CARTER, James Earl
(App. IV, I, p. 379)
Presidente degli Stati Uniti (1976-80). Il primo biennio dell'amministrazione C. fu caratterizzato da alcuni successi in politica estera: la stipulazione col governo panamense di un trattato, ratificato dal Senato nell'aprile 1978, grazie al quale Panama avrebbe ottenuto il pieno controllo del Canale il 31 dicembre 1999; la ripresa degli incontri con l'URSS per il rinnovo del trattato sulla limitazione delle armi strategiche (SALT ii); la mediazione tra Egitto e Israele, che portò nel settembre 1978 agli accordi di Camp David (e poi alla pace di Washington, marzo 1979); la ripresa dei rapporti diplomatici con Pechino (gennaio 1979). In politica interna i progetti di riforme amministrative ed economiche di C. incontrarono l'opposizione del Congresso; particolarmente osteggiato fu il programma che mirava a promuovere la ricerca di nuove forme di energia per ridurre l'importazione di petrolio. Quanto ai rapporti con i paesi americani, l'amministrazione C. continuò a sostenere A. Somoza in Nicaragua e riprese a inviare aiuti e assistenza all'Argentina, nonostante in quel paese vigesse un regime autoritario.
Il secondo biennio della presidenza C. fu invece segnato da alcuni gravi insuccessi: lo scoppio della rivoluzione in Iran (1979) che provocò la fuga dello Scià e segnò la sconfitta della politica statunitense in un punto strategico dello scacchiere internazionale; l'inasprimento dei rapporti con l'URSS a seguito dell'invasione dell'Afghānisthān e il conseguente blocco del trattato SALT ii che, giunto in porto nel giugno 1979, non ebbe l'approvazione del Senato; il tentativo di C. di reagire con la forza al sequestro avvenuto in Iran di funzionari dell'ambasciata statunitense, con l'invio di una fallimentare spedizione militare.
Nelle elezioni presidenziali del 1980, nonostante riuscisse a ottenere nuovamente la candidatura per il partito democratico battendo un avversario di notevole peso politico come il senatore del Massachusetts E. M. Kennedy, C. fu duramente sconfitto da R. Reagan, probabilmente a causa del clima di riscossa nazionale creato nel paese dal fallito blitz per la liberazione degli ostaggi e della spinta conservatrice innescata dalla crisi dello ''stato del benessere''.
Grazie alle sue capacità di mediazione riconosciutegli in ambito internazionale fin dal successo conseguito con gli accordi di Camp David, C. ha continuato a svolgere delicati compiti diplomatici in incontri non ufficiali (ma riconosciuti dal governo degli Stati Uniti). Particolarmente importanti le sue mediazioni tra il governo dell'Etiopia e il Fronte di liberazione eritreo (novembre 1989) e tra il governo del Sudan e l'esercito di liberazione sudanese (dicembre 1989).
Bibl.: G. W. Ball, Reflections on a heavy year, in Foreign affairs, 1980-81, pp. 474-99; J. C. Carter, Keeping faith: memoirs of a president, New York 1982; G. W. Ball, The past has another pattern, ivi 1982; F. Pflüger, Die Menschenrechtspolitik der USA, Monaco 1983; Z. Brzezinski, Power and principli: memoirs of the national security adviser, 1977-1981, New York 1983.