto successo che avevano conosciuto separatamente, mentre esito meno felice ebbe la sua prima tragedia, Sophonisba (1730). In quel medesimo anno il Th. partì per un viaggio all'estero come tutore del figlio di sir Charles Talbot e cominciò a comporre un lungo poema Liberty (1736), prolisso sviluppo di Britannia in 5 libri, che G. Lyttelton, esecutore del poeta, ridusse a tre dopo la morte di lui. Morto nel 1733 l'alunno, il Talbot procurò al Th. un posto che era una sinecura; il Th. si ritirò a Richmond, dove ebbe la compagnia del Pope e di altri poeti, e iniziò una revisione delle Seasons. Una prima edizione corretta, nella quale si dice che avesse mano il Pope, apparve nel 1738; sfrondando eccessi di colore e d'ornamenti stilistici con nuove correzioni che le fecero guadagnare di vigore, il Th. ripubblicò l'opera in edizione definitiva nel 1744. In questo periodo si era anche volto al teatro e pubblicò le tragedie Agamemnon (1738); Edward and Eleonora (1739); Tancred and Sigismunda (1745) che fu quella di maggior successo. Tutte e tre sono dominate da intenzioni politiche le quali si attenuano nell'ultima tragedia, Coriolanus (postuma, 1749). Il Th. non aveva però vere tendenze drammatiche: i suoi personaggi hanno scarso rilievo e le tragedie non escono dalla retorica cui allora era ridotto il teatro inglese. È anche da ricordare Alfred the Great (1740), masque che il Th. scrisse insieme con l'ex-collega di studî Mallet e nel quale è contenuta la famosa poesia Rule, Britannia. Nel 1748 vide la luce The Castle of Indolence, poemetto allegorico in strofe spenseriane. Fu l'ultima opera. Il Th. condusse un'esistenza che fu, dal principio alla fine, un unico otium letterario.
Se per intrinseco valore artistico The Castle of Indolence è da porre accanto a The Seasons, in questi poemetti sulle stagioni consiste la maggiore importanza letteraria dell'opera del Th. Il poeta confessa il suo debito verso Virgilio, ma risentì fortemente anche l'influsso del Milton. Mentre però il Milton aveva sentito la natura come una forza al servizio dello spirito, amata non tanto in sé stessa quanto per le sensazioni che in lui suscitava, il Th. fu il primo a dare alla natura una propria autonomia. Nella sua poesia, il paesaggio, le vicende e gli aspetti naturali dominano; l'uomo non vi è che un accessorio, destinato spesso a portare un tocco che completa il quadro, e all'uomo la natura rimane, per il Th., estranea: si pensi alla famosa descrizione della carovana inghiottita dalla tempesta di sabbia (in Summer). Rimanendo connesso per molti riguardi al classicismo, il Th. tende a cogliere aspetti generali piuttosto che peculiari momenti. Questa impostatura vieta alla poesia del Th. ogni possibilità di colore locale; le stesse reminiscenze della fede miltoniana si contemperano blandamente in lui col deismo del suo tempo, col risultato di qualche accenno a un vago panteismo; ma nonostante le sue affermazioni di sentire la presenza della divinità, non giunge in realtà a concepire con artistica concretezza l'elemento eterno d'uno spirito autonomo della natura rispetto a quello umano. Tutto ciò esclude dall'arte del Th. un'intensa qualità emotiva. Ma se la concezione generale rimane un pensiero astratto, le sensazioni e le immagini rompono questo nucleo intellettuale e rappresentano la sostanza poetica. In ciò consiste la vera anticipazione della poesia romantica, che forma la grande importanza letteraria del Th. Le riflessioni morali e buona parte dell'elemento episodico contenuti in questi poemetti, cadono dalla memoria e rimane, come essenza dell'arte thomsoniana, il senso di freschezza delle sue visioni campestri.
The Castle of Indolence, sebbene anch'esso risenta l'influsso miltoniano, si rifà di proposito a Spenser di cui adotta con virtuosità la strofe; ma il Th. non ha la ricchezza di fantasia né la sensibilità filosofica che avevano reso vive le allegorie di Spenser e la bellezza di questo poemetto, assai ricco di pregi, sta soprattutto in frammenti e discorsi poetici particolarmente congeniali allo spirito indolente del poeta.
L'influsso esercitato dal Th., specie con The Seasons, è profondissimo: a lui è da far risalire la poesia del Collins e del Gray, i quali condussero la visione artistica iniziata dal Th. alle soglie della grande poesia romantica.
Ediz.: Le opere poetiche in edizioni non separate furono stampate due volte in vita del Th. (1736 e 1738). Poi: The Works of J. Th. in Four Volumes Complete. With his last Corrections, Additions and Improvements, II, III, IV, 1750; I, 1752; questa ediz. servì di base ad altre ediz.: 1762, con biografia del Murdoch; 1773, con un'ode del Collins, ecc. Altra ediz. a cura di S. Johnson nei voll. 48 e 49 dei Works of English Poets. Inoltre: Poetical Works, a cura di G. Gilfillan, Edimburgo 1853; Poetical Works, a cura di W. M. Rossetti, Londra 1873; Poetical Works, a cura di D. C. Tovey, voll. 2, ivi 1897. Cfr. anche Th.'s Seasons, a cura di O. Zippel, Berlino 1908; e l'ottima ediz. di Seasons and Castle of Indolence, a cura di J. L. Robertson, presso la Clarendon Press.
Trad. italiane: A. Bonducci, Le lodi d'Isacco Newton (con altre poesie), Napoli 1760; A. Castelfranco, La Libertà, ecc., Trieste 1867; F. Schizzati, Le stagioni, Parma 1818; La estate, Modena 1817, e La Primavera, Bologna 1820, entrambe anonime.
Bibl.: J. Aikin, An Essay on the plan and character of Th.'s Seasons, 1778; S. Johnson, in Lives of the English Poets, 1779-81; J. More, Stricture, Critical and Sentimental, on Th.'s Seasons, 1777; E. Gosse, A History of Eighteenth Century Literature, Londra 1889; W. Bayne, J. Th., Edimburgo 1898; L. Morel, J. Th., sa vie et ses oeuvres, Parigi 1895; G. C. Macauley, Th. (English Men of Letters), Londra 1908; G. A. Schmeding, J. Th., ein vergessener Dichter des achtzehnten Jahrhunderts, Brunswick 1889; M. Reynolds, The Treatment of Nature in English Poetry between Pope and Wordsworth, Chicago 1909; A. H. Thompson, in Cambridge Hist. of English Lit., X, Cambridge 1913; Erna Anwander, Pseudoklassizistiches und Romantisches in Th.' Seasons, Lipsia 1930.