ROSENQUIST, James
Pittore, nato a Grand Forks (North Dakota) il 29 novembre 1933. Studia all'università di Minnesota (1952-54) e all'Art Students League di New York (1955-56) e, come per molti artisti pop, la sua formazione pittorica avviene attraverso una prima attività nel campo pubblicitario. Nel 1962 espone per la prima volta alla galleria d'avanguardia Green Gallery, a New York, dove ritorna ancora nel 1964; è in questo periodo che la sua vicenda si lega a quella della Pop art nord americana. Nel 1964 una serie di personali lo fanno conoscere in Europa: alla galleria Sonnabend a Parigi, alla galleria Sperone a Torino. Nel 1965 una mostra itinerante è ospitata nei musei di Stoccolma, Amsterdam, Baden Baden, Berna. Tra le altre mostre ricorderemo quelle alla Galleria d'Arte Moderna di Roma (1966), al Musée des Arts Décoratifs di Parigi (1967), al Whitney Museum di New York e alla Kunsthalle di Colonia (1972).
I suoi quadri a partire dal 1961 presentano oggetti "commercializzati", ripetuti serialmente come per riprendere il ritmo ossessivo del linguaggio pubblicitario. Anche nella sua opera troviamo perciò l'immagine dei "divi" (serie di Marilyn Monroe) o dei miti del consumismo (la macchina, che diverrà uno dei suoi temi principali). In un momento successivo, l'oggetto viene proposto a scala gigantesca: l'uso della sovrapposizione e del montaggio delle immagini, la loro inquietante apparizione fuori fuoco sulla tela offrono l'equivalente di un linguaggio cinematografico, a cui R. fa costantemente allusione. A partire dal 1965 compare, assieme all'oggetto, l'ambiente altrettanto massificato degli altri prodotti consumistici (come nella serie dei "paesaggi"). Nelle opere più recenti, i limiti del quadro vengono sempre più apertamente superati attraverso le vaste composizioni: nel quadro s'inseriscono diaframmi di plastica trasparente o di alluminio, che determinano degli spazi entro cui l'immagine viene caricata di una violenta aggressività (così nelle "macchine belliche": F. iii, 1965, o Flamengo Capsule, 1970). Nelle ultime opere, R. appare particolarmente attento alle possibilità d'inserimento di un linguaggio cinematografico nella pittura, facendo sempre più uso della macchina da presa, e dell'immagine proiettata sulla tela. Anche per lui un'intensa attività cinematografica tende a sostituire quella pittorica. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M. Tucker, James Rosenquist, New York 1972.