JOYCE, James
Scrittore, nato a Dublino il 2 febbraio 1882. Fu educatti nei collegi di gesuiti (Clongowes Wood College e Belvedere College) e all'università di Dublino, segnalandosi soprattutto come linguista. Si recò quindi all'università di Parigi, dove per qualche tempo studiò medicina, ma presto abbandonò l'idea di diventar dottore e si dedicò allo studio del canto. Varî contrattempi gl'impedirono di esibire sulle scene la sua bella voce di tenore. Tornato a Dublino, cominciò a scrivere i volumi che doveva pubblicare rispettivamente nel 1914 e nel 1916, Dubliners, profili di caratteristiche figure locali, e A Portrait of the Artist as a Young Man, autobiografico; nel 1904 si sposò, e poco dopo il matrimonio si recò di nuovo all'estero come insegnante nella Berlitz School. Nel 1907 pubblicò a Londra il suo primo volume, Chamber Music, versi. Tornato a Dublino intorno al 1912, aprì un cinematografo, ma l'impresa non ebbe successo. Fu di nuovo sul continente come insegnante; a Trieste insegnò nella Scuola superiore di commercio e diede lezioni d'inglese a Italo Svevo, il cui talento di romanziere analista il J. fu il primo a rivelare al mondo letterario parigino. Allo scoppio della guerra mondiale passò in Svizzera (Zurigo), e dopo la pace, a Parigi, ove incominciò a esser seriamente preoccupato dall'indebolimento della vista. Nel 1918 pubblicò a New York il dramma Exiles e nel 1922 a Parigi il romanzo-epopea Ulysses, scritto dal 1914 al 1921, che per arditezza di concezione e di tecnica, e per tremenda sincerità, doveva immediatamente richiamare sul J. l'attenzione dei letterati d'avanguardia. L'intervento della censura anglosassone contribuì alla curiosità del pubblico intorno al romanzo, le cui parti scatologiche e pornografiche parvero ardite e fecero scuola. Esaltato come iniziatore d'una nuova tecnica narrativa (che egli derivava in parte dai futuristi), il J. è andato nelle opere successive evolvendo uno stile tutto personale, composto di parole che hanno perduto la loro fisionomia per un ardito processo d'osmosi, stile che nei momenti felici riesce potentemente suggestivo grazie a un giuoco inimitabile di affinità sonore (Pomes Penyeach, versi, Anna Livia Plurabelle, Two Tales of Saun and Shem, Haveth Childers Everywhere). Un tale stile rappresenta l'applicazione su larga scala di certi chimismi verbali di Jules Laforgue (p. es. violuptés, sangsuelles, sexciproque).
Una versione francese, a cura di V. Larbaud e A. Morel, rende più accessibile anche agl'Italiani la comprensione di Ulysses. Il dramma Exiles apparve tradotto in ital. in Il convegno (aprile-maggio 1922).
Bibl.: H. S. Gorman, J. J., his first forty years, Londra 1924, con bibliografia; Ch. Duff, J. J. and the Plain Reader, Londra 1932; su Ulysses esiste una vasta letteratura critica e un volume di curiosa ermeneutica: S. Gilbert, J. J.'s Ulysses, a study, Londra 1930. In Italia i primi a parlare del J. sono stati E. Cecchi in La Stampa (1923), C. Linati e E. Montale, in La Fiera Letteraria, 19 settembre 1926); v. pure S. Benco, in Pègaso, agosto 1930.